Festival d’Autunno, il pubblico del Politeama rapito dalla Turandot

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  06 ottobre 2024 10:56

di MARIA PRIMERANO

"Io sono colla mia puttana di principessa e mi diverto e m’arrabbio. È una  tiranna  che  tortura  anche  me,  ma  spero  di  svergognarla  per  bene  nelle note", scriveva Giacomo Puccini ad Antonio  Bertolacci, in una lettera  risalente  agli  anni Venti.

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Ebbene, quella "puttana di principessa", come la definiva il musicista lucchese non tradendo il suo esuberante linguaggio boccaccesco, è arrivata anche a Catanzaro, al Teatro Politeama, ancora nella sua veste di principessa di gelo, ancora capricciosa, ancora principessa di morte, ancora pronta a fare tagliare la testa a chi, pretendendola in moglie, non saprà rispondere ai suoi occulti rompicapi. Si sono cimentati in tanti per risolverli, ma indovinelli, enigmi, misteriosi ritornelli o come li si voglia chiamare rimangono una sfida pericolosa che porta pure oggi alla morte.

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E con la principessa Turandot/ Chrystelle di Marco, giunge a Catanzaro anche il principe Calaf /Edoardo Sandoval, lo spavaldo che la vuole conquistare a tutti i costi, e la schiava Liù, Eleonora Ilieva, che lo ama segretamente … A seguire Altoum/ Pietro Di Paola, i mandarini, i dignitari, i sacerdoti, i soldati, le ancelle di Turandot …

Festival d’Autunno ha aperto la sua stagione al Teatro Politeama, ebbene, sabato sera, con Turandot di Giacomo Puccini, coproduzione del Festival con il Festival Teatri di Pietra, 150 le persone tra Orchestra, Coro, solisti e Coro di voci bianche,  un cast di artisti che era stato già molto apprezzato a Taormina al Teatro Antico l’estate scorsa, con Filippo Arlia, direttore dell’Orchestra Filarmonica della Calabria, e Salvo Dolce il regista che firma la singolare mise en scène.

Raggiante Tonia Santacroce, direttrice del Festival, che, con questa serata di lirica, ha voluto onorare il centenario della morte del compositore, ormai prossimo, che cadrà il 29 novembre per l’esattezza, ma che già si sta celebrando in tutto il mondo. Bravi i cantanti solisti, il coro, l’orchestra.

La principessa, figlia dell’imperatore Altoum, che nell’opera di Puccini vive a Pekino in una reggia meravigliosa, servita e riverita, desiderata e ammirata, a Catanzaro ha perso il palazzo con il loggiato tutto scolpito a mostri, liocorni, fenici, con i pilastri sorretti dal dorso di massicce tartarughe, ha perso i giardini e i padiglioni del regno e, adeguatasi ai gusti moderni, si muove in una scenografia scarna, minimalista, su una pedana di cubi posta al centro del palcoscenico, tra giochi di fumi e di luci.

Ha abbandonato poi i sontuosi abiti ricamati, usciti dai telai di pregio, per farsi abbigliare, seguendo le mode attuali, in kimono bianco lineare, semplice, profilato di fasce di lurex. Maliziosa e accattivante nel suo portamento, ostenta però un copricapo imponente, da capogiro, che le dona il suo tono di scaltra e che la rende ancora appetibile tant’è che se ella abbia oggi cento anni non si direbbe. La principessa di gelo e di morte, ormai stagionata e in età più che avanzata - la favola da cui Puccini trae l’opera è addirittura del 1650 circa, mentre le prime note che Puccini le dedica sono del 1920 e la prima dell’opera è del 1926 - fa ancora emozionare.

Non solo risulta accattivante per la favola in sé, ma affascinante e seducente per la musica che la sottende - Nessun Dorma è infatti una delle arie più conosciute del Melodramma - che apre i cuori e fà sì che l’amore esploda compiendosi la metamorfosi della principessa da donna crudele a donna perduta nell’Amore. Teatro gremito e pubblico che ha molto gradito. Òmnia amor vincit et Nos Cedamus Amori.

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