di AURELIO FULCINITI
Il concetto secondo il quale un candidato a sindaco può ritenersi garante presso i cittadini nei confronti di ogni singolo componente delle liste della propria coalizione, in virtù della sua storia personale e dei suoi valori democratici, umani e morali, è sicuramente importante e significativo. Assumersi una così solida responsabilità con una “grosse koalition” composita e frammista è certamente un intento piuttosto ambizioso. E lo è soprattutto con liste in cui è possibile trovare di tutto e con l’eventualità non campata in aria di un dissenso interno sempre in agguato, vista la volubilità e l’ipersensibilità politica e d’interessi di parecchi noti aspiranti consiglieri. Certo, le forze in campo offrono la possibilità di un ricambio generazionale o almeno politico ed istituzionale, ma è la percentuale di “mancato ricambio” che interessa o inquieta, a seconda del punto di osservazione.
L’autorevolezza di un candidato a sindaco sta soprattutto nella personalità, nel tasso di carisma e nella capacità di non lasciarsi condizionare. E se andiamo a vedere i candidati a sindaco con più liste ne troviamo due che ne hanno lo stesso numero, vale a dire cinque, ma con una forte coesione di intenti e un’accurata scelta dei candidati, anche laddove gli appoggi sono importanti. La forza dei programmi in certi casi conta più della “grosse koalition”, ma anche un numero di liste coese e non troppo ingombranti numericamente - e non solo - fa il resto.
Però un punto di perplessità rimane, soprattutto quando le liste sono molto più numerose ed hanno impostazioni di diversa estrazione politica, oltre ad una variegata storia personale dei candidati. In questi casi essere garanti è decisamente scomodo. E ci si chiede: quale metodo sarà operato per tenere unito un insieme così vario? Il leaderismo urge di autorevolezza ma anche di proposte, e però molto dipende anche dalla qualità di chi si pone sotto la guida del candidato a sindaco che si prepara ad amministrare e a guidare il gruppo, o squadra, o Consiglio comunale che dir si voglia.
A parte le buone intenzioni, i contadini utilizzavano il metodo del bastone e della carota. Ma quando a qualcuno potrebbe venire in mente di utilizzarlo metaforicamente anche con le persone, ci giunge spontanea la risposta del commissario Montalbano in “Il ladro di merendine”: “Anche mio nonno diceva la stessa cosa, però si riferiva solo all’asino”. La riuscita è incerta, ma lo è ancora di più il metodo, in alcuni casi.
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