di MARIA GRAZIA LEO
Come si può iniziare a parlare oggi -78 anni dopo- del 25 aprile, giorno nel quale si ricorda e si celebra la Liberazione dalla dittatura fascista e dal nazismo?
È un bel interrogativo che mi sono posta, che ha “impegnato” i miei pensieri- da molti giorni- prima di cimentarmi in queste mie riflessioni. Questa premessa è doverosa quanto necessaria, perché in teoria e seguendo la scia del cuore avrei voluto scrivere sulla Resistenza e sulla Liberazione lasciandomi condurre da un sentimento gioioso, dalla freschezza e dal profumo di primavera che ti parlano di memoria ideale e che ti trasmettono “il sapore” di libertà, tutti stati d’animo con i quali si sarebbe potuto facilmente e con semplicità onorare e omaggiare questo storico giorno di festa laico e solenne che ha regalato a tutti gli italiani la libertà, le libertà fondamentali e i diritti che rimasero smarriti e repressi, nel buio del Ventennio fascista.
Mi ero immaginata e avevo sperato tanto che dal Governo di centrodestra o forse sarebbe meglio dire di destra-centro ( che come tutti i governi prima di entrare nell’esercizio delle loro funzioni giurano sulla Costituzione dinanzi al Presidente della Repubblica) guidato dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni erede indiretta di una cultura politica che conserva ancora oggi nel simbolo del suo partito Fdi, le radici di quel passato fascista e postfascista in salsa repubblicana, mai sostanzialmente rinnegato in modo netto e definitivo- semmai solamente edulcorato- ci sarebbe stata una svolta drastica ed effettiva nella lettura e sull’interpretazione di fatti storici ormai assodati. In questo modo si sarebbe potuto ridare luce e riconoscimento a certezze e verità che sono sotto gli occhi di tutti ma che soprattutto sono ben stati delineati e scolpiti nella nostra Costituzione repubblicana, con il sangue, il sacrificio di chi coraggiosamente si immolò per conquistare e affermare la libertà, la democrazia, l’eguaglianza, ridando dignità al nostro Paese.
Sarebbe bastato soltanto far proprie, in modo pieno e compiuto due parole, due sole e semplici parole per cristallizzare o certificare tutto ciò: 1) consapevolezza di quello che è stato nella distinzione dei vincitori e dei vinti nel dopo guerra 2) riconoscimento storico, politico, civile e costituzionale del valore della Resistenza e della Liberazione e di conseguenza della Repubblica e della sua fonte di nascita. È importante sottolineare che con l’avvento della Repubblica italiana, con l’unità della nazione si è restituito il senso e si è ridato veramente smalto a quel concetto di Patria intesa come identità e appartenenza ad un popolo, ad un territorio ad uno Stato finalmente libero, democratico, unitario, tratti fondamentali e caratteristici che si erano persi fino al 1945/46, nei meandri oscuri, torbidi e tristi di un regime atroce e violento che ha segnato profondamente le vite di coloro che lo hanno incontrato, conosciuto, attraversato e vissuto in prima persona.
Riavvolgendo il nastro della narrazione, sarebbero bastate -quindi- solo due parole per… parole per ora non dette, non proferite, non udite, se non timidamente o come pro forma, per dovere di cariche istituzionali e politiche ricoperte.
Nell’analisi politica seguita ai risultati delle elezioni del 25 settembre 2022, ci eravamo ripromessi di restare e di guardare curiosi, osservando con saggezza e attenzione le posizioni che avrebbe preso Giorgia Meloni -da Premier- in merito al 28 ottobre 2022 in occasione del 100.mo anniversario della Marcia su Roma, su come avrebbe espresso il suo pensiero sul 25 aprile ( e qui restiamo mentre scriviamo, restiamo ancora in attesa) e su tutto quello che ricordava quel periodo, prima di arrivare al 1945.
Ebbene sul 28 ottobre ci siamo ritrovati nel più assoluto silenzio, abbiamo sfogliato pagine bianche di giornali; nulla sul primo appuntamento con quella “Storia” che ha dato all’Italia i natali di un’epoca infausta sulla quale ci siamo soffermati di riflesso e spesso in altre occasioni;
Sull’anniversario di via Rasella del 23 marzo, che vide nel 1944 i partigiani protagonisti di un attentato ad un battaglione militare nazista da cui poi scaturì la vendetta tedesca che portò il giorno successivo all’eccidio delle Fosse Ardeatine, è stato sufficiente ascoltare -per restare attoniti e sgomenti- le parole proferite dal Presidente del Senato- seconda carica dello Stato- Ignazio La Russa esponente e fondatore con la Meloni di Fratelli d’Italia. Seguendo il pensiero di La Russa in realtà i partigiani -quel 23 marzo del 1944- uccisero componenti di una banda musicale costituita da semi pensionati e non da soldati nazisti delle SS; che i partigiani rossi non volevano un’Italia democratica ma comunista; che tra i Martiri delle Fosse Ardeatine ci sarebbero potuti essere anche fascisti.
