di FRANCO CIMINO
La notizia tanto attesa, da pochi auspicata, da molti temuta, è arrivata! Puntuale come un treno svizzero o come il calendario della Giustizia italiana quando le è consentito di “ appuntare” bene le sue date. Mimmo Tallini è stato prosciolto dai reati che gli sono stati imputati nell’ultimo processo cui è stato rinviato. E con un’accusa mica di poco conto, la peggiore di quelle che si è visto rivolgere nel corso della sua quarantennale vita politica.
Essere in qualche modo associato ad attività criminali ordite dalla mafia e di avere, con una parte di essa, intrecciato affari avvalendosi del suo ruolo istituzionale. Questa, nella sostanza, l’accusa via via indebolitasi durante i diversi percorsi giudiziari che hanno preceduto il processo di febbraio. Chi ha una certa responsabilità per il ruolo che riveste nella società, ha il dovere adesso di leggere questa assoluzione piena( il fatto non sussiste) sotto un triplice aspetto. Il primo, quello umano, il secondo quello della Giustizia, non quindi, prettamente giudiziario, il terzo, politico. Il tutto all’interno di una domanda grave che fuoriesce dallo spirito della Costituzione più bella del mondo.
È quella che, soffrendo, mi pongo da sempre e alla quale, tremandomi gambe e mani, sottraggo la mia risposta. È questa; “ a quale parte della Giustizia che opera nei confronti del crimine attraverso i due campi essenziali della Giurisdizione, l’inquirente e il giudicante, un povero cittadino, ancor prima del poverocristo direttamente coinvolto, deve, nel sistema dell’informazione invasiva e alterante, prestare la sua fragile e contraddittoria attesa di “moralizzazione” , e quindi di protezione, della società e delle istituzioni? Insomma, di che debba fidarsi, in questa stagione dei processi mediatici, delle forche nelle piazze, delle grida dalle televisione e nelle strade, nel momento in cui la politica, già colpevole di perdita di valore e di prestigio, é colpita da fatti inquietanti attribuiti a molti dei suoi principali esponenti? A chi dovrà far ricorso il cittadino per sostenere la sua sempre più debole intelligenza critica, che ha pure progressivamente ridotto quella autonoma capacità di selezionare il personale politico e di attenta vigilanza sui comportamenti della politica e dei rappresentanti istituzionali? Questa domanda non trova risposta. Infatti, recenti intrecciati fatti riguardanti l’amministrazione della Giustizia, il comportamento di considerevoli parti di essa, gli scandali che li hanno accompagnati, gli scontri feroci che li hanno spinti verso la ricerca di un potere fine a se stesso o secondo finalità politiche, la lotta sempre più aperta tra la politica, questa debole e con un balbuziente senso morale, e la magistratura non proprio genericamente intesa, hanno generato un grave turbamento nei cittadini.
Un turbamento pericoloso, perché se alla sfiducia crescente verso il mondo politico si aggiungesse, dopo l’emotivo slancio di alterante passione verso le procure “eroiche e salvifiche”, quella verso la Giustizia, il destino della democrazia italiana, e con esso quello del ruolo del Paese in Europa, sarebbe drammaticamente segnato. Già siamo nel pieno di quella lunga stagione che ha ammalato la politica, indebolito le istruzioni, confuso il senso della autorità, modificato la qualità del tessuto democratico, per cui andare un solo metro più avanti ci porterebbe sul ciglio del burrone. Leggere la vicenda Tallini, anche la vicenda Tallini( noi siamo stati tra i primi a trattare quella di Giancarlo Pittelli) con onestà, partendo anche da questa regione “ periferica”, potrebbe aiutare la situazione generale a schiarire il cielo grigio che la copre e sottrarre la Giustizia e la politica, e questo loro insano rapporto, alla forza d’urto della opinione pubblica, che, in quanto opinione collettiva, è fragile e mobile, mentre forte é l’effetto che essa ha sulla psicologia collettiva e questa su quella individuale. Un popolo più sereno è quello che serve di più oggi al Paese. Tallini e l’aspetto umano. Ho provato a telefonargli oggi, senza esito. Ho immaginato che i suoi telefoni fossero intasati da quella folla di amici, di “ clientes” , di candidabili, che nei mesi scorsi avevano perso l’agenda e la memoria della sua faccia. Non ricordavano molti di loro neppure di averlo conosciuto o se l’avessero conosciuto non hanno mai avuto a che fare con lui, come è stato davvero detto. Invece, quel Tallini che si è visto arrestare, prelevato da casa ed esporre agli obiettivi di centinaia di informatori e agli occhi di migliaia di persone, curiose di vedere che faccia avesse quel potente in quel momento, è un uomo che si è visto crollare il mondo addosso, trafiggere il cuore di moglie e figli, calargli dentro, forse, la più grande paura che possa cogliere una persona umana. Verso quest’uomo, come tutti coloro che si sono trovati, potenti e non, in questa condizione, la prima condanna inappellabile è arrivata in quei momenti.
