di PAOLO CRISTOFARO
Ambiva a funzioni direttive superiori, ma negli anni aveva assunto una condotta "irrispettosa dei propri doveri". Tra gli episodi, "da pretore, in Calabria, non si asteneva nelle cause in cui patrocinava il cognato" e ancora "da sostituto procuratore della Procura di Torino, frequentava pregiudicati".
E' la storia di un magistrato che, dopo svariati anni, riemerge dalla penombra giudiziaria grazie ad una sentenza, emessa il 7 agosto 2020, dal Tar del Lazio (presidente: Roberta Chiccese; estensore: Roberta Ravasio). L'uomo - dichiarandosi vittima di persecuzione - aveva fatto ricorso contro il Consiglio Superiore della Magistratura e contro il Ministero della Giustizia per l'annullamento del decreto che lo aveva dichiarato inidoneo a ricoprire incarichi direttivi superiori. La sentenza ha fugato ogni dubbio sulle contestazioni del CSM.
Il magistrato anziano, consigliere della Corte d'Appello di Genova fino al gennaio 1998, prima che venisse messo a riposo, più volte aveva ambito al raggiungimento di incarichi superiori, puntualmente negati per i suoi trascorsi lavorativi. Trascorsi che sono iniziati tantissimi anni fa, già nel 1962. In quell'anno, come sottolineato dalla valutazione negativa del Ministero della Giustizia, sarebbe reiteratamente ricorso all'espediente di rimettere le cause in istruttoria in vista delle fruizione di congedi ordinari. Nel 1965 era stato sanzionato per per essersi assentato senza permesso, omettendo interrogatori di persone fermate dalla Polizia e trasmettendo in ritardo sentenze alla Procura. Nel 1986 era stato di nuovo sanzionato per essersi rifiutato di proseguire un importante processo per l'ora tarda. Nuova sanzione nel 1991 per aver intrattenuto rapporti con pregiudicati, da sostituito procuratore di Torino. Tra il 1993 e il 1995, ancora, gli erano stati contestati ripetuti ritardi nel deposito di sentenze penali, nonostante i continui richiami del Presidente della Corte d'Appello.
In un parere del Consiglio Giudiziario di Torino - datato 21 ottobre 2003 - si riferisce che "i dirigenti della Procura di Torino tendenzialmente cercavano di evitare di farsi sostituire dal magistrato, dopo che era divenuto sostituto anziano, e di assegnargli procedimenti che chiedessero istruttorie complesse", è scritto, "ritenendolo magistrato imprevedibile nella condotta istruttoria e lentissimo nell'espletamento degli atti necessari". Nello stesso documento si precisa che "spesso teneva atteggiamenti arroganti con i colleghi, con il pubblico e con l'avvocatura".
Ai numerosi pareri negativi si aggiunge quello del CSM , che ha concluso la disamina degli atti affermando che "con la valutazione dell'iter della carriera, oltre che delle risultanze dell'ultimo novennio, non può non rilevarsi la convergenza negativa e la reiterazione da parte del medesimo di una pluralità di condotte gravemente incidenti sulle capacità professionali e sulle doti di equilibrio esigibili". I giudici del Tar del Lazio, esaminata la documentazione fornita dal CSM, hanno pertanto ritenuto infondato il ricorso del magistrato, confermando l'inidoneità sostenuta dal decreto del Ministero e condannando il ricorrente a 2000 euro di spese processuali più accessorie.
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