di GIOVANNA BERGANTIN
Dopo l’approvazione da parte del Consiglio regionale della Calabria della legge che introduce la doppia preferenza di genere e la parità di accesso delle donne alle candidature, molte sono state le reazioni, i commenti e le dichiarazioni.
Noi abbiamo cercato di approfondire l’argomento intervistando Marisa Fagà, coordinatrice nazionale per il Sud e fondatrice della sezione di Catanzaro dell’A.N.D.E. (Associazione Nazionale Donne Elettrici), che da anni si batte per la riforma alla legge elettorale regionale.
Ma perché, abbiamo chiesto alla Fagà, dopo aver condotto una battaglia per garantire la parità di genere nelle consultazioni elettorali regionali, non ha ancora fatto alcuna dichiarazione?
“Le lotte che abbiamo fatto non sono state inutili, abbiamo raggiunto tardivamente questo traguardo, non perché si sia tenuto conto della storia delle donne italiane e calabresi, ma perché minacciati da un Organo superiore. In verità ho aspettato a fare dichiarazioni perché volevo esprimere questo mio stato d’animo con il testo già pubblicato. Di solito preferisco parlare testo alla mano, bisogna ben leggere prima. Basta poco, anche solo una virgola, per cambiare il senso. Sono felice, comunque, per questo risultato e anche perché oggi una donna calabrese è ai vertici della Sapienza. Questo a comprova che i calabresi occupano ruoli rilevanti e si affermano, sono stimati e apprezzati e, poi, qui debbono venire “esterni” a gestire le nostre forze. E’ un po’ l’assurdo delle situazioni. Come l’aver letto che i calabresi aspettavano questa legge da cinque anni. Ma quali cinque anni! Ricordo che, già nel 2011 - ero nella Commissione Pari Opportunità- avevamo raccolto 7000 firme per una proposta di legge d’iniziativa popolare chiedendo la doppia preferenza. E’ una vita che ci battiamo per questo obiettivo ed ho l’orgoglio di dire che i percorsi che ho seguito, dalla partecipazione alla Conferenza mondiale della Donna di Pechino nell’85 alla modifica dell’art 51 della Costituzione, che con altre parlamentari abbiamo concorso a modificare, costituiscono le pietre miliari di questa nuova storia. Senza la modifica dell’art. 51 che recita ‘Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini’, non ci sarebbe stata la doppia preferenza e non ci sarebbero stati tutti gli altri provvedimenti che ne sono discesi”.
Adesso, con la sua lunga esperienza politica, dopo questa legge regionale, cosa si aspetta e cosa bisogna assolutamente evitare?
“Come dicevo, bisogna parlare col testo della Legge alle mani e vedere le percentuali indicate e poi, bisogna seguire la formazione delle liste. Purtroppo in Calabria il voto è ancora molto condizionato dal bisogno, dalla povertà culturale, economica e sociale. Se continuano ad essere candidati i potenti delle tessere e del consenso, le donne devono patteggiare o finiscono col favorire l’elezione di questi candidati. Bisogna anche vedere la formazione delle liste, se si inseriscono le controfigure, ‘le figurelle’ oppure donne autorevoli che possono competere e ce ne sono veramente tante in Calabria”.
Il divario di genere ha radici storiche e al sud è molto più marcato; qual è l’importanza della presenza femminile nei luoghi apicali e soprattutto nella politica?
“Un esempio. E’ come se una famiglia avesse delle risorse e le tiene nel cassetto e non l’investe, non le utilizza per creare benessere. I calabresi che non hanno voluto la riforma della doppia preferenza negli anni passati nonostante avessero a disposizione donne molto preparate, non hanno inteso mettere in campo questo patrimonio. Questo è accaduto sia a livello nazionale che territoriale. Tutti gli studi dicono che la partecipazione femminile nei diversi settori migliora la qualità della vita perché noi donne abbiamo una sensibilità, una peculiarità, una visione diversa dagli uomini. E le differenze costituiscono ricchezza. Di questa ricchezza, l’Italia ancora non ne gode a pieno”.
Sulla recente legge elettorale ci sono state reazioni e valutazioni differenti. C’è chi la ritiene necessaria per ristabilire un principio di pari opportunità, c’è chi la vede mortificante per le donne che fanno politica, perché devono essere valutate per la loro capacità e non per la percentuale imposta da una legge. Che risponde?
"Mi spiace che alcuni abbiano fatto questa seconda sottolineatura. Per semplificare, non si fa ricorso all’antibiotico se non si ha la febbre, quando si vive in uno stato di democrazia compiuta non c’è bisogno dell’antibiotico, ma quando la febbre è altissima, come in Calabria - perché le donne sono sempre state escluse dai luoghi della ‘divisione’ – il farmaco occorre. Che ci sia disparità non è uno stereotipo, esiste e va combattuta. Vorrei dire alle donne che se oggi abbiamo raggiunto questo risultato è perché tantissime di loro hanno lottato e continuano a lottare perché la battaglia non è finita, visto che la disparità è ancora viva. Allora, l’appello alle donne e anche agli uomini che hanno questa sensibilità culturale: bisogna continuare a lottare. Io continuerò a combattere la disuguaglianza di genere insieme a milioni di donne nel mondo anche con quella minoranza di uomini illuminati”.
Dopo questo traguardo regionale cosa si deve fare nell’immediato?
"Ora viviamo un periodo di emergenza straordinaria. In qualità di responsabile A.N.D.E. per il mezzogiorno sto organizzando un webinar per analizzare le grandi trasformazioni dell’era post-covid, che nel mezzogiorno saranno più pesanti da sostenere. Qual è il messaggio che lanciamo alle donne? Più impegno per questo nuovo periodo e più grinta nel guidare i processi di trasformazione in ottica europea. Dobbiamo fare i conti con questa nuova stagione del post –covid, prepararci a cogliere le novità e scendere in campo per guidare le trasformazioni con una visione europea anche sull’utilizzo delle risorse”.
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