Dalle stalle di Soveria ai pascoli di Buturo: il rito della transumanza che non si spezza

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images Dalle stalle di Soveria ai pascoli di Buturo: il rito della transumanza che non si spezza

  14 luglio 2025 16:15

di FILIPPO COPPOLETTA

Sono le due del mattino a Soveria Simeri, nel Catanzarese. Il paese dorme ma in una zona poco illuminata, tra campi e stalle, la vita pulsa forte. Non è una notte come le altre. È la notte della transumanza.

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Cinquanta mucche cominciano a muoversi lentamente, guidate da mani esperte, parole sussurrate e passi misurati. In testa al gruppo, Donato Vigliarolo, capomandria e cuore pulsante dell’azienda agricola Pristerà di Carmela Amelio. La sua famiglia porta avanti questa tradizione da quasi un secolo, e ogni anno la ripete con lo stesso spirito, come un rito. Una tradizione che non si è spezzata ma che oggi, con orgoglio, sta passando dalle mani dei nonni a quelle dei figli.

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Accanto al bestiame, una piccola carovana di giovani a cavallo — ragazzi e ragazze di Soveria e dei paesi vicini — affianca gli allevatori. C’è silenzio ma è un silenzio vivo: fatto di respiri, di zoccoli sulla terra, di campanacci, di stelle che osservano dall’alto. Si va avanti così, nel buio, per sei ore.

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Alle 8 del mattino, finalmente, l’arrivo: Buturo. Un nome che sa di montagna e libertà, nel cuore della Sila Piccola. Qui l’aria è diversa, più pulita e il verde è un verde che non si vede altrove. Le mucche vengono lasciate al pascolo, libere, mentre i volti stanchi degli uomini e dei ragazzi si distendono. È tempo di festa.

Ad accogliere la mandria e chi l’ha condotta, un momento di vera convivialità: tavole improvvisate, salumi nostrani, formaggi della zona, vino versato senza misura. Risate, racconti, musica popolare. È una festa semplice ma piena di senso. Perché celebra non solo un arrivo ma un modo di vivere.

La transumanza non è solo spostare animali. È spostare storie, fatiche, ricordi. È riscoprire un legame antico con la terra, fatto di sudore, silenzi e rispetto. È vedere che, anche se i tempi cambiano, ci sono ancora famiglie — come quella di Donato — che non si arrendono, che insegnano ai propri figli che c’è dignità nella fatica, poesia nella polvere.

E chissà, magari tra quei giovani cavalieri c’era chi, per la prima volta, ha sentito di appartenere davvero a qualcosa. Magari la transumanza di quest’anno non è solo una tradizione che si ripete, ma una scintilla che accende il futuro.

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