E ora aiutiamo tutti Lamezia Terme, che si aiuterà da sè...

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Franco Cimino
  27 novembre 2019 16:00

di FRANCO CIMINO

Se i migliori economisti in Italia sono rimasti le nostre mamme di un tempo lontano, che sapevano ben tenere i conti, fare la spesa e programmare le risorse per gli “ investimenti”sul futuro, i filosofi, i poeti e i sognatori, sono ancora oggi i migliori lettori dei dati statistici, specialmente quando si fanno numeri elettorali. Io che non potrei mai essere la mia mamma, che non sono filosofo né poeta, vorrei recuperare un poco della mia mente politica e ragionare, con spirito filosofico e tensione di poeta, sui dati usciti dalle urne di Lamezia Terme la scorsa notte. Li riepilogo velocemente per compararli: il raggruppamento Paolo Mascaro consegue al primo turno 12815 voti, con un incremento di 2000 voti sul candidato sindaco; Ruggero Pegna ha totalizzato, con le tre liste del centrodestra Forza Italia, UDC, Fratelli d’Italia, 8562 voti di schieramento, perdendone personalmente circa mille con il voto disgiunto. Tutti gli altri, con una sinistra nuovamente divisa tra due candidati con proprie liste( Guarascio e il PD al 18,85% e Piccioni con Leu e Articolo Uno all’8%) Cinque Stelle fermo a un misero 4,81%,) da subito fuori dalla possibilità del ballottaggio, al quale accedono i primi due. Al secondo turno quelle che sembravano le fondate previsioni della vigilia, hanno sorpreso solo per l’ampiezza del distacco tra l’ex sindaco, resistente a ogni avversità, e l’architetto imprenditore imprestatosi alla politica. Mascaro, conferma quasi tutti i voti del primo turno e si colloca al 68,9%, Pegna ne perde 3000 e raggiunge il 31,1%.

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Insomma, non c’è stata partita, tanto da pensare che solo di poco sarebbe cambiato il risultato finale anche se il maltempo non avesse imperversato su gran parte della domenica elettorale e la Lega, stranamente troppo coerente nella Piana, avesse dato il suo apporto di uomini e di voti. In questa strana partita vince il solo Mascaro e perdono tutti. Vince questo già noto e affermato avvocato, ancora giovane, specialmente nell’aspetto fisico, e forte, specialmente nella dialettica. Vince per la sua testardaggine, per il suo orgoglio, per la sua passione per Lamezia, come egli stesso con i suoi sostenitori dicono. Vince per il suo coraggio. Un coraggio che è forse alterato da quella sorta di rabbia e di disperazione che prende gli uomini quando non si rassegnano a una sconfitta senza il proprio colpo ferire. Disperazione, tra virgolette, per il danno all’immagine personale che lo scioglimento dell’Amministrazione da lui presieduta gli avrebbe inesorabilmente inflitto, sancendone anche il futuro personale e la serenità di persona e padre di famiglia.

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Tutto questo, lo abbiamo visto durante la fisicità e verbosità infuocate della sua campagna elettorale, quasi tutta sostenuta dal suo corpo “ eroicizzato”. Perdono tutti gli altri e senza appello o scusanti di qualsiasi tipo. Il centrodestra, che ha sbagliato tutto, con Forza Italia che non ha neppure un gruppo dirigente di qualsivoglia peso decisionale e la Lega, che a livello locale non ha la forza che detiene il suo capitano nazionale nell’imporre la sua egemonia all’intera coalizione, quella dei tavoli romani e dei salotti milanesi, dove siede un certo Berlusconi, per intenderci. Perde la sinistra nel suo complesso e questo PD, che, soprattutto a Lamezia, non riesce a farsi guida di un processo unitario su una proposta per la Città davvero credibile e innovativa. Dire della complicità di vecchie velenose dispute personali, tutte sospese tra invidie e gelosie, rancori e spirito di vendetta, maldicenza e rappresaglie di ogni tipo, è come dire delle vecchie lotte interne al Libano. Dei Cinque Stelle, nessuna traccia, e non solo nella graduatoria elettorale, ma nella battaglia politica, quella che la potesse rappresentare quale forza di reale cambiamento, in una realtà che ne avrebbe avuto strettamente bisogno. Perdono tutti, e questo risulta chiaro anche senza questa mia analisi. Ma c’è un dato che porta il concetto di sconfitta da tutt’altra tra parte che non quella del destino dei partiti e degli uomini “ politicizzati”. No, non è il concetto di civico che, con la vittoria di Mascaro e delle sue due sole liste civiche, si sarebbe imposto, sulla vecchia articolazione dei partiti, a Lamezia, facendo di essa un nuovo grande laboratorio per il rinnovamento della politica.

