di DONATELLA ARGIRO'
Le cariche istituzionali rappresentano le 'guide' per i cittadini ma anche punti di riferimento per armonizzare il nostro vivere civile.
Un senso comune che porta ad un linguaggio chiaro condiviso e privo di parole che fuoriescono dalla sfera individuale che ogni persona vive nel suo quotidiano.
L’attuale atmosfera politica richiede un necessario ed irrinunciabile mutamento, perché le persone in questo particolare momento storico manifestano sfiducia e disaffezione, se non a volte rifiuto e quindi allontanamento dalla classe politica che spesso tende a premiare sé stessa, anziché favorire il bene comune.
Anche la litigiosità fra i vari raggruppamenti politici ed anche in seno agli stessi, non fa che accentuare il distacco dei cittadini dalla politica autentica che dovrebbe essere precipuamente tesa ai bisogni e alle esigenze di ciascuno per cui si creano delle disomogeneità, nelle quali ognuno ha un differente modo di intendere il bene comune.
Ne scaturisce qualunquismo, pressapochismo, regole minime e “l’andare avanti” senza sani e proficui obiettivi per la realizzazione continua, costante del bene comune, che non deve decadere a causa della tentazione della moneta di scambio, e sopra tutto mediocrità nelle azioni politiche che non fanno che aggiungere al qualunquismo l’abdicazione da ogni iniziativa positiva e disimpegno.
C’è bisogno quindi, di persone che nelle loro cariche istituzionali siano protagoniste, ma che non siano nello stesso tempo figure dominanti, che si mettano in gioco, e che sappiano anche dare il giusto valore alla verità, e pronte a confrontarsi sulla moralità delle vicende umane.
La politica deve creare un senso di appartenenza comune, eliminando i distacchi tra "palazzo" e cittadini, tutto questo attraverso un nuovo modo di concepire la politica quale impulso per le nuove generazioni e rinascita di una nuova speranza; la politica deve fare ritorno alla semplicità delle parole evitando atti imperativi
Oggi sembra sfumata, infatti, quella concezione del “bene comune” che deriva dalla cultura dell’antica Grecia, sopra tutto Atene, culla della democrazia e della libertà, dove la vita dei cittadini e la “Polis” aveva primaria importanza. Infatti la struttura dello Stato, anzi della Città-Stato, tale era Atene, prevedeva l’attiva partecipazione degli abitanti liberi alla vita politica, in un’armoniosa isonomia, in cui tutti i cittadini erano liberi e sottoposti alle stesse norme di diritto: tutto è nato dalla concezione democratica di un aristocratico “Clistene”. Facendo tesoro, pertanto, di quella nobile concezione, oggi i cittadini tutti andrebbero considerati come parte di un tutto: se le classi abbienti trascurassero le classi meno fortunate e se queste poi tentassero di cambiare la loro condizione di vita disagiata in maniera vigorosa, lo Stato ne verrebbe a perdere.
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