di MARIA GRAZIA LEO
Sono trascorsi pochissimi giorni dallo svolgimento delle elezioni politiche in Italia e finalmente possiamo dire che si sono spenti i riflettori su una campagna elettorale che ha accompagnato non in modo bello o entusiasmante gli italiani al voto di domenica 25 settembre. A dimostrazione di ciò parlano i numeri, che attestano una partecipazione alle urne di circa il 64% degli aventi diritto e certificano contemporaneamente un forte astensionismo che spetterà agli analisti decifrare ed inquadrare meglio come si articola geograficamente, quale fascia di età abbraccia di più, da cosa scaturisce e perché. A noi basta evidenziare, per intuito, che già di per sé una probabile motivazione la si possa evincere dai toni usati in questi giorni di propaganda elettorale e di confronti tra i protagonisti politici -a dire il vero pochissimi a tu per tu, molti di rimando e di riflesso a distanza-. Non sono stati i toni che ci eravamo auspicati e che avevamo suggerito in una precedente riflessione, cioè quello di usare un timbro moderato, modi riflessivi, una comunicazione pacata che aiutasse gli elettori a conoscere e capire bene i programmi e le diverse linee politiche.
Nulla di tutto questo è avvenuto, se non per sommi capi, in singoli casi e grazie allo stile di alcuni esponenti politici. Si è preferito in generale più alzare la voce, “denigrare politicamente” l’avversario, screditarlo sulle cose fatte o non fatte nel passato o nel presente oppure disconoscerle- con disinvoltura- nonostante magari le si abbia decise e approvate- insieme-nella stessa maggioranza di governo; si è optata la strategia politica del creare, paventare allarmismi democratici sulla tenuta della Costituzione e di riflesso delle sue istituzioni, alimentare rischi di un eventuale allontanamento dalle regole, dai principi, dai valori europei e dalle alleanze atlantiche piuttosto che rassicurare, adottare un dialogo a distanza costruttivo, serio, responsabile pur nelle differenze ideologiche esistenti, con alla base l’obiettivo primario: il bene del Paese, la soluzione dei problemi contingenti più gravi, più urgenti come il caro bollette, la fornitura del gas, l’inflazione crescente, i redditi e le pensioni bassi persistenti, il rischio di chiusura delle piccole imprese e quindi perdita di posti di lavoro e riduzione della produzione dovute alla crisi energetica, frutto di una guerra insensata allo Stato sovrano dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, senza dimenticare ancora il problema sanitario della pandemia che per fortuna sta diminuendo ma che nella veste invernale potrebbe risalire, avendo tolto tutte le restrizioni esistenti.
Di fronte queste emergenze ci si sarebbe aspettati anche nei giorni della campagna elettorale una risposta forte, consapevole ed univoca da parte di tutte le forze politiche a sostegno di un governo che pur dimissionario avrebbe avuto tutta l’autorevolezza e la credibilità di poter e sapere prendere decisione repentine ed efficaci, senza tergiversare o rinviare il tutto a dopo il 25 settembre. Intorno ad un tavolo- inizialmente proposto dal leader di Azione Calenda e poi con una formula diversa pure dal leader della Lega Matteo Salvini- non ci si è voluti sedere tutti insieme, forse per timore di non presentarsi limpidi, puri e coerenti al cospetto del proprio potenziale elettorato, forse, chissà…ma prima dell’interesse collettivo di una parte, non dimentichiamocelo mai, viene e deve prevalere l’interesse generale dell’Italia. Ed invece siamo ancora qui… a dire che siamo in ritardo, che dobbiamo intervenire presto in seguito al giusto grido di sofferenza- proveniente dalle famiglie e dal tessuto produttivo- che non ce la fanno più a sopportare il peso di questa ulteriore crisi economica e sociale. Dopo questa doverosa, lunga ma sentita premessa torniamo sui nostri passi, relativi ai risultati delle elezioni politiche. Il quadro è ormai chiaro e supportato dalla legge dei numeri, gli italiani hanno assegnato la maggioranza assoluta dei seggi sia alla Camera (237 deputati) che al Senato (112 senatori) alla coalizione del centrodestra (FdI-Lega-Fi-Noi Moderati) con una percentuale intorno al 44% in entrambi i due rami del Parlamento, segue la coalizione del centrosinistra (Pd- Sinistra-Verdi- +Europa- Impegno Civico) con il 26%, il M5S con il 15% circa e il Terzo polo di Azione-Italia viva con il 7% circa. Il primo partito è Fratelli d’Italia che con la sua leader Giorgia Meloni conquista il 26% dei voti e sarà probabilmente designata -pur nel rispetto delle prerogative del Presidente della Repubblica- dalla sua coalizione alla guida del nuovo Governo.
