Filippo Veltri: "Covid: tanta, troppa confusione"

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Filippo Veltri
  15 aprile 2021 09:55

 di FILIPPO VELTRI

“Vaccini, sfida di Draghi alle regioni”; “No alle deroghe”; “De Luca, il virus e la politica dell’autarchia”; “Sale la tensione, Draghi vuole riaprire”; “Così vaccinerò gli italiani”; “Gli anziani possono aspettare. La sfida di De Luca a Draghi”; “Il governo non sa ancora quanto vuole spendere per aiutare i disoccupati”. Sono, questi, solo esempi di un campionario di titoli che campeggiano sulle prime pagine dei giornali italiani. Piccolo campionario, insufficiente a registrare il cancan del vocìo che si leva dai talk televisivi, che sono ormai disseminati in ogni ora della giornata. Grande è la confusione sotto il cielo in tutto il Paese, non solo in Calabria.

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  Ma, a differenza di quanto affermava Mao, la situazione non è per niente eccellente. Tanta, troppa confusione che non serve ad una popolazione stressata da 14 mesi di pandemia. Un andirivieni di voci che frastorna il cittadino; comunicazioni che si sovrappongono e creano disorientamento; indicazioni alle quali non fanno seguito le azioni indicate; utilità ed efficacia dei vaccini che segue il mutar dei cieli e degli umori, richieste di categorie bisognose che in gran parte rimangono inevase.

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  Un intero sistema è come impazzito e la comunicazione e il giornalismo anziché tendere le mani ai cittadini, aiutarli a capire, ci mettono anche loro lo zampino enfatizzando questo o quell’aspetto in base alle convenienze editoriali o di bandiera. Con un gioco degli specchi che sta prendendo sempre più campo: gli influencer che si trasformano in politici e i politici in influencer.

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Una volta Eugenio Scalfari definì il giornalista come una “sottospecie funzionale dello scrittore”. Il che significava che bisognava saper scrivere ma anche sapere per chi si scriveva, cioè per i lettori, cioè per i cittadini. Siamo ora in una fase nella quale gran parte della “sottospecie” non solo non ha la capacità di usare un ampio repertorio linguistico, adattandosi all’uso di quella lingua di plastica in gran spolvero sui media. Molti si scrivono addosso; altri scrivono per compiacere il capo di turno; altri scrivono copiando con estrema cura le notizie che scorgano dalla rete. L’informazione che in questa pandemia doveva avere un colpo d’ali sta, in realtà, sprecando un’occasione d’oro. Non sta dando il meglio di sé. Eccezioni esistono, eccome. Ma sono sempre più rare le testate che reggono l’urto della spettacolarizzazione imperante e che hanno il coraggio di cambiare l’agenda dei temi da trattare, guardando magari oltre il giardino di casa propria. Di ritrovare il senso di quella ragione civile che ha caratterizzato molte stagioni del giornalismo.

  Poi c'è il capitolo dei numeri che andrebbero usati. Dei dati sarebbe il caso di avere delle soglie sotto le quali gli indicatori sono considerati efficaci, non solo l’indice RT. Come la soglia delle occupazioni delle terapie intensive. I numeri vanno bene ma se ogni settimana i media pubblicassero le curve di crescita/decrescita settimanali, mensili e comparate con il 2020 utilizzando delle belle curve colorate di facilissima interpretazione (viviamo nell’epoca del digitale), ci sarebbe il vantaggio che i dati sono più significativi, danno una tendenza di carattere generale e si diminuirebbe l’ansia di dover leggere i dati ogni giorno.

I dati fondamentali sono quelli dei vaccini somministrati rispetto alle classi di età della popolazione e la percentuale di quelli in arrivo su quelli promessi. Il 10 aprile il New York Times ha pubblicato la notizia della grande diminuzione di consegna dei vaccini della Johnson e Johnson su quelli attesi per problemi diversi, come l’incidente dell’aver mischiato gli elementi dei vaccini della Johnson e Johnson e quelli di AstraZeneca prodotte nella stessa fabbrica.

Un numero che viene sempre citato è: quando si riparte? E ci sono diverse linee di pensiero: quelli che vogliono chiudere sinché i dati non lo consentono e quelli che vogliono aprire per dare speranza. E in continuazione viene chiesto a chiunque capiti in un telegiornale o talk show quale è la data, domanda che viene posta anche e soprattutto a chi non sa nulla di medicina, statistiche, vaccinazioni e simili. Qualcuno ha redatto una statistica di quante ore di media e di pagine di giornali sono dedicati non alla corretta, semplice ed efficace informazione (per permettere a tutti di farsi una idea plausibile della situazione) ma alla chiacchiera su chi ha ragione o torto senza aver giustificazione alcuna?

Ci sono poi i dati della probabilità, della frequenza. Quel vaccino è sicuro, quel vaccino non è sicuro? Che cosa è la probabilità? Quello che viene detto con la frase “i benefici sono superiori ai rischi”, tenendo presente che non esiste nessuna cura, nessun vaccino, nessuna medicina che siano senza rischi. Su un bugiardino di un medicinale, anche non particolarmente complesso, si legge (tra gli effetti rari): istigazione al suicidio. Quale è la soglia di rischio ragionevole per una comunità consapevole? Ci sono già stati milioni di morti per il virus. Anche in questo caso la comunicazione è fondamentale.

Infine: è possibile avere gratuitamente le informazioni corrette, chiare, semplici, con una grafica efficace, aggiornata? Un vero servizio pubblico a disposizione della comunità? Sì, in Francia, e anche per tutto il mondo, se si visita il sito Covidtracker. Possiamo copiarlo anche in Italia?".

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