"Ester, la principessa di Marina": Franco Cimino ricorda Ester Pulega, la professoressa bella

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Ester Pulega

  06 dicembre 2025 20:58

di FRANCO CIMINO

Ma allora si muore davvero? La morte c'è? E come e dove, se quella delle guerre che esorcizziamo, la rimuoviamo dai nostri pensieri, assuefacendoci alle immagini tragiche che arrivano da tutte le televisioni? Quindi la morte c'è, e non riguarda soltanto i vecchi, che hanno consumato tutte le loro energie e vissuto intensamente e lungamente, come dovrebbe essere diritto di ogni vita. No, si muore anche giovane, e nel pieno della propria esistenza. Quando si è intenti anche a ripensare la propria vita, si progetta un futuro, che ci e si rassicuri sulle grandi fatiche e sulle ansie intense provate durante la crescita dei nostri figli. E si può morire quando, avendo fatto pienamente il proprio dovere, ci si ritiene degni di lasciare un lavoro che non avresti mai lasciato, nonostante fossero passati quarant'anni pieni su di esso, in particolare se quel lavoro è dell'insegnante?

Quarant'anni in cattedra, ci pensate? Ogni giorno, ogni anno, nei quali ci si dimentica di non star bene, di avere qualche problema e qualche preoccupazione di ordine personale. Di essere stanchi. Di quella stanchezza, che quel lavoro comporta, specialmente se l'hai scelto tra i tanti che avresti potuto fare. E per averlo svolto con passione, con devozione nei confronti delle istituzioni. E con amore verso coloro cui le tue fatiche sono dedicate.

La scuola è quella istituzione, Tempio sacro non solo del sapere, ma di quella religiosità laica che la trasmissione del sapere, attraverso i propri saperi, quelli del docente, rende fertile e riproduttiva. E nuovo sapere crea. E dal basso, in quella nuova pedagogia del "maestro" che insegna imparando e degli alunni che imparano insegnando. La Scuola tutto questo lo fa se trova docenti in grado di fare la Scuola. Questa Scuola. Bella. Buona. Magnifica. Laboratorio di vita tra i più belli, se non il più bello e utile, insegna formando. Accoglie menti e persone in itinere, e le riconsegna alla società uomini e donne formati in coscienza e in conoscenza. Cittadini liberi. Padri e madri anch'essi formatori di libere menti e di libere sensibilità.

Oggi questa società e questa scuola perdono una delle più belle sue personalità. Una donna bellissima. Una docente rigorosa e seria, preparata e attenta. Sempre in servizio. Mai a distrarsi o ad allentare volontà e tensione. Mai paga della sua stessa capacità, pure già alta. Sempre a studiare. E le lezioni da preparare per il giorno dopo e per accrescere cultura in generale. Oppure, per migliorare il metodo d'insegnamento, aggiornandolo per stare al passo con le trasformazioni sociali e con le evoluzioni della tecnica. In particolare, le tecnologie maneggiate disinvoltamente dai ragazzi e che se non sapute accompagnare, potrebbero danneggiare il processo d'apprendimento e le stesse sensibilità degli studenti.

Ester Pulega non c'è più. La notizia ci è arrivata da Roma, dove con il suo Antonio si era trasferita per stare più vicino ai loro Claudia e Dario. È arrivata come un fulmine. All'improvviso. Ed è stata per tutti un dolore devastante. Parenti, amici, conoscenti, colleghi (e quanti in questi quarant'anni!) e alunni (una folla tra quelli appena lasciati e i tanti oggi professionisti e padri e madri!), a piangerla con sentimenti sinceri.

Già pronti tutti. Anche quelli della nostalgia dei tanti che l'hanno vista crescere in questa Marina, tanto da lei amata. Possiamo dirlo, senza scadere nella retorica e in quella cerimonia di paese che svuota di significato le parole. Sì, possiamo dirlo. Ester, è stata anche per quella sua bellezza particolare, mista ad un'eleganza tutta sua, unita anche ad un'educazione familiare tradizionale e a quella sua timidezza per nulla mascherata, un tutt'insieme che le dava quasi un tocco di aristocratico distinguersi.

Sì, possiamo dirlo, una principessa. Ma quando la vedevi, muoversi imperiosa in quella nostra piccola disadorna piazza, la sua di tutti i giorni, non sapevi se danzasse, danzatrice fine, o se guerreggiasse, guerriera disarmata. Aveva le sue tristezze, giungevano da quel giorno lontano, che noi della nostra età, ricordiamo bene. Un giorno in cui prese quel dolore inenarrabile e ne fece forza straordinaria, mutuata da quella di una madre tanto bella e intelligente, tanto fine ed elegante quanto coraggiosa e fiera.

Indossò quella tristezza come un abito di seta, nero della sera delle grandi occasioni, e prese per mano i fratelli per camminare insieme verso la felicità. E sorrideva. Sorrideva sempre, in quella allegrezza che si sentiva quasi come un rumore festoso. E la sentivi arrivare anche da lontano. E ti incoraggiava. Quando ti trovava dispiaciuto o disturbato da qualcosa. A tutti, la parola di incoraggiamento. "Dai non ci pensare, forza! Pensa alle cose belle. La vita è bella." Queste le sue sintetiche espressioni di sostegno.

Una donna bella. Tutta bella. Dagli occhi al cuore. E dal quel sorriso aperto, che dava luce. Alla parola, mai brutta. Mai cattiva. Mai curiosa della vita altrui. Principessa di Marina, lo era davvero. E per una ragione aggiuntiva, amava il mare, anche se la Sila della sua fanciullezza era la montagna preferita, pur se quelle alte delle nevi le conosceva parecchio. Amava il mare, il nostro mare. Quello di Corace, nel lungo tratto che scorre davanti alla piazza.

Negli ultimi anni, quelli dei figli cresciuti e degli amici in comitiva, il mare fu quello di Giovino, ma questo è sempre rimasto il suo. Il mare della bambina che non ha mai smesso di farsi donna. Mai avendo paura di diventarlo dal dolore, perché quella fanciullezza le è rimasta addosso come l'amore di cui ha riempito tutta questa vita.

Oggi è un giorno di lutto per la Scuola e per Marina, che mi verrebbe voglia di dire: "Fermate tutto e chiudete la Scuola e il Quartiere. Che hanno perso una persona speciale, unica! Irripetibile!" Ma lei mi direbbe: "Fra' ma non essere scemo, io sto qua. Resto qua. In tutti i posti in cui sono stata. Resto a scuola. Come sempre." Ed avrebbe ragione. Nessuno se ne va mai per sempre. E le persone grandi come lei, anche se lasciano un vuoto enorme e un dolore immenso, in particolare ai figli, ai fratelli, al suo Antonio, restano.

Ester non andrà mai via da noi. E come potrebbe se passata questa sera, udiremo ancora le sue parole e sentiremo forte la sua risata?! 


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