Fa freddo in piazza, non ne faceva quella mattina a Brescia...

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Franco Cimino
  13 dicembre 2019 14:02

di FRANCO CIMINO

Il giorno era di piena primavera, eppure quel 28 maggio del 1974, a Brescia pioveva e faceva freddo. Prima delle mutazioni climatiche, le piogge erano piogge, monoforza e insistenti. Duravano a volte per l’intera giornata. E il freddo, da quelle parti, era freddo vero, quello del nostro Nord, che tanta nostalgia del luogo di provenienza faceva sentire agli emigrati meridionali. È di mattina, alle dieci e dodici, quando in piazza della Loggia, sulla folla radunatasi per manifestare contro gli attentati fascisti dei giorni precedenti, deflagra un ordigno di forte potenziale, nascosto dentro un cassetto dei rifiuti posto a lato della stessa. La manifestazione, come tutte le altre è unitaria. Da pochi minuti il sindacalista della CISL, Franco Castrezzati, sta parlando. Subito dopo di lui, avrebbe preso il microfono l’on Terraioli del PCI. All’improvviso, l’assordante rutto della malvagità ricoperta di mantello e maschera nera. E poi un fuggi fuggi generale. Lo scoppio assordante ha lasciato a terra otto morti e ben centodue feriti, molti gravi. È una nuova strage fascista nel perfezionamento di quella strategia della tensione che da lì a breve avrebbe dovuto portare al rovesciamento dello Stato democratico. Ricordo ancora quelle immagini in bianco e nero che la Televisioni trasmetteva in continuazione potendo filmare, quasi in diretta, tutto di quella enorme tragedia.

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Che c’entra Piazza della Loggia, con l’anniversario di piazza Fontana? C’entra, come gli altri attentati terroristici, che dovremmo tutti ricordare insieme in molti giorni dell’anno e comunque ad ogni singola ricorrenza. Per dire ai giovani da quale Italia essi, nelle diverse generazioni, sono nati e di quanto sangue e lacrime e sudore, è costituita la loro libertà e quanto essa ancora più valga nelle fasi di incertezza economica e politica in cui viene portato il Paese da forze malsane. Forze, nutrite solo di ignoranza ed egoismo, di spregiudicatezza e indifferenza, di cinismo e di buonismo o cattivismo mascherato. C’entra anche per ricordare ai giovani degli anni settanta di quali valori e di quale coraggio era fatta la loro lotta, di quali idealità la difesa strenua dell’Italia democratica. Ricordarli per farli sentire ancora partecipi del futuro della democrazia e invitarli alla duplice battaglia, la difesa dei valori e insegnamento ai giovani degli stessi. Ricordarli per farli, questi voluti “vecchi”, uscire da quella rinchiusura nel privato fragile e rassegnato, dove la nuova cultura del giovanilismo intraprendente e aggressivo vorrebbe ancora tenerli, quasi fosse una colpa avere le gambe stanche e i capelli bianchi. Parlare di quella mattina di maggio, fredda e piovosa, c’entra molto con l’idea che le piazze della lotta per la libertà devono essere sempre riempite, anche quando il clima( del meteo, almeno) ci sembra proibitivo.

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Chi non ci va, pertanto, non è perché piova o tiri vento, ma perché non sente quel fremito dentro il corpo. Che è d’amore per gli altri e di passione civile. Di questa assenza, però, non tutti sono colpevoli. Questa Italia, da qualsiasi lato la si prenda, diseduca a certi valori e , per i tanti opportunismi largamente diffusi, crea il convincimento che non ci sia sincerità nei pronunciamenti dei grandi ideali, per cui convenga quantomeno restare a casa o farsi i fatti propri, in attesa che un “conducator”, ci faccia da padre forte e protettivo. Il contrario, cioè, di ciò che la Democrazia detta. Passerà questo tempo di bava e veleni, di fango e di aria ammorbata? Ci vorrà tempo, forse molto, e la consueta prova che la storia puntualmente ci offre( Dio non voglia), quando ci mette davanti alle tragedie della democrazia. Quelle di oggi, in qualche modo già avviate, hanno bisogno di molto meno che del fascismo o del dittatore, con troppa faciloneria temuto. Ci vorrà tempo e qualche prova, a meno che non nasca, dalla sollecitazione della buona politica e dalla onesta cultura, un nuovo senso del dovere verso la Politica alta, la Democrazia e un’Italia recuperata dai suoi più antichi valori, nella difesa, sempre più ferma, della nostra Costituzione, la bussola contro ogni smarrimento.

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