Emergenza carceraria, le proposte del Garante comunale di Catanzaro

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Luciano Giacobbe
  18 maggio 2024 10:48

"A due mesi dalle dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (“sui suicidi in carcere servono interventi urgenti”) ancora non si sono viste concrete azioni volte a contrastare e prevenire l’allarmante fenomeno. Ad oggi i suicidi in carcere sono stati 35 e nei prossimi mesi si rischia di superare il triste record raggiunto nel 2022  (90 suicidi). La Conferenza nazionale dei Garanti territoriali ha per questo indetto una seconda giornata d’iniziative di denuncia e sensibilizzazione. Con amarezza e grande preoccupazione i Garanti territoriali si trovano a constatare l’indifferenza della politica rispetto all’acuirsi dello stato di sofferenza dei detenuti, rispetto al peggioramento delle condizioni di vivibilità nelle carceri italiane che, lungi dal consentire “quell’inveramento del volto costituzionale della pena”, continuano a tradire i basilari principi costituzionali, europei e internazionali, su cui regge lo Stato di diritto e a umiliare, quotidianamente, la dignità umana delle persone ristrette".

Il Garante comunale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale di Catanzaro, Luciano Giacobbe chiede soluzioni giuridiche immediate sia alla politica attraverso provvedimenti che riducano il sovraffollamento sia all’Amministrazione Penitenziaria attraverso provvedimenti che migliorino le condizioni di vita dentro le carceri. Alla società civile si chiede invece una sensibilità che superi la visione carcero centrica. A fronte delle criticità emerse, si avanzano le seguenti proposte.

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Adottare misure deflattive straordinarie per ridurre il sovraffollamento degli Istituti detentivi (la popolazione attualmente reclusa supera del 30% la capienza massima delle nostre carceri), per esempio sostenendo la PDL avanzata dall’on. Giachetti che, senza ricorrere ad indulti, consentirebbe di anticipare il ritorno in libertà per quanti, avendo residui di pena irrisori, abbiano fatto un buon percorso detentivo mantenendo comportamenti corretti e collaborativi.

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Aumentare le telefonate e le videochiamate, soprattutto in casi specifici, perché questo rappresenta un ulteriore modo per tutelare l’intimità degli affetti dei detenuti. Inoltre, occorre che la Magistratura di Sorveglianza si impegni ad aumentare i giorni di permesso premio per i ristretti.

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Risulta di importanza fondamentale il tema dell’affettività in carcere delle persone detenute e del diritto a colloqui riservati e intimi (senza controllo visivo).

"Per questo bisogna dare attuazione in tempi stretti a quanto riconosciuto e disposto nella sentenza 10/2024 della Corte costituzionale, rendendo finalmente possibili rapporti affettivi e intimi fra reclusi e congiunti, come già avviene nella maggior parte dei paesi europei. A riguardo si sottolinea che, ancora oggi, né in via amministrativa né in via legislativa si è inteso prendere posizione sulla citata sentenza della Corte costituzionale in tema di tutela del diritto all’affettività. Limitare al minimo l’isolamento e la chiusura delle celle, riaprendo gli spazi sociali nelle sezioni quando ciò è possibile. Creare maggiori supporti terapeutici e psicologici per chi si trova in condizioni critiche o di forte malessere personale. Una parte di queste misure si potrebbe prendere subito e senza aggravio di spesa: sarebbe un primo passo, un segnale di attenzione verso i molti che, dentro al carcere, perdono ogni prospettiva per il futuro e rischiano di cadere nella disperazione".

In assenza delle rapide iniziative concrete raccomandate dal Presidente Mattarella si rischia invece di andare incontro ad un aggravamento della situazione, che porterà inevitabilmente ad un secondo richiamo della Corte Europea dei Diritti Umani, dopo quello del 2013, quando la CEDU sanzionò l’Italia per trattamenti inumani e tortura riscontrando la mancanza degli spazi minimi di vivibilità nel carcere (3 metri quadri per persona). Anche i detenuti sono persone. Agiamo finché siamo in tempo. Indignarsi, dunque, non basta più. Serve praticare l’impegno e tradurlo in soluzioni giuridiche immediate per ridare a più di 60 mila persone speranza e dignità, quelle che, oggi, l’inerzia del Legislatore sta svilendo. Solo così, come Papa Francesco ha recentemente auspicato, “il carcere può diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è “messa in isolamento”, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità”. È ora il tempo di agire, nella speranza che, questo ora, non sia già troppo tardi. 

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