"Mentre sembra rientrare lentamente, e sia pur con tutte le cautele e attenzioni del caso, l'emergenza sanitaria, si apre una fase estremamente critica per tutto il tessuto economico, produttivo e occupazionale del nostro territorio. Un contesto, quello reggino, che ha subito l'impatto della crisi generata dal coronavirus partendo da una condizione già di grave difficoltà. Oggi la paralisi delle attività rischia seriamente di innescare pericolose derive sul versante del pericolo usura che, in condizioni di estremo bisogno, può rappresentare una disperata quanto fatale soluzione alla carenza di liquidità che sta investendo tutto il mondo imprenditoriale locale".
E' quanto afferma il presidente di Confindustria Reggio Calabria, Domenico Vecchio.
"Come associazione territoriale, in coerenza con l'impostazione fortemente legalitaria del sistema Unindustria Calabria - prosegue - abbiamo da subito denunciato questa pericolosa criticità volgendo prima di tutto lo sguardo agli imprenditori, per ribadire loro la necessità di non arrendersi, di restare saldamente ancorati alla legalità e di respingere con fermezza qualsiasi contatto con ambienti criminali. In questa direzione abbiamo inoltre rilanciato il nostro impegno e la piena collaborazione, in stretta sinergia con tutte le altre associazioni di categoria e le rappresentanze sindacali, nei confronti di magistratura e forze dell'ordine impegnate nello svolgimento della delicata azione di controllo delle criticità economiche su tutto il territorio nazionale, secondo quanto disposto dal ministero dell'Interno. Nel contempo e perché questi sforzi congiunti vadano a buon fine, occorre una poderosa assunzione di responsabilità da parte della classe dirigente, ad ogni livello. Il nostro sistema produttivo è al collasso e la mancanza di politiche di sviluppo strutturali non fa che acuire lo stato di grave difficoltà. In attesa di verificare quali saranno le concrete ricadute delle iniziative messe in campo dalla Regione Calabria anche nella nostra provincia, non possiamo non evidenziare ritardi e burocrazia ipertrofica che imperano a livello nazionale. Il 'decreto liquidità' appare ancora una misura insufficiente in un contesto senza precedenti come quello attuale, una crisi che secondo le più recenti analisi economiche farà registrare un crollo del Pil pari a circa il 10% nella prima metà di quest'anno con un fabbisogno di liquidità che per la fine del 2020 potrebbe attestarsi intorno ai 140 miliardi. Non chiediamo assistenzialismo ma confronto e soprattutto un'efficace capacità di sintesi politica. Mai come in questo momento occorre riaprire questioni ancora irrisolte come l'accelerazione dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni e lo snellimento della burocrazia specie per quanto riguarda le concessioni delle garanzie".
"La questione madre - conclude Vecchio - ovvero la liquidità che va affrontata innanzitutto con un'accelerazione e una semplificazione delle istruttorie bancarie e con la sospensione del meccanismo infernale del rating bancario. Non c'è un minuto da perdere perché per interi settori, pensiamo all'agricoltura, al turistico-alberghiero o alla ristorazione, è già tempo di scelte drammatiche: provare a resistere ridimensionando fortemente le attività o chiudere per sempre".
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