di FRANCO CIMINO
Chi non conosce bene Florindo Rubbettino si sarà domandato come fosse possibile che un uomo intelligente e serio, come lui, si potesse far trascinare in un campo fangoso e impraticabile, da una politica e da partiti( segnatamente il PD) che giocano ancora, sia a destra sia a sinistra, con le tragiche situazioni sociali da essi stessi prodotte. Chi lo conosce bene, invece, sapeva già molto prima della sua decisione odierna( rinviata solo per l’attaccamento di Florindo alla nonna scomparsa proprio l’altro ieri), che egli mai si sarebbe fatto trascinare in un contesto in cui la strumentalizzazione delle buone persone sarebbe visibilmente apparsa come la diretta conseguenza di un degrado della politica mai raggiunto fino ad ora, neppure in Calabria.
Chi lo conosce e gli vuole quel bene dell’anima esclusivamente composto da affetto e stima per la sua figura pubblica e privata-io sono tra questi-ha sempre compreso il motivo per il quale egli aveva offerto ai furbetti del quartierino la sua purezza di calabrese autentico. Nessuno di questi, diciamo buoni suoi conoscenti, gli ha domandato e anch’io non gli domandai. Nessuna telefonata e nessun messaggio che anche da parte mia lo disturbasse nella sua riflessione. Il motivo però, l’unico che lo ha spinto a recarsi, se accompagnato o no poco importa, nella sede romana del PD per raccogliere l’offerta di una sua candidatura a presidente della Regione, è stato, ne sono certo, l’amore sconfinato che ha, come pochi, per la sua terra. Stanco di vederla umiliata e sempre più impoverita di tutto, difronte all’immobilismo dei partiti e alle liti al loro interno per la scelta, sempre più tardiva, dei candidati, ha pensato che forse a lui, la gente silenziosa più che un partito, gli chiedesse di fare di più di quanto già non aveva fatto come imprenditore.
Probabilmente avrà pensato che forse era il caso che al tentativo di strumentalizzare la sua immagine potesse essere lui, usando la stessa loro furbizia, a “strumentalizzare” i vecchi della politica per tentare di cambiare almeno un poco la Calabria e la politica al suo interno, a partire dagli uomini che lui pensava di potersi scegliete tra i più nuovi e puliti. Probabilmente, si sarà posto la domanda che anch’io mi pongo da tempo, amplificandola con i miei scritti e la mia voce pur debole. Questa: "Ma perché i calabresi non si uniscono in una battaglia di cambiamento che somigli, per la storica rabbia repressa, a una rivoluzione dal basso, che spazzi via non solo i nani della mediocrità politica e della corruzione, ma la stessa bugiarda cultura che li produce attraverso il più brutto dei sistemi sociali che in un contesto democratico si potessero costruire?”. E, come me e pochi altri, si sarà domandato ancora:” dov’è, se c’è (ché non la vedo neppure con gli occhiali), quella intellighenzia che, altrove nel mondo, esce dalle aule universitarie e scolastiche, dai laboratori di ricerca, dalle biblioteche e librerie e dal propri studi di casa, per mettersi alla guida di quei cittadini senza cittadinanza, arrabbiati e coscienti, per condurli, attraverso un organico e credibile progetto di governo, verso un futuro di democrazia nella crescita economica e civile della propria terra?
“E, infine, si sarà domandato, come pure faccio io da sempre:” dove sono quei diversi magisteri e quei numerosi singoli maestri della moralità e del pensare alto, che si trattengono sempre sulle grandi teorie e mai scendono a scavare sui tormenti della gente e sul dolore vero delle persone e delle famiglie, denunciando, ché loro potrebbero farlo più facilmente, i responsabili dei mali che affliggono le comunità, spronando i diseredati, gli scartati e i derubati anche della dignità, a ribellarsi e a prendere in mano, costruendo Politica nuova, il proprio destino? E, tra questi, in particolare ( ma questa è una domanda tutta mia), quelle due-tre persone, anzi una sola, che sapeva(no) bene, per averne costruito la speranza in loro, che i calabresi si aspettavano che scendesse in campo con tutto il proprio carisma e la crescente credibilità acquisita per le scuole, le vie e le piazze di questa regione, per andare al governo(da solo con liste e uomini tutti suoi-da qui e senza benedizione romana, in piena autonomia e alleanza civica reale), per cambiare davvero e nel profondo la Regione più arrestata e più povera d’Europa?”.
Florindo Rubbettino si era fatto tentare solo da questo senso del dovere dinnanzi a quelle domande inevase. E oggi se ne ritira non per paura o per difesa di un qualche interesse e neppure per la nausea provocatagli dall’indecente spettacolo trasversale che si sta dando in questi ultimi giorni e in queste ultimissime ore. Spettacolo davvero vergognoso, in cui chi ha provocato lo sfascio e chi non ha evitato che i soliti lo provocassero e quanti avrebbero potuto esporsi per moralizzare la vita pubblica, restano ancora comodamente seduti nelle loro case ad aspettare che i nuovi “ governanti” mettano il prezzo di una mancia alle loro omertà e al loro servilismo. Florindo Rubettino, ne sono certo, si è ritirato da una gara già falsata in partenza perché aveva da perdere molto più che una elezione già persa. Aveva da perdere quel nome e quel prestigio, quella dignità e quella storia personale, faticosamente costruiti dalle sue immani fatiche, da quelle della sua famiglia e del suo indimenticabile padre. Aveva da perdere quella sua eleganza nella persona e quel suo bellissimo viso, che in futuro, se si muovesse in autonomia e da subito, potranno rappresentare il volto nuovo di una Politica nuova. Per una Calabria nuova.
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