di EDOARDO CORASANITI
Per la Procura di Catanzaro doveva andare diversamente: il 22 ottobre scorso il pm Debora Rizza invoca 8 condanne per un totale di oltre 100 di carcere. Quando oggi il collegio dei giudici legge la sentenza il risultato è dimezzato: 4 condanne e 35 anni in tutto.
E' il bollettino del processo dal nome in codice "Pietranera". L'accusa: estorsione con modalità mafiosa per 20 anni ai danni di due imprenditori di Badolato, i baroni Lucia ed Ettore Gallelli, zia e nipote.
Secondo l’accusa il capo cosca Vincenzo Gallelli avrebbe imposto, per oltre vent’anni, la ‘guardiania’ sulle proprietà dell’omonima famiglia Gallelli di Badolato, noti come "I baroni", fissando anche le modalità di sfruttamento dei terreni e costringendo, di anno in anno, gli imprenditori a concedere pascolo ed erbaggio a propri familiari, nipoti e pronipoti, impedendo il libero sfruttamento commerciale da parte dei legittimi proprietari.
Tutto fotografato e immortalato nella conferenza stampa del 7 dicembre 2017, quando la Dda guidata da Nicola Gratteri presenta i dettagli dell'operazione con la quale si tentava di ricostruire "il quadro criminale del basso Jonio catanzarese sotto l’influenza della cosca di Guardavalle e quindi Badolato e si è cercato di delineare le figure centrali con vicende che negli anni sfumavano, ma che messe insieme hanno consentito di fare quadrato sulla forza di intimidazione che queste persone hanno esercitato nel territorio”.
Oggi la sentenza che condanna Vincenzo e Antonio Gallelli, Giuseppe Caporale e Francesco La Rocca, mentre assolve Andrea Santillo, Antonio Santillo, Antonio Luciano Papaleo, Giacomo Nisticò. Questo pomeriggio il collegio dei giudici (presidente Tedesco, a latere Flesca e De Simone) riconosce il metodo mafioso, esclude l'agevolazione, e ridimensiona nettamente il teorema accusatorio che tre anni fa porta all'emissione di 7 misure cautelari in carcere.
Lucia ed Ettore Gallelli si sono costituiti parte civile nel processo, difesi dall’avvocato Michele Gigliotti.
Gli imputati sono difesi da Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Domenico Pietragalla, Vincenzo Maiolo Staiano, Marinella Chiarella.
LE ASSOLUZIONI
Andrea Santillo, 1960, detto “Nuzzo”: la Procura aveva chiesto 12 anni e 10mila euro di multa;
Antonio Santillo, 1989: la Procura aveva chiesto 12 anni e 10mila euro di multa;
Antonio Luciano Papaleo, 1966: la Procura aveva chiesto 8 anni e 6 mila euro;
Giacomo Nisticò 1967: la Procura aveva chiesto 9 anni e 7 mila euro di multa;
LE CONDANNE:
Vincenzo Gallelli, 1943, detto “Cenzo Macineju”: 11 anni (la Procura aveva chiesto 18 anni e 1500 euro di multa);
Antonio Gallelli, 1980: 9 anni (la Procura aveva chiesto 15 anni e 12 mila di multa), revocati gli arresti domiciliari;
Francesco Larocca, 1967: 8 anni (la Procura aveva chiesto 12 anni e 15mila di multa), revocati gli arresti domiciliari e interdizione dai pubblici uffici;
Giuseppe Caporale, 1981: 7 anni (la Procura aveva chiesto 15 anni e 12mila euro di multa);
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