di STEFANIA PAPALEO
Estorsioni a imprenditori, traffico di armi e droga e prestiti a tassi usurai nell'ambito di un'associazione a delinquere messa su dal clan “satellite” (rappresentato dalla “famiglia” Martino) che avrebbe approfittato del vuoto 'ndranghetistico lasciato dalla temibile cosca Grande Aracri, affossata dal pentimento del boss Nicolino, per fare il salto di qualità. Accuse pesanti che, alle prime luci del 20 settembre 2024, hanno fatto cadere nella rete della Dda ben 55 persone, tra boss e picciotti del clan, e che oggi hanno tenuto davanti al gup Fabiana Giachetti nei confronti di 18 imputati rinviati a giudizio per il prossimo 16 0ttobre davanti Tribunale di Crotone.
Per gli altri 37 imputati, di cui 35 hanno chiesto e ottenuto di essere giudicati con il rito abbreviato e 1 di patteggiare la pena, l'udienza è stata rinviata al prossimo 7 ottobre, data in cui si ritornerà a discutere dell'operazione "Sahel" portata avanti dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Pasquale Mandolfino.
Fissata per il prossimo 15 luglio l’udienza per BERLINGIERI Massimo (cl. ’77) di Reggio Calabria (difeso dall’avvocato Pierpaolo Panza), la cui posizione è stata oggi stralciata.
Alla sbarra anche il presunto boss detenuto Vito Martino, che si sarebbe imposto a suon di estorsioni e di narcotraffico per colmare il “vuoto di potere” determinato dalla caduta della storica cosca Grande Aracri anche grazie al "bene placit” delle principali cosche del Crotonese, a partire dal “locale” Megna di Papanice di Crotone, rivelandosi capace di riorganizzare dal carcere i propri sodali anche grazie alla leadership della moglie che avrebbe rivestito un ruolo che sarebbe andato ben al di là di quello del semplice portaordini, gestendo in prima persona le attività estorsive contro imprenditori e commercianti e occupandosi della raccolta dei guadagni provenienti dal traffico di stupefacenti. Dalla sua cella, dunque, il nuovo boss avrebbe utilizzato i colloqui con i familiari, sia di persona che tramite videochiamate, per impartire ordini a sua moglie Veneranda Verni, ai figli Salvatore, Francesco e Luigi, e a Salvatore Peta, ritenuto anche membro chiave della cosca.
Secondo i ruoli ricostruiti dalla Dda, nello specifico Veneranda Verni, in particolare, avrebbe mantenuto rapporti con la cosca Mannolo, presente nella frazione San Leonardo, e avrebbe mediato in conflitti interni. Salvatore Martino avrebbe curato i contatti con la cosca Megna di Papanice, con cui erano sorti attriti, oltre a collaborare con la cosca Lanzino Patitucci di Cosenza per traffici legati alla droga. Carlo Verni, residente nel quartiere marinaro di Catanzaro, si sarebbe dedicato alle estorsioni nel capoluogo, mentre Francesco Martino avrebbe mantenuto legami con affiliati storici del clan Grande Aracri. Salvatore Peta, oltre a gestire i contrasti con i Megna, avrebbe seguito l’approvvigionamento di droga - cocaina, hashish e marijuana - con le sostanze provenienti da Crotone, Cosenza, Reggio Calabria, Catanzaro e Brindisi, mentre la base operativa per lo stoccaggio e la gestione della droga era situata a Cutro.
Capitolo a parte quello delle estorsioni, che avrebbe visto l'intera famiglia agire per ottenere dagli imprenditori di turno versamenti periodici di somme di denaro o assunzioni di comodo. Questo sempre secondo l'impianto accusatorio contro il quale scenderanno in campo i difensori di fiducia davanti al gup chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio spedita dalla Dda.
IL COLLEGIO DIFENSIVO. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Sergio Rotundo, Salvatore Staiano, Gianni Russano, Salvatore Rossi, Piero Mancuso, Romualdo Trunce’, Gregorio Viscomi, Luigi Villirilli, Anselmo Mancuso, Francesco Severino, Maria Aiello, Luigi Colacino, Giovanni Fioresta, Marco Rocca, Fabrizio Salviati, Stefano Nimpo Salvatore Iannone Antonio Ludovico, Arturo Bova
I NOMI DEGLI IMPUTATI RINVIATI A GIUDIZIO
IL NOME DELL'IMPUTATO CHE HA CHIESTO IL PATTEGGIAMENTO
1 PARROTTA Rosario (cl. ’91) di Montecchio Emilia
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