Diego Verdegiglio, un attore allo specchio: nel libro-intervista di Roberto Messina un ritratto a tutto tondo del grande interprete catanzarese

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images Diego Verdegiglio, un attore allo specchio: nel libro-intervista di Roberto Messina un ritratto a tutto tondo del grande interprete catanzarese
La Compagnia Teatrale Calabrese: da sinistra, Franco Grande, Loredana Verdegiglio, Diego Verdegilio, Marina Colonna, Annamaria De Luca, Umberto Nisticò, Lillo Zingaropoli, Gigi Marozzo, Gigi Brasacchio  

Interprete di teatro, cinema e tv, ma pure fine saggista, doppiatore, regista, insegnante e intellettuale, cresciuto e maturato a Catanzaro. Una carriera lunga quarant’anni. Il libro è in uscita per Academ editore

  23 dicembre 2022 16:54

Grande professionista di teatro, cinema, fiction, pubblicità televisiva, oltre che doppiatore, insegnante, regista e fine estensore di acuti saggi storici e d’inchiesta, Diego Verdegiglio ha dalla sua l’indiscussa bravura e quell’inarrestabile fervore professionale, intellettuale e giornalistico che emergono a piene mani nel magnifico e puntuale libro\intervista “Diego Verdegiglio, un attore allo specchio”, Academ editore (prenotabile su: https://www.academgroup.it/libri/diegoverdegiglio/) curato dal giornalista Roberto Messina e dedicato alla formazione, l’ispirazione, la pratica, le prospettive e gli approdi del suo straordinario percorso artistico: “Un’iniziativa che è stata accompagnata - chiarisce lo stesso Messina nella sua introduzione al volume - dalla certezza che non si trattasse di un lavoro qualunque, di uno scritto come un altro: ma di qualcosa di importante, arricchente e stimolante per tutti coloro che amano il cinema, la recitazione, il teatro e i loro infiniti e variegati ‘dintorni’”. 
 
 
 
La carriera di Verdegiglio è nata e maturata a Catanzaro, l’amato capoluogo calabro dove ha mosso i primi passi frequentando la “storica” scuola di teatro e dizione del grande maestro Gianni Diotaiuti, aperta negli anni ’70 da Antonio Panzarella e Cesare Mulè, per poi trasferirsi a Roma e diventare presto brillante e disinvolto protagonista di numerosi film, fiction e sceneggiati: a cominciare da Nero Wolfe (nelle vesti del salernitano “Sordillo”, testimone di crimini), e poi, uno dei ruoli più belli, in Walter Chiari, fino all’ultima risata con Alessio Boni (nei panni del giudice che nel ‘70 condannò al carcere per possesso di droga il poliedrico attore e showman veronese, re del teatro leggero, grande parodista, protagonista dei rotocalchi rosa, compagno di storici “duetti” con Totò, Tognazzi, Campanini, Rascel); quindi in tanti, infiniti successi di Rai e Mediaset, come Valeria medico legale con Claudia Koll, Commesse con Veronica Pivetti, Un medico in famiglia con Lino Banfi, Il mio amico Babbo Natale accanto a Gerry Scotti, Don Bosco con Ben Gazzara, Tempo instabile con Luca Zingaretti e John Turturro, I miei primi 40 anni con Carol Alt, La tassista con Stefania Sandrelli. E ancora, grande interprete del presidente Cossiga nello sceneggiato Tv con Michele Placido, Aldo Moro il Presidente; quindi, accanto a Beppe Fiorello in Sarò sempre tuo padre; e con Vittoria Puccini nel film Tv Rai Altri tempi. 
 
 
Come non bastasse, eccolo anche in famosi spot pubblicitari accanto a Renzo Arbore (per la regia di Alessandro D’Alatri), Antonio Banderas, Nino Manfredi, Giancarlo Magalli e Paola Tiziana Cruciani (per la regia di Leone Pompucci), diretto anche da Francesca Archibugi. Infine, indimenticabile, la pubblicità della “Duna” Fiat, di cui Diego narra senza menarne vanto… Ha poi lavorato, fra gli altri, con Pupi Avati, Vittorio Gassman, Carlo Lizzani, Gigi Proietti, Marco Bellocchio, Bruno Corbucci, Carlo Vanzina, Carlo Verdone, Lino Banfi, Lando Buzzanca, Luca Zingaretti, Antonio Albanese, Checco Zalone, Nino Manfredi, Pasquale Squitieri, Ricky Tognazzi, Giovanni Soldati.
 
Questo di Diego Verdegiglio è dunque un professionismo vero, ben espresso in particolare nel tanto teatro che ha fatto, e che fa, in cui si lascia apprezzare per la grande “maturità” artistica, la presenza scenica e la magnifica voce, “armi” vincenti della sua indiscutibile caratura attoriale.
 
 
Tra tanti attori e registi, racconta Verdegiglio: “Ho amato moltissimo la classe, il genio, la simpatia, la modestia e la bontà di Carlo Vanzina, affiancato dal grande Enrico, suo fratello. Oggi mi trovo molto bene con un regista all’apparenza burbero, ma invece di gran cuore, che ama circondarsi di attori amici. Mi ha diretto in ‘La stagione dei delitti’, ‘L’attentatùni’, ‘Soldati di pace’, ‘Pantani il pirata’ e ‘A mano disarmata’: è Claudio Bonivento. Con Carlo Verdone mi sono trovato non bene, ma benissimo. Di un tatto unico, un autentico gentleman, che ti spiega esattamente quello che vuole da te. Della stessa pasta anche suo fratello Luca e il loro padre, il professor Mario, che ebbi la fortuna di conoscere poco prima della sua scomparsa. Una famiglia bellissima. Fossero tutti così! Amo poi moltissimo la genialità di Nanni Moretti, anche se mi ha sempre considerato un attore troppo ‘commerciale’ e ‘televisivo’ per mettermi in un suo film: un amore non ricambiato. Ma ho fatto mia la massima di un artista straordinario del passato, Mario Carotenuto: ‘Io non scelgo, io lavoro’. Per cui non ho la ‘puzza sotto il naso’ di tanti colleghi che detestano la TV e fanno solo Cinema e Teatro”
 
