di EDOARDO CORASANITI
Un dubbio si aggirava attorno alla scarcerazione di Domenico Tallini, a cui il Tribunale del Riesame ha restituito la libertà il 18 dicembre scorso: carenza di esigenze cautelari o assenza di gravi indizi di colpevolezza?
A rispondere alla domande sono gli stessi giudici di Catanzaro, i quali in queste ore hanno depositato le motivazioni dell'ordinanza che ha annullato la misura cautelare degli arresti domiciliari disposta nell'ambito dell'operazione "Farmabusiness": su Tallini non ci sono mai contatti diretti tra politica e cosca, tra indagato e criminalità organizzata. Le relazioni, dunque, sarebbero stato filtrate da Domenico Scozzafava, l'antennista 40enne di Catanzaro, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso e in carcere da novembre, dipinto dai giudici del Tdl come "il cavallo di Troia" dell'intera vicenda ma che in nessun momento ha esplicitato i piani del clan dei Grande Aracri al politico. E allo stesso tempo, seppur l'interessamento c'è stata per la vicenda Farmaeko, nessun indizio riconduce alla conoscenza di Tallini verso un piano occulto della 'ndrangheta.
In poche parole: sospetti, congetture, ipotesi accusatorie avallate dal Gip che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare e prima dalla Procura di Catanzaro che per Tallini aveva chiesto il carcere.
"Grazie all'operato dell'onorevole Tallini è stato possibile per l'associazione ottenere queste facilitazioni di contatto, di organizzazione, di incontri con funzionari della Regione per ottenere queste autorizzazioni. In cambio ci sono i voti: per questo motivo gli contestiamo il concorso esterno e lo scambio elettorale politico- mafioso". Quando il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, pronuncia queste parole è il 19 novembre scorso: in webinar va in onda la conferenza stampa dell'operazione "Farmabusiness".
Tallini ne finisce in mezzo con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio politico-mafioso e il prezzo da pagare è altissimo: arresti domiciliari, l'eco nazionale, la sospensione pro tempore dal Consiglio regionale. E' il punto più basso della lunga carriera di Domenico Tallini, già consigliere comunale di Catanzaro e all'epoca dei fatti contestati (2014) assessore al Personale di palazzo Alemanni. L'accusa gli contesta che grazie al suo ruolo di assessore regionale avrebbe agevolato la costituzione di una società dedita alla distribuzione di farmaci e riconducibile alla famiglia mafiosa Grande Aracri di Cutro. Un'operazione che avrebbe fatto riciclare denaro ai Grande Aracri e che a Tallini avrebbe portato un bacino elettorale e l'assunzione del figlio nella stessa azienda, poi fallita.
L'UDIENZA AL RIESAME E LE ARGOMENTAZONI DIFENSIVE.
A pochi giorni dall'arresto, le difese, rappresentate dagli avvocati Vincenzo Ioppoli e Valerio Zimatore (quest'ultimo sostituto in aula dall'avvocato Carlo Petitto), presentano il Riesame al Tribunale della Libertà.
Viene fornita una lettura alternativa del materiale indiziario finora raccolto L'attenzione della difesa si è concentrata su diversi aspetti: il materiale d'intercettazione, in cui Tallini non viene mai registrato a colloquio con soggetti notoriamente appartenenti alla criminalità organizzata. E infatti, il Riesame nelle motivazioni sottolinea che "deve considerarsi che è lo stesso gip a riconoscere che non si registrerà mai un contatto diretto tra Tallini e Mellea e oltretutto da nessuna intercettazione risulta che Scozzafava abbia informato Tallini sulla provenienza dei voti promessi dal gruppo di Mellea”.
Altra accusa, altra argomentazione difensiva. Sul voto di scambio, gli avvocati dell'ex presidente regionale hanno prodotto documentazione estratta direttamente dal sito del ministero dell'interno (Eligendo). Dalla lettura e confronto dei dati e dei numeri, i legali hanno evidenziato come in realtà i risultati di Tallini nel territorio crotonese possano essere definiti quasi deludenti (circa 750) e marginali rispetto al dato complessivo (11mila) dei voti raccolti nel 2014.
I giudici del Riesame invece evidenziano che "non può stabilirsi con certezza se Tallini fosse realmente consapevole di ottenere come contropartita del suo intervento un ampliamento del consenso elettorale attraverso un intervento di matrice mafiosa”.
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