di EDOARDO CORASANITI
Un’accusa, due imputati, zero condanne. Il Tribunale di Lamezia Terme ha assolto Vincenzo Bonaddio (difeso dagli avvocati Antonio Larussa e Carmine Curatolo) e Vincenzo Grande (difeso dall’avvocato Salvatore Cerra) dall’accusa di estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa .
Il Collegio (presidente Carè, a latere Loscanna e Tallerico) ha assolto Bonaddio e Grande perché il fatto non sussiste.
La Procura Distrettuale Antimafia, rappresenta in aula da Anna Chiara Reale, oggi chiede la condanna a 12 anni di reclusione per Bonaddio e 8 anni per Grande. A loro viene contestata una ipotesi di estorsione in concorso per aver costretto l’imprenditore lametino Michele Amatruda a recedere dalla procedura fallimentare a carico di una società.
Accuse ancora più pesanti perché l’accusa contestava a Bonaddio di far parte della cosca di ‘ndrangheta Giampà.
Secondo la Dda, Grande si sarebbe rivolto a Bonaddio per costringere l'imprenditore a fare un passo indietro nella procedura fallimentare della società in cui era amministratore: una ricostruzione che avrebbe prodotto alla parte offesa un danno di oltre quasi 200mila euro.
Imputazioni però scontrate e smantellate con il processo, con l’accertamento in dibattimento e in contraddittorio tra le parti, fase essenziale e cruciale del nostro sistema processuale: il fatto non sussiste. Manca l’oggettività storica del fatto- reato. Grande e Bonaddio sono innocenti.
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