Delitto Caccia, i figli del procuratore dopo l'ergastolo a Schirripa: "Accertata solo mezza verità"

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La Suprema Corte di Cassazione
  20 febbraio 2020 20:33

Un passo avanti sulla strada della verità, anche se non ancora sufficiente. A 37 anni dall'omicidio di Bruno Caccia, il procuratore di Torino prima vittima di mafia al Nord, i figli chiedono alla giustizia di "fare definitivamente chiarezza su tutte le responsabilità". La condanna all'ergastolo in Cassazione di Rocco Schirripa, il panettiere legato alla 'ndrangheta accusato di far parte del gruppo di fuoco che sparò al magistrato sotto casa, è solo un capitolo di una vicenda dalle trame "ampie e complesse".

"Noi famigliari non possiamo accontentarci: quanto è stato fin qui accertato dai processi è solo una mezza verità", dicono Guido, Paola e Cristiana Caccia. All'ergastolo dal 1989, che ora sta scontando ai domiciliari per gravi ragioni di salute, c'è Domenico Belfiore, 68 anni, boss della 'Ndrangheta ritenuto mandante del delitto. La famiglia Caccia non si è mai rassegnata: impossibile che Belfiore avesse deciso da solo, impossibile che non saltassero fuori i nomi dei killer, impossibile che non si sapesse con precisione il vero movente. "Mancano ancora i nomi degli altri esecutori e non è stata fatta piena luce su movente e mandante", sostengono i tre figli, che con il loro avvocato di fiducia, Fabio Repici, si battono da anni per ottenere piena giustizia. Ci sono ancora due procedimenti sull'omicidio, una delle pagine più buie della storia di Torino. Quello aperto nel 2015, e ancora pendente presso il gip di Milano, segue piste già presenti negli atti del primo processo. L'altro, sempre a Milano, è in fase di indagini preliminari presso la Procura generale, che ha avocato a sé il fascicolo nel quale l'ex presunto terrorista dei Colp Francesco D'Onofrio viene indicato come killer da un pentito di 'ndrangheta, il 28enne Domenico Agresta.

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"Ci ha fatto piacere che il Procuratore generale della Corte di Cassazione, Alfredo Viola, nella sua requisitoria abbia riconosciuto 'il lavoro encomiabile delle parti civili per fare piena luce su ogni anfratto del delitto'", sostengono i figli di Bruno Caccia, esprimendo "profonda gratitudine" per l'avvocato Repici e per Mario Vaudano, 75 anni, ex collega del magistrato assassinato e consulente della famiglia. In questi anni, dicono, hanno profuso "lavoro, impegno e intelligenza per aiutarci nella ricerca della verità". "Ora auspichiamo che collaborino a questo sforzo tutte le forze in campo - concludono - e l'intera società civile, da cui forse potrebbe giungere un aiuto decisivo nella ricostruzione dei fatti".

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