MES, prendere o lasciare questo prestito che l’Europa ha messo a disposizione ripartendo le somme disponibili ai Paesi membri. E’ un ritornello oramai sulla bocca, forse più che sulla mente, dei politici. Ma l’argomento non è banale e per questo motivo è quanto mai utile sentire anche pareri che non arrivano appunto dal mondo della politica, ma da cittadini e, soprattutto, da persone che hanno maturato nel mondo della sanità esperienza in lunghi anni di attività professionale nel settore.
Ospitiamo quale contributo al dibattito il pensiero del dottor Saverio Palermo, già direttore del Dipartimento dei Servizi presso l’Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro
“I 35 miliardi di euro messi a disposizione per l’ Italia nel cosiddetto MES a così bassi tassi d’interesse e spalmati su un periodo medio-lungo a tutto vantaggio di un’economia così gravemente provata dall’emergenza Covid 19 sono una occasione da cogliere.
Né il presunto controllo da parte dell’EU sulle modalità di spesa paiono essere così restrittive della libertà ed autonomia del Paese che, a dir il vero, non ha mai dato prova di trasparenza efficacia ed efficienza nell’utilizzazione delle risorse distribuite da un Sistema farraginoso, dall’esasperata burocrazia ed incapace di far giungere integre le somme stanziate ai soggetti destinatari delle risorse stesse.
Tuttavia qualche perplessità è legittima: è la condizionale, unica imposizione, che obbliga l’impiego delle risorse esclusivamente per la Sanità e così pure la stessa entità dei fondi messi a disposizione e comunque da restituire.
E’ indiscutibile che nell’attuale emergenza il SSN ha dimostrato una capacità di reazione ed efficienza degni di un grande Paese e ciò, nonostante la aggressività della pandemia e la evidente giustificata impreparazione ad affrontare un nemico sconosciuto così spesso letale. Non riesco ad immaginare che il nostro Sistema Sanitario Nazionale necessiti di simile somma per coprire l’emergenza, riadattare e riequilibrare le disuguaglianze tra Regioni, rendere ottimale l’erogazione delle prestazioni sanitarie.
Il dubbio è che, come spesso avviene, si tenti con una “soluzione quantitativa” di eludere e superare il meccanismo virtuoso (“qualitativo”) della ottimizzazione delle risorse disponibili, che tenga conto di valutazioni obiettive quali i carichi di lavoro, bacino d’utenza, disponibilità assistenziali già presenti, epidemiologia per territorio delle patologie.
Senza soffermarsi sulla reale entità dei fondi che giungerebbero ai fruitori finali superati i filtri della politica aberrante e del malaffare, è più probabile che basterebbe un ben inferiore impegno economico per integrare quello che già esiste, ripristinare il giusto e necessario turnover degli operatori sanitari, ridare fiato alle carenze strutturali e tecnologiche e, perché no, maggiore dignità e professionalità ad una medicina di base spesso carente nel suo primario e fondamentale ruolo di filtro preospedalizzazione.
Ed allora, è auspicabile che, superate posizioni ideologiche e politiche, l’eventuale richiesta ed accettazione dei fondi avvenga secondo certi criteri di necessità e programmata previsione di impiego.
Certo se tutto fosse elargito come dono di una comunità europea ricca e improvvisamente compiacente non ci sarebbe nulla da eccepire, ma credo sia evidente che sarà un ennesimo buco nero di cui si dovrà comunque farsi carico in un’economia nazionale già gravata da un così pesante debito pubblico”
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