'Dulbecco', medici in rapporto di esclusività che lavorano nel privato: scatta l'accertamento

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Con una nota di qualche giorno fa, l'azienda ospedaliero-universitaria di Catanzaro ha chiesto ai medici la dichiarazioni sull'assenza di cause di incompatibilità. Verifica richiesta a livello regionale

  31 ottobre 2023 20:04

di GABRIELE RUBINO

Stretta sui medici degli ospedali calabresi che svolgono attività professionale in strutture private, pur in rapporto di esclusività con la sanità pubblica. Lo scorso 23 ottobre l’Aou ‘Renato Dulbecco’ ha avviato gli accertamenti chiedendo ai direttori delle unità operative e ai dirigenti medici di rinnovare la dichiarazione con cui si attesta l’assenza di cause di incompatibilità. Una ricognizione che dovrà essere ultimata fra una decina di giorni poiché i dati raccolti saranno poi trasmessi alla struttura commissariale.

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Infatti, è la stessa struttura commissariale che, lo scorso 15 settembre, dopo le notizie di un’inchiesta dei Nas che ha coinvolto tre medici dell’Asp di Reggio Calabria che, seppur in regime di esclusività, svolgevano attività in un poliambulatorio privato, ha sollecitato tutte le Asp e le aziende ospedaliere a stringere le maglie su questo fenomeno.

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Un input recepito dalla 'Dulbecco', con una nota di circa una settimana fa, firmata dal direttore amministrativo Francesco Procopio e dal direttore sanitario Giuseppe Panella. Nella missiva si punta a verificare eventuali situazioni di incompatibilità del personale dipendente con particolare riferimento allo svolgimento di attività presso strutture private accreditate, ricorda le normative che vietano tali condotte.

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“Con il servizio sanitario nazionale può intercorrere un unico rapporto di lavoro e che quest’ultimo è incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, nonché con l’esercizio di altre attività o con la partecipazione in imprese che possono configurare conflitto di interessi con il servizio sanitario”, è quanto prevede l'articolo l'articolo 4 comma 7 della legge 412 del 1991. E ancora, questa volta è l'articolo 1 comma 5 della legge 662 del 1996: “L’attività libero professionale da parte dei soggetti che hanno optato per la libera professione extramuraria non può comunque essere svolta presso le strutture sanitarie pubbliche, diverse da quelle di appartenenza, o presso le strutture sanitarie private accreditate, anche parzialmente”.

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