Errori giudiziari, la storia di Angelo Massaro per 21 anni in carcere da innocente

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Angelo Massaro in una foto di scena con il professor Andrea Porciello (tutte le foto sono di ERRORIGIUDIZIARI.COM)

Il suo caso, riaperto a Catanzaro solo nel 2012 dopo una lunga battaglia da parte degli avvocati difensori Salvatore Staiano e Salvatore Maggio, diventa un docufilm che verrà presentato a Milano in anteprima mondiale domenica 18 settembre

  11 settembre 2022 13:20

di TERESA ALOI

“La cura per ogni cosa è l'acqua salata: sudore, lacrime, o il mare” scriveva Karen Blixen. E sudore e lacrime Angelo Massaro, in cella per 21 anni da innocente, ne ha versate tante. Nel mare, si è tuffato poche ore dopo la sua assoluzione. Come se le acque cristalline di Catanzaro lido bastassero per cancellare 21 anni di vita "non vissuta".

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Il suo caso - assolto dopo una condanna per omicidio e  21 anni di carcere,  incastrato da una intercettazione telefonica trascritta male e interpretata peggio - oggi diventa un docufilm dal titolo "Peso morto", prodotto dall'associazione  Errorigiudiziari.com. dei  giornalisti  Benedetto Lattanzi  e  Valentino  Maimone, che verrà presentato in anteprima mondiale domenica 18 settembre, alle ore 16.25, in occasione dell'8° festival internazionale del documentario "Visioni dal mondo" di Milano, dov'è stato selezionato in concorso.

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Uno dei più gravi errori giudiziari della storia italiana, il suo. Arrestato, processato e condannato per tre gradi di giudizio per un reato che non ha mai commesso: l’omicidio di un suo amico, il suo più caro amico, il 22 ottobre 1995, avvenuto in Puglia. Poi, dopo aver ottenuto la revisione del processo, i giudici di Catanzaro lo hanno riconosciuto innocente.

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Aveva solo 29 anni  quando quella mattina i carabinieri bussarono alla sua porta: era il 15 maggio '96. Per una telefonata mal interpretata dagli inquirenti. Per una consonante: gli investigatori che lo hanno intercettato hanno appuntato “muert“, che in pugliese vuol dire morto, al posto di “muers“,  oggetto ingombrante. Una consonante: una t per una s.

Da allora e per 21 anni Angelo si è sempre battuto per la sua innocenza. Le giornate in carcere le trascorreva pensando ad un unico obiettivo: far valere le sue ragioni. "La mattina - racconta - mi alzavo con quel pensiero e la sera mi addormentavo con lo stesso pensiero". 

Nel carcere di Catanzaro Angelo arriva nel 2012 e ci resterà fino al 2017. Di celle ne ha girate parecchio. "Spesso venivo allontanato perché non accettavo la mia condanna ed ero un elemento di disturbo. Il ministero della Giustizia mi ha sempre considerato pericoloso, mi hanno ritenuto insofferente nei confronti delle regole penitenziarie”. 

Ed è proprio a Catanzaro  che finisce il suo caso, riaperto solo nel 2012, dopo una lunga battaglia da parte dei suoi legali, Salvatore Staiano e Salvatore Maggio. La Corte d’appello di Potenza aveva infatti negato la revisione del processo, concessa dalla Cassazione solo nel 2015.  Ed è a Catanzaro che,  in carcere, inizia  a studiare Giurisprudenza, arrivando a scriversi da solo l’istanza di revisione.  "Mi manca qualche esame - racconta Angelo - e compatibilmente con il mio lavoro spero di laurearmi presto". L'assoluzione, per lui arriva prima dell'esame di laurea.


Don Giorgio Pilò, cappellano del carcere, e Angelo Massaro in una pausa delle riprese di "Peso morto"


Una foto di scena con il dottor Claudio Gagliardi, lo psicologo del carcere

Assoluzione: una parola che per 21 anni ha riempito la testa e il cuore di Angelo, strappato alla sua famiglia. Da innocente e con un'accusa che lui non avrebbe potuto tollerare.    

"Quando ho sentito pronunciare quella parola  ho pianto: sono andato dal pubblico ministero che mi ha detto di non aver fatto altro che rendere  giustizia ad un giustizia che non  era  stata resa. Io non ho mai perso la fiducia nella magistratura e lì ho capito che non mi sbagliavo".   

Era il 22 febbraio del 2017. Nel quartiere marinaro di Catanzaro faceva freddo. Ma non tanto  da impedire ad Angelo di tuffarsi a mare. Quel mare che, dopo la sua famiglia, per lui tarantino, è stata la cosa che gli è mancata di più in quei 21 anni in carcere. Da innocente. 

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