Colpiscono le sue prime dichiarazioni rese a caldo, nella serata della vittoria, ormai certificata; ha affermato che quella di domenica 25 settembre è, e rimarrà una notte di ricordi, di orgoglio, di riscatto, di lacrime, di abbracci per l’importanza storica del successo raggiunto ma che non dovrà essere un punto di arrivo ma di partenza. Ora spetterà a lei, a tutto il gruppo dirigente di Fdi dimostrare operativamente da Palazzo Chigi, il proprio valore, la responsabilità degli impegni presi verso il paese, il rispetto delle istituzioni democratiche e della sua Costituzione, delle alleanze, dei patti internazionali, dell’ancoraggio al mondo occidentale, l’amore per la Patria tanto spesso ripetuto, ribadito, spiegato e circoscritto durante la campagna elettorale e non solo. Ci appresteremo con curiosità- quindi- e osserveremo con attenzione e saggezza, in ossequio alle regole democratiche, con la Legge fondamentale dello Stato in mano come il nuovo Presidente del Consiglio valuterà il 28 ottobre del 2022 e cosa dichiarerà in merito ai 100 anni della marcia su Roma e dell’avvento del fascismo in Italia e ancor di più di come omaggerà il 25 aprile giornata della Liberazione da quel ventennio del pensiero unico, di violenza e soprusi, di privilegi, di privazione di diritti e libertà, di razzismo professato ed attuato. Una parola più chiara, più convincente e definitiva da chi si sente erede di quella storia (nel simbolo di FdI arde ancora la fiamma del Msi) -pur non essendo nata in quel periodo- e che diventerà premier del nostro governo repubblicano, credo spetti doverosamente a tutti noi. Occorre segnare definitivamente uno spartiacque, con una presa di posizione netta da un passato che ad oggi - in alcuni casi - resta ambigua. Pertanto resteremo vigili ma altrettanto fiduciosi. Per il resto la Meloni ha tutta la legittimità di governare, attuando il suo programma d’intesa con i suoi alleati, rispettando la volontà ed i tempi parlamentari nelle decisioni da prendere, ascoltando anche le istanze e le eventuali proposte costruttive che le verranno presentate dalle forze politiche di minoranza.
Certamente la carica, l’entusiasmo, la passione non le mancano, se a conclusione del breve ringraziamento ha citato San Francesco (qualche storico sostiene che è una frase che San Francesco non abbia mai pronunciato ma in realtà ci risulta riportata spesso ed evocata nelle citazioni, nel corso degli anni) “Cominciate col fare il necessario, poi ciò che è possibile e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”. Un buon viatico per vedere e affrontare con semplicità e coraggio ciò che appare complicato…vedremo nei giorni a venire se ci sarà all’orizzonte il principio di un sogno che renda più accettabile e vivibile sul piano razionale una realtà – allo stato- difficile da gestire e affrontare con serenità e lucidità da parte dei cittadini e delle istituzioni. Ora un breve flash di considerazioni sugli altri competitor elettorali. Il naufragio della coalizione del centrosinistra è sotto gli occhi di tutti ed è inutile ritornarci sopra; ciò su cui ci soffermiamo un attimo è la debacle del principale partito di riferimento, il Partito Democratico. Parafrasando un titolo di una canzone di Riccardo Cocciante…non si può anche in questo caso che affermare…” Era già tutto previsto…” Da questo spazio di riflessione lo avevamo ben messo in conto - in un precedente articolo- con un misto di realismo e modestia politica che il Pd sarebbe andato incontro ad una sonora sconfitta e che si sarebbero velocemente aperte -dopo il risultato dell’esito elettorale- le porte di un congresso anticipato e di una profonda analisi, discussione e verifica di cosa non ha funzionato e di tutti gli errori e le mosse sbagliate del suo segretario Enrico Letta e di tutto il gruppo dirigente che lo ha appoggiato. Letta nella conferenza stampa post voto, oltre che annunciare de facto le sue dimissioni, non ricandidandosi al prossimo Congresso ha parlato del 25 settembre come di un giorno triste per l’Italia e per l’Europa, ma forse voleva dire che lo era per il Pd, perché da una persona sobria e perbene, che comunque sì è assunto la responsabilità politica della sconfitta, asserire quel pensiero è stato un atto indelicato, di mancanza di rispetto verso quei cittadini italiani che liberamente e democraticamente hanno voluto concorrere con serenità e consapevolezza - perché mossi da ideali, desideri sicuramente diversi da quelli del segretario Dem- nel rendere positivo e festoso quel giorno, almeno per una parte dell’Italia. Sulla confusione nel cielo dei democratici e sul loro momento difficile che stanno attraversando non ci ritorneremo su, perché non vogliamo cospargere ancora di più sale sulle ferite. L’unica cosa che auspichiamo e consigliamo loro sommessamente - per non disperdere storicamente quel patrimonio di valori riformisti tipici di una sinistra liberal, moderna acquisiti al momento della sua nascita – nel 2007- sulla scia tracciata al Lingotto dal suo primo leader e segretario Walter Veltroni- è quella di fare un vero e profondo bagno di umiltà alla ricerca della propria identità.
