"Siamo proprio sicuri che le televisioni locali, seppur piccole, non svolgano un ruolo fondamentale nell’informare e veicolare contenuto. Non ci rendiamo conto del ruolo primario che hanno all’interno del mondo dell’informazione ma soprattutto nell’organizzazione sociale del vivere quotidiano. Si va verso la chiusura delle realtà televisive locali. Fatto grave che comporterebbe oltre al danno anche alla beffa. Si parla, infatti, di oltre 6000 lavoratori (Giornalisti Cameraman, Tecnici) del settore che da un giorno all’altro si troverebbero in mezzo alla strada, cosa più grave tagliare la voce alle piccole realtà, ai più deboli, a coloro i quali non hanno alcun altro modo di poter far conoscere fatti e vicende di ogni singolo territorio. Le emittenti televisive locali rischiano la chiusura. E questo bisogna evitarlo a ogni costo. Non possiamo permetterci di disperdere un patrimonio culturale e sociale di questa portata".
E' quanto si legge in una nota di Giuseppe Nunziato Belcastro e Giuseppe Di Salvo, Federazione dei Gruppi del M5S, Attivisti M5S Calabria. "Le televisioni locali - proseguono - rappresentano sul territorio quelle sentinelle di cui si ha sempre più bisogno. Mentre la Rai continua ad assottigliare spazi d’informazione proprio a livello locale, queste televisioni rappresentano un punto di riferimento indispensabile per le comunità locali e per i loro bisogni. Un'esperienza che non deve interrompersi oggi che c'è sempre più bisogno di spazi d’informazione liberi, di punti di ascolto per i bisogni dei cittadini e di occasioni di confronto dove poter discutere dei problemi quotidiani della gente, ma dare alle amministrazioni alle forze politiche ‘spazi’ di libertà espressiva".
"La probabile chiusura si basa sostanzialmente su tre punti. Prima di tutto la mancanza delle frequenze necessarie per continuare la prosecuzione dell'attività editoriale, - si legge ancora - ma tutto potrebbe risolversi se il Mise e l'Agcom trovassero un accordo che è certamente possibile per evitare anche un disastro occupazionale per oltre 6mila addetti tra i quali almeno mille giornalisti. La seconda ragione è quella del costo del fitto da versare allo Stato, oltre 70mila euro che pesano in maniera enorme su piccoli bilanci di queste emittenti. E per ultimo, ma non certo per importanza, la distribuzione dei finanziamenti previsti dal Fondo per il pluralismo dell'informazione e nuove tecnologie che assegnano oltre l'80 per cento ai grandi network nazionali che negli ultimi sette anni hanno incassato circa 770 milioni di euro lasciando alle piccole emittenti solo le briciole".
"Il modo per risolvere la vicenda c’è basta far prevalere il buonsenso. Questa è una battaglia per lasciare aperti liberi spazi d’informazione, di cultura e di dibattito. Dare opportunità ai Sindaci ai partiti ,a chiunque vuole liberamente dare segno al proprio disagio o prevaricazione; offrire spazi e strumenti per informare e creare un opinione pubblica libera da pressioni e lobby di potere. Il nostro paese è una nazione democratica e ognuno di noi ha diritto di parola e l’informazione ( art. 21 della Costituzione) deve essere libera e non soggetta a controllo. Non si può stare in silenzio, girandosi dall’altra parte facendo gli indifferenti , - concludono - davanti alla scelta scellerata di chiudere le tv locali, così mettendo a tacere i più piccoli. Così si tapperebbe la bocca a chi rappresenta una minoranza, ed in questi anni ha lavorato incessantemente per garantire pluralismo di informazione. Viva l’informazione libera".
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