Due cittadini “impegnati nel sociale”: “Catanzaro, come hai fatto a ridurti a questo punto?”
Catanzaro futura Badolato: così recitava un manifesto, curato da quei pochi che al tempo della improvvida spartizione della provincia di Catanzaro nelle tre provincie odierne, avevano ben compreso come quel progetto avesse una finalità di lungo termine che oggi è solare. Diciamo ciò con grande rispetto e affetto nei confronti dei conterranei badolatesi e del loro bellissimo borgo ma nella profonda convinzione che comunque, il cd. capoluogo di regione avesse ed abbia da gestire dinamiche diverse da quelle del piccolo e caratteristico centro del soveratese.
Oggi quel disegno di profonda desertificazione di Catanzaro, e del suo comprensorio, si manifesta compiutamente con la presenza di un solo rappresentante, su 32, di quel territorio all’interno del Consiglio Regionale, contro i sei della passata legislatura.
Eppure come qualcuno ha già evidenziato, Catanzaro nel corso degli anni ha prestato le sue servigia alla Regione attraverso molti e politicamente variegati “alti rappresentanti”.
Orbene, con una riflessione approfondita, si comprenderà come sia proprio in quei momenti di così alta virtù che la città ha decretato la sua fine. Infatti trattavasi di calabro-catanzaresi aspiranti “consoli” anzi, in qualche caso con mire da triumviri che, talora facendo zapping selvaggio tra Italia 1 e la Rai, talaltra promettendo messi di extravergine che la realtà ha poi disvelato esser poca roba, di bassa qualità e per giunta non bastante neanche per accendere la “lumera”, il cui permanere nel ruolo politico calabrese e catanzarese serviva loro per alimentare un malcelato “romanismo” magari anche attraverso l’acquisto di attichetti in svendita INPS su più o meno imperiali fori…..
Nessun amore per questa città e questa terra, nessun rispetto per quelli che, attraverso le tasse locali, finanziavano i loro lauti stipendi.
Nessun progetto politico da perseguire per Catanzaro e per la Regione di cui la città dovrebbe esser capofila. È in quel tempo che il dramma odierno si è compiuto attraverso la manifesta incapacità di dare impulso alla naturale centralità catanzarese.
Nulla si è fatto per fare in modo che vi fosse uno sviluppo centripeto coinvolgente gli assi principali del territorio sia verso il mar Tirreno che verso lo Ionio. Nulla si è fatto per progettare e mandare avanti un disegno culturale che avesse l’obiettivo di coinvolgere i territori facendoli sentire parte fondamentale del disegno di sviluppo comprensoriale. Meno di nulla, senza cadere nella retorica, si è progettato e avviato rispetto ad un disegno virtuoso di integrazione culturale dell’Università della Magna Graecia, con le sue facoltà di Medicina, Giurisprudenza e Farmacia, nel territorio catanzarese e nella regione, di cui ormai vi sono evidenti doppioni. È evidente che tal guisa è stata foriera di un fallimento annunciato figlio di una totale incapacità della regione nel progettare e programmare un accordo di convenzione che avesse quale obiettivo proprio quello che doveva essere il più naturale: fare riconoscere l’Università nel territorio e viceversa. Così si è permesso a chi, e sono in tanti, nelle altre e ben più potenti provincie a voler smembrare quel poco che ancora sopravviveva nel catanzarese per fini sulla cui nobiltà ci sia consentito di esprimere forti dubbi, fini che non faranno certamente più forte la Calabria ma che daranno agio alla creazione di nuovi e sempre più autoreferenziali potentati politici magari da trasferire alla progenie.
Sulle condizioni attuali di Catanzaro città, beh ci pare siano sotto gli occhi di tutti: una città che si allontana sempre più una urbanizzazione equilibrata con il suo centro storico, la cui pavimentazione costò a suo tempo tanto in funzione del recupero della sua natura pedonale, e che ora si vede invaso dalle auto con i tanti catanzaresi per bene e capaci che sono senza dubbio la maggioranza dei cittadini, prigionieri dei pochi cafoni fautori della “defecatio” libera dei propri animali da passeggio. Se poi qualcuno avesse dubbi e volesse una riprova dello svuotamento di ogni funzione in atto da tempo su Catanzaro, basterà farsi un giro per vedere cosa brulica al compartimento regionale e diciamo appunto REGIONALE ANAS….. a noi è parso un deserto! Oppure della mancata realizzazione della sede regionale dell’Agenzia delle Dogane allocata sulla carta a Gioia Tauro ma in realtà a Reggio Calabria. Riteniamo sia, quantomeno per dare a noi stessi la prova che siamo ancora vivi, necessaria una mobilitazione senza precedenti della città che coinvolga tutti i soggetti sani che intendono ridare al conteso urbano e provinciale la possibilità di sviluppo che merita. Agli amici di Crotone e Vibo diciamo che è loro interesse contribuire a questo processo. Se infatti pensano di avere chance di sviluppo diffuso facendo da sponda alle due provincie “imperiali” rimaste nel contesto regionale sono fuori strada come la breve storia dei fatti ivi descritta dimostra. Solo ripartendo da una visione dell’area centrale della Calabria sull’asse bipartito Catanzaro-Lamezia-Vibo e Catanzaro-Crotone si potrebbe invertire la rotta. Questo va fatto attraverso lo sviluppo di un modello culturale prima ed economico poi di conurbazione funzionale che veda il rispetto delle diversità e delle prerogative di ciascuno nell’ambito di una fusione del concetto di capoluogo regionale in un crogiuolo multiterritoriale in grado di far nascere una nuova idea di sviluppo basata su una spinta propulsiva condivisa.
Il nostro ultimo pensiero va agli amici “catanzarani” che tanto hanno fatto per ridurci a questo punto…. diciamo loro che i romani, quelli che hanno la genetica dell’impero impressa nelle loro ossa, continueranno a guardarli come degli aspiranti “caciopepari” anche se con attico in centro. Avete scelto così e così sia, ma sia chiaro che la vostra colpevole azione ha costretto tanti catanzaresi e non, consci che tutti i territori italiani hanno una loro bellezza intrinseca, a lasciare per bisogno la loro terra dove avrebbero continuato con piacere a degustare il loro morzello.
Ivan Potente e Bruno Talarico (semplici cittadini impegnati nel sociale)
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