Capire chi e cosa essere, dove si vuole andare, come andare e poi con chi eventualmente andare. Restare un partito né carne e né pesce, vivere e scontrarsi quotidianamente nel proprio interno, agire in un limbo tra chi -nella stessa casa- propende a salvaguardare lo spirito riformista e chi propende a fare un salto indietro verso una sinistra radicale o socialdemocratica stile ’900, con un’alleanza che magari si allarga al M5S di Conte non è un bello spettacolo dinnanzi al proprio elettorato, alla sua base, ai suoi militanti che sono l’anima e l’ossatura ancora funzionante sul piano organizzativo di questo partito ma soprattutto è un continuo farsi del male… e a che pro, ci chiediamo? Meglio quindi scegliere bene -una volta per tutte- anche dividendosi con le sofferenze del caso e messe in conto, certo… ma decidere, decidere senza tentennamenti e fare presto senza allungare il percorso congressuale, altrimenti quel 18/19% continuerà la sua erosione senza argine e senza margini di ripresa.
Sul Movimento 5 stelle che cosa dire, abbiamo sbagliato le previsioni sul risultato ad una sola cifra e ce ne scusiamo ma poi a guardar meglio i voti si sono dimezzati fortemente, da quel lontano 32% delle politiche del 2018 e a pensar bene quel 15% dei voti attuali, più che essere stato ottenuto per un effetto domino, è stato il frutto di un effetto reddito, Reddito di cittadinanza intendiamo dire che nel Sud è stato sventolato, difeso e rivendicato a mani basse dal suo Presidente Conte che è diventato il Lauro del XXI secolo. Basti osservare i risultati oscillanti tra il 30- 40%, se non oltre in molte periferie- conseguiti in Campania, Puglia, Calabria, Sicilia. Sul Terzo polo di Azione/Italia viva non abbiamo assistito allo sfondamento del 10% come Calenda e Renzi desideravano e puntavano ma certamente non possiamo che riscontrare, visto che la lista è nata ad un mese circa dalle elezioni, un buon risultato di partenza quel 7/8 %.
E se vediamo i risultati sopra le due cifre riscontrati al Nord nelle grandi città, e che Azione/Italia Viva è il partito più votato tra i ragazzi e le ragazze dai 18 ai 24 anni è un segnale di incoraggiamento a proseguire con entusiasmo, speranza e coerenza verso la strada intrapresa. Lo spirito repubblicano, liberal democratico e riformista che emerge da questo nuova alleanza politica potrà sicuramente essere forza attrattiva di una buona fetta di quell’elettorato democratico o di centrosinistra attuale, che dopo gli esiti congressuali si ritroverà smarrito o deluso dalle scelte prese e dalla nuova linea politica adottata dal Pd; chissà… per ora consideriamo -ponderatamente- il nostro pensiero una semplice chimera. Ai protagonisti degli eventi e della storia politica il compito di tesser filo buono per risultati migliori, efficaci e soddisfacenti per tutti i ceti sociali che costituiscono il gomitolo portante e il cuore pulsante della Nazione.
A noi il semplice compito di raccontare, interpretare, spiegare senza però mai smettere di far sognare, perché la politica è visione, è passione e non si fa con i risentimenti ma con i sentimenti ed una piccola, giusta/essenziale dose di pragmatismo.
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