Franco Cimino: "Alla mamma del dolore"

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Franco Cimino
  11 maggio 2025 14:55

di FRANCO CIMINO

 

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Io mi ricordo di te, Donna.

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Ti ho vista cadere quando tuo figlio ti è stato strappato dalle carni

E dalle tue mani che lo tenevano stretto al tuo infinito Amore .

 

Ti ho vista in ginocchio da preghiera quando l’hai visto andare.

 

E in lacrime, ti ho veduta.

 

Ferma, nello stesso posto da quando non l’hai visto più tornare.

 

Mi ricordo di te, Madre, che ancora indomita, fiduciosa, aspetti che torni.

 

Ti ho vista quando levi lo sguardo in alto per supplicarne il suo ritorno.

 

E quando lo lanci in profondità

 

In direzione della linea dell’orizzonte, dove sempre nasce l’alba e il sole non muore.

 

Guardi lì, certa di vederlo camminare verso di te.

Magari stanco, sfinito.

 

O traballante sulle sue gambe incerte.

 

O ferito nelle sue carni, colpite al petto e alle spalle da mille colpi di fucile.

 

 

Mi ricordo di te, Donna, che, vedendoli ogni giorno passare, padri e madri e giovani, ragazze e ragazzi, domandi a ciascuno di loro se l’hanno visto, il tuo figliolo.

E come stia.

E se si ricorda della sua Mamma.

 

 

Ti vedo ancora, Madre, genuflessa, capelli arruffati, occhi gonfi, mani lacerate e braccia al Cielo.

 

O verso l’umanità che ti sembra lontana

A invocare aiuto, protezione per tuo figlio.

 

E risposta.

Quella.

Dove il tuo ragazzo si trovi ora.

E se tornerà domani.

 

Ti vedo ora, Madre, sopra le macerie della tua Città distrutta, della tua Terra bruciata.

 

Davanti alle tende rotte dal vento e lacere del peso che gli si getta sopra di ipocrisia e menzogna.

Di cattiveria e di ingiustizia.

 

Ti vedo, Donna, davanti a quei camion che portano, da una pelosa pietà lontana, il cibo per una popolazione affamata, cui non basta per la sopravvivenza neppure della metà di essa.

 

Ti vedo schiacciata nella calca di altre madri, di altri padri, che lottano per la stessa necessità.

 

E tu non cedi, non ti arrendi

E da quella montagna di braccia e di mani, di teste e di corpi invecchiati dal dolore, già che eri sepolta, riemergi viva ancora.

E respiri.

 

Poi, ritorni, piegata come sempre, nello stesso lembo di terra, che non è il monticchio che ne copre una tomba.

 

Ché tuo figlio arriverà, anche se qualcuno ti ha detto che è morto tempo fa.

 

Tu lo sai bene, i figli sono come l’Amore.

Non vanno mai via.

Nessuna guerra se li porterà per sempre.

 

Come l’Amore, i figli restano.

La guerra no.

La morte neppure!

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