di ENNIO CURCIO
La facoltà di medicina anche all'università di Cosenza. E noi, a Catanzaro, stiamo ancora a parlare del costruendo pontile per i pedoni, nel quartiere lido.
Una visione miope, "lillipuziana", della città che si compiace dell'ordinario, quasi fossero cose eccezionali.
Ed intanto altrove programmano il futuro, quello vero.
Noi ci interroghiamo invece, se aprire o chiudere l'unica via carrabile della città, l'elegante corso Mazzini e, in modo del tutto autoreferenziale, pensiamo che qualche centinaia di persone che passeggiano nel deserto commerciale e nell'assenza di servizi di sostegno alla viabilità, siano la prova di una rinascita della città storica.
Non discutiamo, per esempio, di un nuovo piano commerciale che cambi quello esistente, che è anche illegittimo e che privilegia i centri commerciali, a scapito proprio del centro storico.
Ci indignamo se Cosenza ottiene la facoltà di medicina, ma non parliamo di come il nostro ateneo non abbia mai fornito un fondamentale servizio al territorio, non avendo attivato il pronto soccorso, nonostante le grandi professionalità mediche operanti nell'ateneo catanzarese.
Non siamo stati "spogliati" di un ateneo, ci siamo invece adagiati sugli "allori" e la colpa è solo nostra.
Gridare allo scandalo, anche se comprensibile, è inutile e vano anche perché a governare la regione, che ha giá espresso parere favorevole, c'è un politico "sensibile" alla richieste del "suo" territorio. Ma questa è una "vecchia" storia che risale a Mancini e Misasi, purtroppo mai cambiata.
Occorrerebbe invece, riprendere la strada del confronto e del dialogo, uscendo dalle quattro mura cittadine e porgersi, autorevolmente, quali promotori di un asse centrale della Calabria, che da Crotone sino a Vibo, faccia di Catanzaro la cerniera dello sviluppo di questa area centrale.
Naturalmente però, prima di questo, bisogna recuperare il ruolo della politica, del dialogo e del confronto, anche pubblico, nella città di Catanzaro, oggi assente e polarizzato su tifosi o avversari.
Lasciamo queste passioni per la nostra amata squadra di calcio e recuperiamo invece il dialogo e la programmazione.
Solo così potremmo essere fieri di ciò che faremo, anziché indignarci per quello che fanno gli altri.
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