di FILIPPO VELTRI
L’intervento di Marco Bentivogli a conclusione della maratona riformista di alcuni giorni fa è stata la prima iniziativa politica di organizzazione dell’area liberaldemocratica cui hanno partecipato anche dirigenti del Pd, di Italia Viva, di Azione, di Più Europa e di Base.
Si tratta degli sconfitti del 4 marzo 2018, quelli che erano impegnati in prima persona e quelli che avevano capito che bisognava fare un metro in più verso l’impegno politico e che dal 7 marzo la politica sorretta dai “patti di sindacato” ha fatto di tutto per riportare alla rassegnazione o all’astensione. I riformisti non vogliono “allargare le élite” ma promuovere un attivismo diffuso e attivisti che non lascino le emozioni delle persone ai populisti.
Dice Bentivogli, che è stato segretario dei metalmeccanici della Cisl ed ora è il leader di questa area: ‘’Non serve né un nuovo centro né il centrismo ma la capacità di tornare centrali all’interno della rappresentanza politica che crede nel progresso costruito sulle persone. Non ci siamo aggregati per essere contro qualcuno ma “per” realizzare qualcosa. Siamo coloro a cui non entusiasmava il bipopulismo Conte-Salvini. È uno scontro tra governisti incapaci di essere forza di governo. Che non dice nulla sulla trasformazione che bisogna guidare nel paese. Gli ultimi 15 anni di demagogia populista hanno una paternità diffusa, non solo nei partiti, nel mondo dell’informazione, in alcuni corpi sociali. E dopo l’inizio del loro declino, rischiano di avere un’eredità diffusa in troppi partiti e forze sociali’’.
Il mantra dei riformisti si può così riassumere: la sinistra-sinistra è la negazione dei valori della sinistra, iper-elitaria proprio perché si auto-riconosce in zone esclusive in cui si parla un linguaggio fatto di retorica morta, lontana dal lavoro. Il massimalismo e il giustizialismo sono le malattie da estirpare, non le idee diverse di un settarismo pericoloso. La destra reazionaria e i populisti sono nemici dello Stato di diritto e della democrazia rappresentativa. Chi vi si accoda per opportunismo ha idee corte e vantaggi di breve termine.
I riformisti non sono dunque la destra, la sinistra, né gli orfani della terza via di Blair. Rivanno al “riformismo radicale” di Federico Caffè, del personalismo comunitario. Come diceva proprio Caffè: iniziative guidate da una visione complessiva di “un più alto tipo di società”, mantenendo, allo stesso tempo, la propria insofferenza verso le controversie nominalistiche come quella sul “superamento del capitalismo”, su cui si sono da sempre concentrate preziose energie intellettuali e politiche, in Italia e altrove: il riformismo radicale che non lascia spazio al moderatismo come spazio dell’opportunismo e delle passioni tiepide o la banalizzazione populista alla quale si risponde con la competenza di chi sa semplificare la complessità, non di chi la nega.
Insomma sulla linea di Draghi (non a caso allievo del professore romano) e qui si arriva al nodo politico. L’agenda Draghi non è maggioritaria in Parlamento e per questo c’e’ la necessità di “costruire il popolo” riformista su queste basi, riprendendo a parlare con centinaia di migliaia di persone con uno spazio politico che Bentivogli e soci indicano tra Enrico Letta e Mara Carfagna. Cioè Tra Pd e Forza Italia!
"Il populismo ha distrutto i legami sociali su cui era costruita la nostra comunità, Per questo servono ricostruttori di comunità. E’ il momento di non nascondersi dietro nessuno, né dentro i propri partiti o corpi sociali né dietro la propria egolatria. E’ il coraggio e la pazienza di non inseguire gli applausi e i “like” ma di seguire l’obbedienza alla realtà con la virtù della parresia, il diritto dovere di dire sempre la verità’’.
Un’altra scommessa aperta, dunque, dopo quella di Letta e Conte nel panorama politico italiano terremotato dall’ascesa di Draghi. Tra un paio d’anni vedremo chi la spunterà.
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