di SERGIO DRAGONE
Provate ad immaginare Roma senza la stazione Termini. O Milano senza la sua stazione centrale. O Torino senza Porta Nuova. O, ancora, Napoli senza la sua celebre “Centrale”, divenuta anche il nome di una irripetibile band musicale.
Le stazioni ferroviarie sono il luogo deputato del movimento, dello scambio, dell’economia e perfino della cultura. Sono autentici monumenti della civiltà oltre che straordinari attrattori di interessi più svariati. Anche nelle Città più piccole e provinciali, le stazioni svolgono la stessa e insostituibile funzione.
A meno di tre chilometri da una stazione, ci ricorda RFI, vive e lavora oltre metà degli italiani, c’è la quasi totalità degli atenei e dei dipartimenti universitari, una variegata concentrazione di servizi e imprese, monumenti e spazi per la salute, la cultura, lo svago e lo sport. Più di un quinto della popolazione italiana vive o lavora ad appena 15 minuti a piedi dalle principali stazioni.
Ecco perché la “santa battaglia” per il recupero della vecchia stazione di Catanzaro Sala rappresenta, al di là degli elementi nostalgici, uno dei nodi nevralgici per una possibile (e niente affatto facile) rinascita di un Capoluogo al crepuscolo.
Non serve a nulla recriminare sulle scelte operate, a suo tempo, dalle Ferrovie dello Stato, dai Ministeri e dal Comune. La storia ha già emesso i suoi verdetti.
E’ più utile concentrarsi sulla sfida odierna, quella cioè di dotare la Città di una “sua” stazione, un terminal moderno e polifunzionale ben collegato al centro storico, in grado di raccordarsi alle due tratte ferroviarie principali (la tirrenica e la jonica) e al sistema metropolitano di superfice.
Se non sanerà questa ferita, Catanzaro avrà serie difficoltà a risalire la china. Si, perché la stazione non è solo una stazione, è un luogo simbolo identitario della comunità che in tal modo si connette con il resto del Paese e, perché no?, d’Europa.
Catanzaro ha bisogno vitale di una “sua” stazione, che sia anche un monumento ed un contenitore di attività. In tutta Italia, il restyling delle stazioni grandi, medie e piccole si gioca tutta sulla intermodalità e sulla polifunzionalità. Nella stazione ci deve essere possibilità di interscambio di mobilità sostenibile, ma serve anche un sistema smart che accolga i fruitori.
Una stazione che permetta ad un passeggero, sia esso un uomo d’affari, un professore universitario, uno studente o un artista, di penetrare fino al cuore della Città, senza la mediazione e l’assillo dell’interscambio treno/auto/taxi che si verifica a Lamezia Terme-Sant’Eufemia.
La strada è in salita, non c’è dubbio. Mettere attorno ad un tavolo RFI, Ministero delle infrastrutture, Regione, Comune non sarà semplice. Saranno frapposti mille ostacoli: i costi, le risorse da reperire, l’inserimento della nuova/vecchia stazione all’interno dell’attuale rete, il rischio di duplicazione con la metropolitana di superficie.
Ma vale la pena di tentare. Se la politica è stata debole e incerta anche nel raccogliere il grido di dolore che veniva dalle associazioni pro-stazione, nei prossimi mesi e nei prossimi anni si potranno aprire prospettive nuove, recuperando gravi ritardi, sottovalutazioni e analisi superficiali.
Il primo passo non può che essere uno studio di fattibilità, a cui fare seguire una progettazione innovativa sotto il profilo tecnologico. Catanzaro Sala potrebbe diventare un piccolo gioiello della rete ferroviaria italiana, una stazione autosufficiente dal punto di vista energetico, dotata di sofisticati software e interconnessa al centro con scale mobili e funicolare. Esiste naturalmente il problema, non semplice, di rivedere il tracciato fino a Settingiano, raccordandolo con quello della metropolitana. Ma al giorno d’oggi nulla è impossibile. Vedremo chi raccoglierà sul serio questa sfida.
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