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E non lo è per il dato che seguirà, il quale lascia immaginare che la disputa elettorale nella più importante città della regione, si sia svolta tutta all’interno della vecchia cultura e dei vecchi schemi socio-elettorali. Quelli che l’hanno impoverita sul piano economico, indebolita sul piano politico, isolata dal resto del Paese e dall’Europa, nonostante il suo aeroporto internazionale. Il dato si trova in una delle più base affluenze alle urne che si siano mai registrate in Calabria e, io credo, in Italia. Mi riferisco a quella del primo turno, così che si possa sgomberare il campo dagli alibi del maltempo che, se si considera il calo fisiologico di ogni ballottaggio, nella recente domenica non ha pesato più del dieci per cento al massimo. Al primo turno, i lametini che si sono recati a votare sono stati 34 mila e 209, pari al 54,99%. Un dato certamente distante dai 18654 e del corrispondente 29,89 % del secondo turno, che su un universo elettorale di 62214, e di più una popolazione effettiva di oltre 80000 residenti, offre un sindaco con il solo 20% del consenso dei cittadini. E questo, in un momento nel quale di più ampia fiducia dovrebbe essere coperto il primo amministratore per poter avviare un progetto di rilancio della Piana e scongiurare la minaccia di un nuovo scioglimento, per nulla esorcizzato con l’ultimo voto e i precedenti ricorsi in Cassazione.

Sottolineo che quel 45,01% di astensione nella domenica di sole del 10 novembre, rivela una stanchezza di Lamezia che non va trascurata. Una stanchezza aggravata dalla perdita di fiducia del lametini verso la politica e le istituzioni. E, forse, anche verso se stessi, troppo gravati da pesi davvero insostenibili. A partire da quello della mancata sicurezza in ogni campo e dal continuo agire di poteri occulti e delle cosche malavitose. Specialmente, di quelle che hanno goduto, e ancora godono, del rapporto con buona parte del potere e della politica. E di quei politici, che, rafforzatisi politicamente e pure arricchitisi all’ombra di questo patto scellerato, mai sono stati colpiti dal potere legale e dalla pubblica opinione come avrebbe consentito una prima opera di pulizia della Città e della regione, in attesa di quelle rivoluzioni delle coscienze di cui si avrebbe bisogno. Una rivoluzione fatta di amore, di senso delle istituzioni, di consapevolezza che l’unità di popolo, nella condivisione dell’unico percorso che porta i calabresi verso il Progresso e la Pace, sia l’unica strada che ci rimane per la ricerca della felicità negata. Forse, perduta. Ora che il voto è compiuto, quale che sia stato il quadro che l’ha determinato e quali che saranno le conseguenze nei rapporti politici e personali, La Città della Piana, va aiutata e subito. Da tutti i calabresi, che si amano e amano la propria terra e il proprio piccolo paese. Si ritrovi da subito in Consiglio Comunale quel minimo senso di responsabilità che accomuna sempre in una collaborazione necessaria per l’immediato futuro in cui affrontare le gravi emergenze sul tappeto.

Suggerirei al sindaco eletto di vestirsi di umiltà francescana, di non dare ascolto alle voci di chi, tra i suoi sostenitori, ritiene conveniente la rissa più che il dialogo, la divisione più che la condivisione; di respingere le provocazioni allo scontro di quanti tra i suoi avversari, per sentirsi vivi, hanno bisogno di un sindaco isolato e arrabbiato; di non mettersi davanti il fantasma di un altro scioglimento ché sarebbe come quella potente automobile che viaggia con la prima in autostrada. Abbia, Mascaro, il coraggio di proporre un programma nuovo e una giunta completamente distante dalle logiche spartitorie di alcun genere, e parli all’intera Assemblea civica e al popolo Lametino. A tutto il popolo, esclusi apertamente malavitosi e affaristi, egoisti e predatori della bellezza del territorio, i mediocri politicanti che torneranno ad affacciarsi per mettere i bollini sulla sua figura. Questa volta non sarà come le altre. Un aiuto, e grande, lo troverà in mons Giuseppe Schillaci, questo prete umile della chiesa povera e per i poveri, quest’uomo colto e illuminato, che ben conosce i drammi e i dolori delle comunità e degli esseri umani in quelle, quest’uomo bello e saggio, divenuto, per nostra fortuna, vescovo di Lamezia Terme. Lui ci saprà dire, parlando anche ai calabresi, quanto bella e quanto importante sia ancora questa grande Città. Per se stessa e per l’intera sua terra madre, la nostra. La Calabria.

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