L’attore cui si ispira, il suo modello? “Senz’altro Gigi Proietti. Un gigante dell’arte che meritava di vivere per sempre. Irraggiungibile. Ho avuto l’onore e il piacere di lavorare tre volte accanto a lui”
 
Una lunga carriera: “Dal 1970 - spiega - non professionalmente. Dal 1977, col primo sceneggiato di Mario Foglietti e le esperienze radiofoniche alla Rai calabrese diretta all’epoca da Antonio Minasi in maniera professionale. A seconda di quale anno si voglia considerare, sono 52 anni, oppure 45 anni. Non ho quasi mai ricoperto ruoli da protagonista di grande rilievo, ma tantissimi ruoli medi e piccoli, nonché alcuni di importanza di cui vado fiero, come il ‘Cossiga’ nell’Aldo Moro con Michele Placido”. 
 
Un ricordo del compianto Lando Buzzanca: “Mi ha addolorato la sua scomparsa. Ho fatto con lui in teatro due stagioni di ‘Don Giovanni’ di Molière, con la sua regia. Grande professionista. Esigente, ma giusto. Non tollerava sbavature durante le prove o in scena. Mi fece pagare cara una mia uscita sbagliata dal sipario. Forse ero distratto, perché era una serata col pubblico poco ‘caldo’, ma lui mi ‘tenne il muso’ anche quando andammo a cena dopo lo spettacolo. Poi ovviamente tutto si ricompose, perché sapeva essere molto amichevole e poi si affezionava agli attori con cui lavorava”.
 
A Catanzaro: i ricordi della prima scuola di teatro… “Nel 1974, un professore della appena costituita Accademia di Belle Arti, Antonio Panzarella, creò presso la sede dell’MCL (Movimento Cristiano Lavoratori) di Catanzaro, il Teatro Scuola, chiamando da Roma il Maestro Gianni Diotaiuti dello Studio Fersen, per insegnare dizione e recitazione, e il mimo Marco Romizi di Perugia, allievo del celebre Marcel Marceau, il papà di ‘Bip’. Fu un periodo esaltante. Eravamo ansiosi di imparare, di migliorare. Di quella prima ‘sfornata’ fecero parte alcuni attori che poi continuarono la loro attività: Pino Michienzi, Annamaria De Luca, Carlo Greco, Rosa Ferraiolo, Sara Tafuri, Adele Fulciniti, Enzo e Salvatore Corea, Aldo Conforto, Marina Colonna, mia sorella Loredana, Lillo Zingaropoli, Franco Grande, Rossella Mulè, Nunzio e Antonella Raimondi, Umberto Nisticò, Mario Mancaruso, Rosanna Basanisi, Elisabetta Carolei, Luciano Giacomini, Maria Pia Tallarico, Maurizio Chiefalo, Alfonso Carlei, Paola e Maila Zingaropoli e tanti altri. Nel 1975, al nostro saggio finale venne a vederci un regista catanzarese che lavorava in Rai, Mario Foglietti. Gli piacemmo, e disse che alcuni di noi li avrebbe volentieri portati a Roma per farli lavorare nei suoi film. Non riuscivamo a crederci. Un sogno si avverava”. 
 
Dagli esordi con Mario Foglietti nell’anno 1977 ad oggi, con tanti registi e attori famosi: oltre 40 anni di cinema e teatro. Cosa manca dei primi tempi, e cosa dà soddisfazione ora?: “Di quei giorni mi manca l’incanto irreale e irripetibile di andare al bar degli studi e vedere Fellini che prendeva tranquillamente il caffè: non riuscivo a credere ai miei occhi. I miei miti erano lì davanti, in carne ed ossa, a due passi. Osservavo e parlavo con attori e registi che avevo visto solo in TV (allora c’erano solo Rai Uno e Rai Due, i Canali Nazionali della Rai) e sui giornali. Il mio primo giorno di riprese venne a prendermi a casa un autista con una Mercedes enorme. Solo dopo molto tempo capii che non era un riguardo nei miei confronti, ma una giusta esigenza della produzione affinché gli attori fossero sul set senza ritardi… Navigavo davvero in un’altra dimensione. Entravo in un mondo fantastico. Ora sono abituato a tutto questo, anche se la tensione e la concentrazione per recitare bene le mie battute subito dopo il ciak rimangono intatte. E guai se non ci fossero”. 
 
Laureato in Lingue e Letterature Neolatine, Diego Verdegiglio è stato Docente di Discipline dello Spettacolo presso l’Università Popolare di Roma. Tra le sue opere Talièn de la pèire da Garroc, con Arturo Genre e Silvana Primavera (sulla minoranza di lingua occitana in Calabria), Alla conquista dello Spazio (scritto con l’autore di Rai1 Francesco Valitutti, Newton Compton), Ecco chi ha ucciso John Kennedy (Mancosu), La Tv di Mussolini (Castelvecchi). Ha collaborato con Olga Bisera ai volumi biografici Ho sedotto il potere (Gremese), Maktub (Maretti), Luciano Martino, un amore che vive (Fuoco) e con Antonella Lualdi Interlenghi al volume Io Antonella, amata da Franco (Manfredi). Recentemente ha reinterpretato Francesco Cossiga per la ricostruzione del delitto Moro nel programma M di Michele Santoro su Rai3. 
 

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