Ennio Curcio: "Università di Medicina, è l'ora di contarci"

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L'avvocato Ennio Curcio
  08 gennaio 2023 10:07

di ENNIO CURCIO

 

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Tra qualche giorno, il consiglio comunale di Catanzaro, si riunirà  per discutere pubblicamente della nuova istituzione della facoltà di medicina all'università di Cosenza.

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Sarà prevalentemente un gesto politico e simbolico, poiché ormai i "giochi" sono stati fatti.

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Una città  che protesta, scendendo democraticamente in piazza, sarebbe un bel segnale per tutta la regione e servirebbe a  tracciare anche una linea netta di demarcazione, con un certo modo di fare politica a Catanzaro.

Se il capoluogo di Regione ha votato massicciamente, addirittura più della "sua" Cosenza, il presidente Occhiuto, che è l'ultimo  "regista" di quanto accaduto, un motivo ci sarà stato !

Se Catanzaro ha una sparuta minoranza di consiglieri regionali, in senso stretto uno solo e, per contiguità territoriale, un altro soltanto che è di Soverato, significa che la classe dirigente di questa città, al di là dei proclami "campanilistici" e "populisti", è stata incapace di fare "squadra" e di essere "guida".

Si scenda in corteo per le vie della città consapevoli tutti, che bisogna cambiare "registro", perché ciò che governa gli equilibri regionali è, innanzitutto, la forza della ragione e, soltanto dopo, la ricerca di un consenso politico allargato, in grado di creare alleanze su temi generali e non su interessi settoriali e personali.

Un tempo Catanzaro era la guida politica, anche se non economica della regione.

Aveva altri uomini politici, aveva un'altra coscienza sociale.

La politica è equilibrio di forza e ragionevolezza.

Due "paradigmi" che si raggiungono solo se si accetta il confronto, senza quelle piccole astuzie ed ipocrisie che tanto imperano nella nostra Catanzaro e che, tanto per usare una metafora calcistica, non ci fanno più "toccare palla" a livello regionale.

Rifondiamola, iniziando a scendere in piazza, puntando sulla qualità della classe dirigente che pur presente in città è ancora, per buona parte, confinata ai margini della vita pubblica, perché qui, da noi, tutto è una questione di "tifoseria" che va bene per lo stadio, ma non certo per vincere la "partita" delle istituzioni.

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