Ma il meglio sullo stesso tema ci viene offerto dal Presidente del Consiglio che in un comunicato ufficiale reso da Palazzo Chigi onora le vittime, i 335 italiani brutalmente uccisi dalle truppe di occupazione nazista, in seguito alla rappresaglia di via Rasella. Li definisce specificatamente 335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani. Niente di più…niente di meno… uccisi solo perché italiani e quindi non perché ebrei, non perché antifascisti, non perché oppositori politici. Che dire anche qui…se non che questi esempi sono la dimostrazione tipica di quando non si vuole fare i conti con la realtà, con la Storia senza se e senza ma, di quando non si vogliono ammettere responsabilità conclamate dai fatti, dai racconti, dalle testimonianze dirette di coloro che ancora oggi sono testimoni viventi e che sono icone preziose di una memoria che deve restare -per sempre-fonte vivida di conoscenza. Da qui -pertanto- nascono le difficoltà di pronunciare tranquillamente e pacatamente la parola “antifascismo”.
No non ce la fa proprio- dobbiamo con rammarico penderne atto- chi si è formato politicamente a destra, pur crescendo negli anni successivi alla seconda guerra mondiale ad attribuire al regime fascista le conseguenze delle nefandezze e delle brutalità dei crimini di cui si macchiò dal 1922- se non dapprima in via embrionale- ai primi anni quaranta, e non solo dal 1938. Si prova a lanciare la palla più lontano o pronunciando soltanto la parola nazismo, o condannando di recente e con più slancio soltanto leggi razziali del 1938 e tutti i regimi dittatoriali/ totalitari quindi anche quelli dei paesi del Socialismo reale con la tattica dell’equiparazione finalizzata -magari- ad assorbire o giustificare meglio le colpe e le responsabilità del proprio passato. Ed invece di ritornare alle origini e alle vere cause di tutto quello che è stato e di come ci si è pian piano arrivati, no proprio no, decisamente non ci riescono …assistiamo o a dichiarazioni flebili e ambigue o ad un continuo vuoto di memoria o ad un silenzio assordante. E per accreditare il loro ragionamento si sconfina nella propaganda, nella retorica revisionista o nello sminuimento degli eventi o nella generalizzazione semplicistica delle cose.
Faticano e sono decisamente sofferenti a far propria l’idea che siamo una Repubblica democratica antifascista, che l’antifascismo è il valore fondante e identitario del nostro Stato di diritto, della nostra Nazione, che si respira in tutti gli articoli della nostra Costituzione che ritrova la sua matrice nella Resistenza, nella guerra civile di Liberazione. C’è un asse imprescindibile, una genesi indiscutibile tra il 25 aprile del 1945 -definito da molti il nuovo Risorgimento italiano-, il 2 giugno del 1946 giorno in cui nacque, con referendum e per volontà di tutto popolo italiano, la Repubblica e venne eletta l’Assemblea Costituente e il 1° gennaio del 1948 anno in cui entrò in vigore la Carta costituzionale, la nostra Bibbia civile come la definì un presidente della Repubblica molto amato dagli italiani, Carlo Azeglio Ciampi che riuscì – sapientemente nel corso del suo mandato- a far rivivere e riscoprire lo spirito risorgimentale ed il valore della Patria, nelle corde e nell’animo degli italiani.
Perciò l’essere Nazione, l’essere italiani, l’essere cittadini di questa Repubblica in cui sono garantiti valori e principi propri di uno Stato di diritto, le libertà fondamentali, i diritti umani, civili, politici, sociali, le eguaglianze, le pari opportunità lo si deve a quella guerra di Liberazione partigiana -comunista, cattolica- liberale -socialista tutte unite da un sentimento comune- lo si deve a quelle pagine di storia intrise di sangue, di passione, di coraggio, di determinazione, di esempio…di vita. Ed è questo il vero significato del 25 aprile e del 2 giugno, se li ritroviamo come giorni evidenziati in rosso, nel nostro Calendario.
Ma non possiamo tralasciare un altro tassello importante che diventa protagonista istituzionale e politico della nascita della Repubblica italiana: l’Europa e l’Alleanza atlantica. A contribuire in modo determinante alla liberazione dal Nazismo e dal Fascismo sono state in particolare la Gran Bretagna e l’America, protagoniste primarie del famoso sbarco -delle forze alleate- in Normandia del 6 giugno1944.
La stessa Unione Europea -successivamente formatasi in modi, tempi, luoghi e fasi diversi a partire dal dopo guerra- ritrova nelle sue origini come anticorpi l’antifascismo, avendo mosso i suoi primi passi fondativi prendendo spunto dal progetto ideale disegnato nel Manifesto di Ventotene del 1941, immaginato e scritto da tre alfieri antifascisti, tenuti al confino dal regime fascista, proprio sull’isoletta pontina: Altiero Spinelli, Eugenio Colorni e Ernesto Rossi.
