di FRANCO CIMINO
È morto il professor Carlo Magno, Preside. Mi piace definirlo in questo modo, accompagnare cioè il suo nome a questi due titoli professionali. Professore prima che Preside, sebbene in ambedue i campi si sia distinto e con merito. E, però, il Prof. era il suo mestiere, la sua vocazione, il suo migliore atto di servizio alla scuola. Carlo Magno fu sempre un professore, un grande prof. Lo dicono i numerosissimi studenti che hanno avuto la fortuna di conoscerlo come docente di filosofia e storia. Soprattutto, di filosofia, la disciplina da lui amata, studiata, conosciuta come pochi altri docenti. Il suo pensiero era filosofico, il suo modo di pensare era filosofico. Lo stesso suo modo di porsi nei confronti della società e delle persone, il suo modo di relazionarsi alle cose alle strutture e alle istituzioni, aveva sempre un qualcosa che richiamasse il pensiero filosofico. La profondità dell’analisi delle situazioni e della realtà. La ricerca puntigliosa, a tratti spigolosa, delle risposte. La sua qualità, prettamente filosofica, di lasciare aperte le domande alla ricerca di nuove risposte, che altre domande partorissero. Questa era la mente e la coscienza di Carlo Magno. E ciò anche quando il suo ruolo di Preside, sottolineo ancora questo termine, per sua fortuna non dirigente, gli imponeva la praticità delle soluzioni, gli atti di necessità. Carlo Magno è stato prof dei docenti, che gli sono stati affidati nelle scuole da lui presiedute. Nei consigli di classe, come nei collegi dei docenti e degli altri organi interni alla scuola, egli insegnava come affrontare una questione. Un problema. Insegnava, imparando dai docenti, come gli stessi e insieme a lui, dovessero sempre mettere al centro del loro lavoro la Scuola, gli interessi solo della Scuola. Al centro della quale va considerato il ragazzo e la ragazza. Prima singolarmente. Poi, collettivamente. Infine come classe, nella quale prevalga, in ogni modo, la sensibilità e l’interesse dell’alunno-persona. Ricordo, come da insegnamento che ho quotidianamente praticato, una sua felice espressione. In essa vi è non soltanto la metodologia, la didattica, la tecnica della cattedra, ma il significato stesso della missione docente/maestro, il valore profondo e immodificabile della Scuola, come luogo di trasmissione dei saperi e della formazione umana, per una retta formazione della coscienza individuale e sociale. “ Ogni mattina, quando entriamo in classe e in ogni classe in cui andremo nella giornata, dobbiamo porci la domanda: cosa insegno oggi, a chi insegno oggi, qui, in questa classe?“ La didattica e i contenuti devono sempre essere piegati alle mutevoli situazioni per le mutevoli condizioni delle classi e dei singoli studenti. Mai essere pietrificati in un sapere personale del docente, che si autocelebra ballando solitario sotto la cattedra.
Poi c’era l’uomo Carlo Magno. Un uomo sensibile, delicato, buono, a tratti fanciullo, nel quale le domande del pensiero si traducevano in domande della vita. Anche qui l’incertezza del filosofare, l’inquietudine della filosofia, diventavano inquietudine dell’anima, tumulto interiore, sensibilità delicatissima. Uomo davvero buono, gentile, educato. Mai arrogante e aggressivo, come, purtroppo, lo sono stati e lo sono ancora molti dirigenti scolastici, che scaricano sulla scuola e sui docenti le proprie personali debolezze e frustrazioni. Quelle proprie di ogni singola persona, Carlo Magno, le trasferiva solo su se stesso e sul suo domandare soggettivo. Un anima bella, davvero. Non pensava male di alcuno e ad alcuno male mai faceva. E male mai diceva. Aveva uno spiccato senso dell’amicizia, talvolta mal interpretato da taluni. E aveva uno spiccato senso dell’umiltà, nonostante la sua posizione e la sua altezza intellettiva. Anche questa da taluni talvolta strumentalizzata. Ma egli è stato sempre un uomo autentico, un dirigente, un collega, un amico, sempre disponibile verso tutti. Poi c’è il Carlo Magno filosofo di suo, uomo di cultura profonda, un pozzo vero di saperi. Carlo Magno, l’analista sociale acuto e
rigoroso, l’attento osservatore politico di una politica che andava in senso contrario al significato della stessa parola. Anche qui, in questo vasto campo, egli, dismessi gli abiti del docente e del preside, ha dato il suo importante contributo, con l’obiettivo principale di costruire spazi di dibattito all’interno della comunità. Spazi di confronto, in cui venisse a prevalere il senso critico di ciascuno. E la coscienza politica di cittadini in grado di cambiare la società. Innanzitutto, Girifalco, la sua amata Città. Era contento quando le si faceva del bene, quali cittadini e amministratore. Soffriva molto quando la vedeva trascurata, ingannata. Quando non la vedeva riemergere dalle numerose crisi, che le hanno, negli anni, ridotto quelle grandi potenzialità che le erano state riconosciute nei primi anni 60/70. Il suo cruccio era sempre quello, il progressivo ridursi della sensibilità politica della società e della politica stessa, con il conseguente indebolimento dei livelli di formazione della classe dirigente. Sognava, desiderava, chiedeva, una Girifalco bella, pulita, ordinata. E sicura anche dal punto di vista sociale per la protezione dei ragazzi e dei giovani. Per questa Girifalco sognata e desiderata, si batteva fortemente e strenuamente si impegnava. Ma come ottenere questa Città, questa Calabria, una nuova e bella Italia nell’Europa unita, che egli considerava il primo approdo della nuova civiltà, lo spazio più propizio per realizzare la pace e il progresso, sconfiggendo stupidi nazionalismi e pericolose chiusure negli egoismi delle nazioni? Semplice. Con la cultura, lo studio, la ricerca. L’impegno gratuito in ogni ambito del sociale. Per tutto questo, la scomparsa di Carlo Magno, il professore e il preside, il cittadino e l’intellettuale, è una grande perdita per tutti. Per la scuola. Per Girifalco. Per la Calabria. Per tutti noi che l’abbiamo conosciuto. E avuto quale maestro.
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