Sabato 15 Aprile presso Palazzo Staglianò a Chiaravalle Centrale, organizzata dall’associazione sulle note del tempo e dall’Unione degli Avvocati Europei Calabria, si è svolta la presentazione del libro “Donne Custodi, Donne Combattenti” della Dott.ssa Marisa Manzini sostituto procuratore presso la Procura di Catanzaro. Hanno partecipato, oltre all’autrice Dott.ssa Marisa Manzini, al Presidente dell’associazione “Sulle Note del Tempo” Dott.ssa Emanuela Neri e al Presidente U.A.E. Calabria Avv. Giuseppe Mercurio, l’Avv. Domenico Cortese Presidente dell’Associazione Calabrese delle Scienze Giuridiche, l’Avv. Vincenzo Agosto Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro, Mons. Antonio Staglianò Vescovo di Noto e Presidente della Pontificia Accademia Teologica, l’Avv. Lucio Bruno Cristiano Camaldo Professore associato di Diritto Processuale Penale alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Milano (collegato da remoto), la dott.ssa Cinzia Perruccio, l’Avv. Daniela Rotella e la Prof.ssa Maria Valente collegata da remoto con tutta la sua classe dell’istituto Gioacchino Da Fiore di Torano Castello. Interessanti gli interventi dei partecipanti ognuno dei quali ha dato il proprio contributo e la propria esperienza.
Molto sentito l’intervento di Mons. Staglianò che, come esponente e promotore di un nuovo modo di annunciare il Vangelo, la cosiddetta “Pop-Theology”, citando autori come De Andrè e De Gregori, ha voluto porre l’attenzione sulla definizione di giustizia secondo la Chiesa e sul ruolo della società nella lotta alla ‘ndrangheta, a tutte le mafie e le ingiustizie in generale, che deve passare attraverso la formazione dei giovani soprattutto durante la scuola materna e la scuola primaria, la cultura come strumento di rigenerazione umana per sradicare le radici mafiose. La Dott.ssa Manzini, intervenendo a conclusione dell’evento, ha definito la ‘ndrangheta una forma di cultura distorta dove la famiglia e i vincoli di sangue sono sacri e inviolabili e che deve essere combattuta attraverso la coltivazione di una cultura sana che origina dalla conoscenza.
La prepotente signoria esercitata dalla mafia calabrese si estende anche alle donne che troppo spesso diventano strumento dell’organizzazione malavitosa. Il cambiamento, allora, potrà avvenire solo se, dall'interno della famiglia, la componente femminile, che tramanda i sub valori mafiosi, rifiuterà tale compito e se le donne-strumento si trasformeranno in donne-combattenti. In questo senso l’autrice ha apprezzato in particolare l’intervento della Dott.ssa Cinzia Perruccio che ha sottolineato come essendo la ‘ndrangheta un fenomeno “umano”, come definito da Giovanni Falcone, e multidisciplinare, deve necessariamente abbracciare tutte le branche culturali che formano l’individuo all’interno della società, la scuola che ha questo compito dovrebbe approfondire il tema, non con straordinarietà, ma con ordinaria frequenza, con una materia ad hoc sullo studio alla criminalità organizzata, un’apertura completa alla cultura della legalità, per dare ai giovani gli strumenti capaci di rendere loro protagonisti fondamentali ed essenziali della lotta a tutte le mafie.
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