Non ci soffermiamo nel confutare, spiegare le verità o correggere gli errori o le “ignoranze” nei quali sono inciampati e si presume ahimè continueranno a fare gli esponenti politici ed istituzionali di destra, perché siamo convinti che consultare e ripassare un buon libro di storia, ascoltare interviste in bianco e nero dei protagonisti di quel tempo, guardare documentari e film tematici ( proprio martedì 25, in prima serata Rai 1 trasmetterà un film dedicato a Tina Anselmi un’indimenticabile staffetta partigiana, esempio di come anche le donne si siano distinte nel far trionfare la libertà) farebbe bene a tutti per conoscere, capire che cosa è stata Via Rasella, cosa sono state le Fosse Ardeatine, e ci permettiamo di aggiungere che cosa è stato il sequestro ed il delitto Matteotti, capire il perché sia stato inviato al confino fino alla morte, Antonio Gramsci… e di conseguenza individuare chiaramente i responsabili di tutto questa violenza.
Dispiace molto costatare che ogni anno –in particolare questo 25 aprile 2023- si debbano riaprire stucchevoli polemiche dovute a letture interpretative, paragonabili ad operazioni di distrazioni di massa tali da indurci nel ricominciare a spiegare la Resistenza, i fondamentali di eventi, episodi, fatti che, invece, dovrebbero essere stati già acquisiti come patrimonio universale di memoria e di conoscenza condivisa….da parte di tutti gli schieramenti politici e del popolo italiano nella sua interezza sia da parte di chi si schierò con i vincitori sia da parte di chi sostenne o ereditò la posizione dei vinti. Il tutto sempre nel rispetto delle vittime di entrambi gli schieramenti ma anche e soprattutto nella distinzione di chi stava dalla parte sbagliata della storia condita di violenza, terrore, soprusi e vessazioni nei confronti di coloro che la pensavano politicamente in modo diverso, che non appartenevano alla razza ariana, che non erano “produttivi” e validi per le ambizioni e gli obiettivi del regime… e di chi invece stava dalla parte giusta della storia, ricca di un bagaglio culturale, etico, politico, civico pieno di valori e principi democratici e liberali.
Il nocciolo della questione a 78 anni dalla Liberazione, sta ancora tutto qui: attestare in coscienza e tutti insieme quello che è stato il fascismo per andare avanti, vivendo il presente e affrontando il futuro e le sue sfide con serenità, saggezza e contezza collettiva di quel passato, di quel Ventennio buio e brutale in cui l’Italia si inabissò e che non solo non si dovrà più ripetere ma che in realtà non ha portato o lasciato niente di buono a nessuno, nemmeno a chi ritenne giusto quel regime fascista, lo adottò e lo praticò nell’esercizio delle proprie funzioni. Una pagina da dimenticare tutti, quindi! Ma quanto tempo dovremo aspettare, ancora?
Per adesso ci confortano e ci sono da impulso e incoraggiamento nel fare quel passo in più (che tuttora manca, e ci rende divisivi) le nitide e ponderate parole rese dal Capo dello Stato- Sergio Mattarella- il 18 e 19 aprile prima ad Auschwitz dove ha visitato uno dei campi di sterminio costruito dai nazisti per eliminare gli ebrei, i rom, i sinti, i disabili, gli omosessuali e gli oppositori politici e poi a Cracovia in occasione del 80.mo anniversario della rivolta del Ghetto di Varsavia: “ …il regime sanguinario nazista con la complicità dei regimi fascisti europei, che consegnarono i propri concittadini ai carnefici, si macchiò di un crimine orrendo contro l’umanità, un crimine che non può conoscere né oblio né perdono…ricordare è dimensione d’impegno, è dimostrare che contro gli araldi dell’oblio la memoria vince, per affermare l’orgoglio di voler essere ‘persone umane’…”
E per riasserire meglio il suo concetto Mattarella cita una sopravvissuta all’Olocausto, la Senatrice a vita Liliana Segre quando ha definito la memoria – vaccino contro l’indifferenza-, “memoria -ha dichiarato il Presidente della Repubblica- alla cui causa l’Italia è devota e solo attraverso di essa si alimenta la conoscenza che a sua volta ci rende consapevoli”.
Se riuscissimo ad unirci idealmente e moralmente alle lucide riflessioni e al rilevante monito lasciatoci dal Capo dello Stato, “abbracciando” insieme quella “Responsabilità del ricordo”, allora la bellezza del 25 aprile, del 2 giugno prossimi venturi verrebbero visti, vissuti e festeggiati tranquillamente in modo condiviso. Solo in questo modo saremo in grado di percepire meglio e bene quell’essenza di libertà, quell’anelito di verità e giustizia che ci è stata regalata dai partigiani -a partire da quella splendida Primavera del 1945- riappacificando così le nostre coscienze ed i nostri cuori.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736