di FILIPPO VELTRI
Le analisi dell’Ispi, Istituto studi di politica internazionale, sui grandi temi dell’ anno appena iniziato sono contenute nel dossier ‘’Il mondo che verrà: 10 domande per il 2021’’. Lo dovrebbero leggere in molti, compreso qualcuno in casa nostra, troppo preso dagli eccessi in salsa leghista contro i migranti.
Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), nel secondo trimestre del 2020 si è registrato un calo del 14 per cento delle ore lavorative, ovvero l'equivalente di 400 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Il turismo è tra i settori economici più colpiti dalla pandemia: in Tunisia, ad esempio sino ad ottobre, le entrate del turismo hanno subito un crollo del 61 per cento, lasciando incerto il futuro di 400.000 lavoratori del settore.
In alcuni Paesi l'ancora di salvezza offerta dalle rimesse degli emigrati si sta man mano indebolendo. La Banca Mondiale, ad esempio, prevede un calo dell'8 per cento delle rimesse inviate in Nord Africa e in Medio Oriente entro la fine del 2020.
Mentre l'insorgenza della pandemia Covid-19 ha fatto sprofondare il nostro pianeta in uno stato di immobilità senza precedenti, stiamo ora invece assistendo a una graduale riapertura. La profonda recessione economica che ne è seguita può innescare nuove forme di migrazione, cambiare le rotte, pur limitando ogni altro tipo di movimento. Quali sono le prime indicazioni sui motori della migrazione in un mondo post-pandemico? L'Europa è pronta ad affrontare una nuova ondata migratoria?
Nel marzo 2020, la mobilità umana, uno dei tratti distintivi del ventunesimo secolo, è quasi completamente venuta meno. Mentre i governi correvano ai ripari per bloccare la diffusione del virus, ogni singolo paese del mondo imponeva restrizioni all'ingresso nei propri confini, e molti imponevano forti limitazioni al movimento dei cittadini all’interno del paese.
I movimenti transfrontalieri sono scesi a una frazione del loro precedente numero; i divieti di spostamento hanno impedito a milioni di persone che si trattasse di migranti per motivi di lavoro, familiari che rientravano a casa, o di richiedenti asilo, di recarsi nei luoghi che desideravano raggiungere.
Quasi tre milioni di migranti, compresi quelli che hanno perso il lavoro da un giorno all'altro a causa della chiusura dell’impresa in cui erano occupati, sono rimasti bloccati, impossibilitati a rientrare a casa.
L'estate del 2020 ha visto una debole ripresa della mobilità, per lo più interregionale e per i viaggiatori come uomini d'affari e turisti, a seguito dell’allentamento di alcune restrizioni da parte dei governi dopo aver rilevato un barlume di speranza dai grafici su contagi e mortalità da Covid-19.
In Europa, le domande di asilo sono lentamente passate da un minimo storico di 9.000 ad aprile a 42.000 a settembre, con una riduzione dell'87 per cento rispetto a gennaio 2020; anche quando i numeri sono rimasti relativamente piccoli, la precarietà di questi viaggi è stata oggetto di particolare attenzione.
Nonostante la riduzione a 116.000 dei passaggi irregolari di frontiera nell'UE nei primi 11 mesi del 2020, un dato molto vicino al livello minimo registrato da Frontex nel 2009 (104.000), la pericolosità delle imbarcazioni su cui viaggiano migranti in partenza per le Isole Canarie, la Grecia, Malta, l'Italia o il Regno Unito è stata al centro dell'attenzione dei media.
Ben presto sono arrivati i moniti sulla migrazione indotta da Covid. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Uesa), per esempio, ha pubblicato un rapporto speciale su Tendenze in materia di asilo e Covid-19, in cui si avverte che le crescenti preoccupazioni sulla sicurezza personale, unite all'insicurezza alimentare, possono fare da volano nell’incentivare gli spostamenti e i movimenti migratori in diretta correlazione con la pandemia da Covid-19.
Insomma dati numeri e tendenze che ci dicono molto su quel che potra’ accadere (ma in realta’ gia’ sta accadendo con i molti sbarchi in questi ultimissimi giorni) nel 2021.
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