Le regioni con la più bassa percentuale di punti Interruzione Volontaria della Gravidanza sono la Campania (28,4%, 19 su 67 punti IVG), l’Abruzzo (33,3%, 5 su 15 sono punti IVG), e il Molise con due sole strutture ospedaliere, una punto IVG e una no. Dieci invece le regioni che non hanno risposto alla richiesta di accesso civico e che quindi non hanno inviato i dati (Lazio, Sicilia, Calabria, Toscana, Basilicata, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Trentino Alto Adige).
È quanto emerge dall'’aggiornamento dell’indagine “Mai Dati” di Chiara Lalli e Sonia Montegiove, entrambe giornaliste, resa nota con l’Associazione Luca Coscioni, che riporta dati nuovi e aggiornati sui numeri degli obiettori di coscienza in 10 Regioni italiane. Questi dati - spiega una nota - si riferiscono al 2021, mentre quelli ministeriali pubblicati nell’ultima Relazione di attuazione della legge 194 (pubblicati, peraltro, in formato chiuso e aggregati per Regione) sono fermi al 2020.
Dall’indagine basata su richieste di accesso civico generalizzato alle Regioni, il Molise conferma l’alta percentuale di obiettori (su 2 strutture ospedaliere in totale, 1 struttura che non è punto IVG ha tutti i medici ginecologi obiettori, mentre nell’altra 8 ginecologi su 10 sono obiettori). Seguono la Puglia (8 ospedali con obiezione al 100% su 35 totali - di questi 7 non sono punti IVG e 1 è punto IVG) e le Marche (2 ospedali su 17 totali - non sappiamo se punto IVG oppure no). Inoltre, il Molise ha il record di avere il secondo ospedale con una percentuale di obiettori superiore all’80% e la Puglia presenta un totale di 16 strutture su 35 con una percentuale di obiezione sopra l’80%.
“Nell’augurare buon lavoro al nuovo Ministro della Salute, rinnoviamo la nostra richiesta, ormai in atto da più di un anno, di pubblicare i dati aperti per poter verificare la corretta applicazione della legge 194/1978”, ha dichiarato Filomena Gallo, avvocato e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica. “Chiediamo un’azione di discontinuità rispetto al precedente Governo: pubblicare dati aperti e dettagliati sulle singole strutture, così come previsto dal codice dell’amministrazione digitale. Aprire i dati è fondamentale per poter conoscere lo stato di salute della legge 194/1978, per evitare sospensioni del servizio di IVG ed erogazioni con tempi dilatati che mettono a rischio la salute della donna. È fondamentale, inoltre, che ogni donna sappia in maniera chiara e tempestiva dove rivolgersi per accedere all’IVG. Solo conoscendo nel dettaglio questi dati si possono programmare interventi per una corretta applicazione della 194/1978 a beneficio della tutela della salute di tante donne. Restiamo a disposizione per un incontro o per qualsiasi forma di collaborazione per uno scopo comune: cambiare modo di dare informazione, aprire i dati sulla legge 194 del 1978 e garantire la corretta applicazione della legge senza differenze territoriali nell’accesso a servizi sanitari previsti per legge”.
“In occasione della presentazione degli ultimi dati di questa indagine, che risultano più aggiornati di quelli ministeriali e più dettagliati, perché sono per singola struttura e non per media regionale, chiediamo al Ministro di attivare tutti i suoi poteri per la corretta applicazione della legge 194/78”, aggiungono Chiara Lalli e Sonia Montegiove. “Queste mappe purtroppo sono solo parzialmente utili perché senza un flusso continuo i dati ricevuti invecchiano subito, ma sono la direzione verso cui dovrebbe andare il Ministero invece di continuare a pubblicare un lungo documento in formato pdf. La recente pubblicazione da parte del Ministero delle tabelle in formato excel non risolve i difetti principali: i dati sono vecchi (2020), aggregati per Regione e non per singola struttura. Rinnoviamo dunque la nostra richiesta all’attuale Ministero: sarebbe davvero un piccolo sforzo per la Pubblica amministrazione, ma uno sforzo dovuto e che avrebbe molte conseguenze positive”.
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