E gliel’abbiamo inflitta anche noi. È inutile che la bagniamo oggi con il classico pianto del coccodrillo per cancellarla, come fa il mare con i castelli di sabbia. Il secondo aspetto è nella domanda. Questa: in che modo il necessario atto della giurisdizione può, essendone obbligato, agire con imparzialità nei confronti di ogni cittadino, uguale agli altri difronte alla Legge, senza immediatamente interferire sui processi della politica e gli equilibri nelle istituzioni sanciti dal voto popolare, quando quel cittadino uguale riveste una carica istituzionale?
Il terzo aspetto, è quello politico. Esso attraversa drammaticamente non solo il politico Mimmo Tallini nel suo ruolo di presidente del Consiglio, abbandonato subito dopo l’arresto, ma tutta la vita politica regionale e tutti i protagonisti della stessa, sia che appartengano alla maggioranza [eh sì la(e) maggioranza(e)!] sia alla minoranza [ eh sì la(e) minoranza(e)]. Non accorgersi di questo interesse comune, che è politico, ed anzi pensare che un incidente dell’avversario, specialmente se forte, possa avvantaggiare ( mi riferisco all’atteggiamento verso il politico non alla persona, per carità!) la parte avversa, che non sempre perde per il valore dei vincitori ma per colpe proprie quando a quelli si vuole per forza rassomigliare, è cosa grave è stupida. Terribilmente te antidemocratica poiché lesiva della volontà popolare e degli equilibri che solo essa può determinare. Durante la vicenda giudiziaria, che per fortuna in quest’ultimo caso si è risolta in tempi ragionevolmente “brevi”( ma quanto è bravo l’avvocato Ioppoli e con lui tutto il collegio difensivo!) si sono svolte le elezioni regionali. Mimmo Tallini, che sicuramente, le avrebbe vinte, non ha potuto parteciparvi e men che meno ha potuto godere del nutrito organigramma della colazione vincente cui egli appartiene da tempo. A qualcuno, e forse a molti, questo ha fatto piacere. Ma al netto degli interessi di correnti, anche interne al suo partito, e delle forze politiche, anche quelle della sua colazione, fatti salvi antipatie e invidie, risentimenti e altro, è giusto sul piano morale e su quello democratico, che egli non abbia potuto contribuire a realizzare il quadro politico istituzionale più oggettivo? Giova tutto ciò alla democrazia e alla politica? La mia risposta è no. La politica si fa con la politica e dentro la politica.
La lotta per vincere si fa con gli argomenti della politica e gli avversari si affrontano a viso aperto dentro quel campo. Usare i fatti giudiziari per sconfiggere il nemico( non mi riferisco all’azione legittima della magistratura ma all’uso che di questa fanno i confliggenti delle elezioni), usare la categoria inquisito- condannato per stabilire il grado di valore di un politico, equivale ad assegnare solo alla magistratura il potere di decidere sulla qualità di quella persona. Cosa che avrebbe un risvolto della medaglia del tutto non trascurabile. Ed anche la conseguenza di trascinare il terzo e più delicato potere dello Stato, la cui autonomia e indipendenza la Costituzione ha voluto fortemente preservare, nell’agone dello scontro politico. E questo non va affatto bene.
Spero che la gente possa averlo finalmente capito e agisca con ricostruita coscienza democratica per cambiare questa situazione, lasciando alla Giustizia di svolgere liberamente il suo compito. Ma, soprattutto, cambiando la Politica, la presenza della gente in essa e la sua vigilanza in rapporto ad essa. Per questa sera, intanto, tutti felicitiamoci per la felice sorte di un uomo, un marito, un padre di famiglia e della di lui compagine degli affetti più cari. Per quella di un politico importante che ritorna pienamente alla sua attività. E per la Giustizia che ha compiuto il suo corso con serenità.
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