di FRANCO CIMINO
Quest’anno sarebbe stata davvero la volta buona. C’eravamo quasi. Era lì a un passo. Idealmente a un solo punto se alcune circostanze negative degli ultimi cinque incontri non si fossero presentate tutte insieme. La felicità resta grande. E l’orgoglio pure. La felicità di aver visto nei giallorossi il miglior calcio dei due campionati professionisti. L’orgoglio di aver visto ricostruita una società degna del suo blasone. Merito del presidente. Tutti hanno acquisito titoli ed onori, e conseguenti valutazioni assai utili per ciascuno. Calciatori. Tutti. Cercatissimi. Allenatore. Corteggiassimo.
Addirittura, pure i due direttori, sportivo e organizzativo, sul mercato come gli altri. Ma senza questa società( diciamolo privi d’invidia alcuna, sempre estesa qui da noi), senza questo presidente sarebbe stato molto più difficile per ciascuno dei nostri tesserati raggiungere quei risultati anche personali. C’è il rischio, pertanto, e clamoroso, che se ne vadano quasi tutti . E per quanto ci dispiaccia sul piano sentimentale, bisogna accettare la logica pur brutta del marcato, la filosofia misera dello scadimento del gioco più bello ad affare. Al potere dei soldi, che girano più delle gambe degli atleti. Il presidente resta, però. Ed è il migliore acquisto. Il resto si vedrà. Anche tra i tanti panni altrui che di taluni mi piacerebbe vestire, quelli del presidente del Cantazaro in queste settimane caldissime, li eviterei decisamente.
Non vorrei essere al suo posto, oggi. Chi volesse provarci tra le migliaia di presidenti e direttori tecnici, gli si sieda accanto e ascolti le richieste, pur legittime e forse anche giuste, dei nostri amati. Il ritornello é chiaro: “ mi dia quanto mi viene offerto altrove e sarò ben lieto di restare.” Con la vita e il futuro di calciatori e famiglie i sentimenti contano, come per tutti noi, assai poco. I nostri amati meno onerosi resteranno, gli altri ci saluteranno con le lacrime agli occhi e la sottile paura di un rapido rimpianto. E, allora, si abbia fiducia nel presidente e ci si mantenga prudenti nelle attese del prossimo anno. Quest’anno eravamo la sorpresa più grande. Davvero “ non ci avevano visti arrivare.” Ed è vero che non essere attesi fa vincere. Nel prossimo campionato altro che non essere attesi, ci aspetteranno tutti armi in pugno. Saremo i sorvegliati speciali, la squadra da battere. Il presidente, tuttavia, può trarre dalla difficile situazione il coraggio dell’innovazione e l’applicazione del metodo Atalanta. Lui lo conosce bene, per averlo il qualche modo adocchiato e un pochino utilizzato. Coraggio e intelligenza, su, e vada avanti su quella strada. Comunque, non tutti i mali vengono per nuocere. Se fossimo saliti in A, avremmo avuto serie difficoltà a giocare nel nostro campo. Lo stadio, già obbligatoriamente corretto per la B, quel poco che sarebbe bastato, e a caro prezzo economico( tre milioni sono tanti per un rattoppo)sarebbe stato dichiarato inadeguato. E, forse, inagibile, addirittura con la diretta conseguenza di giocare tutte le partite “ fuori casa”. Il problema vecchio ritorna di nuovo. Questo stadio non è adatto per le ambizioni del grande Catanzaro. Si utilizzi, allora, questo tempo complesso e contraddittorio per porre fine a una questione mai approfondita. Anzi, mai posta per l’incapacità della Politica di pensare alto. Di progettare dall’antica la Città nuova.
Si abbandoni il vecchio metodo della “ paralisi efficace “. Quella che mette insieme ignoranza e paura, promesse bugiarde e preoccupazioni elettorali, tipiche della questione Corso Mazzini, e si trovi la forza di decidere per la costruzione di un nuovo stadio. La Politica decida. E presto. Che lo faccia il pubblico o il privato, sempre alla Politica spetta la decisione. E alla sua massima istituzione locale la scelta dell’area dove allocarlo. Spetta al Comune e alla Politica di concepirlo secondo un’architettura innovatrice che faccia della struttura una bellezza architettonica oltre che una eccellenza urbanistica. Spetta alla Politica concepire il nuovo stadio come un edificio polivalente che, inserito in un punto strategico del territorio, rappresenti la cerniera di collegamento tra il nuovo e l’antico della realtà urbana, tra passato e futuro, tra conservazione e innovazione.
Mi piacerebbe che rappresentasse una delle tre A, che avevo inserito nella mia didascalia per l’elezione del sindaco nel 2006, con il risultato, purtroppo, a tutti noto. Aprire. Abbracciare, A-Mare. Catanzaro la Città “nuovantica”, del mare e dei monti, che da BorgiaSquillace fino a Taverna, si apra al territorio circostante, si ami ed ami, con il suo mare dell’Amore, e abbracci ciò che le è vicino, nella sua vocazione di Città Regione, cerniera delle separatezze passate, guida autentica della Calabria che voglia essere unita, progredita, nuova e antica. Poesia e tecnologia. Bellezza e Scienza. Tradizione e ricerca. Scuole, paesaggio, Università, saperi e sapere. Può il nuovo stadio, e visto che ci troviamo il nuovo ospedale, concorrere a tutto questo gran ben della Bellezza? Certo che può. Provare per credere. “ E della zona comunemente chiamata dello stadio, che ne sarà?” La domanda, che mette paura ai timidi e ai mancanti di visione della politica, con la quale si è sempre bloccato tutto, bloccando la crescita del Capoluogo. La risposta deve darla la Politica, cercandola in un ampio dibattito che decida sulle tante progettualità che, utilizzando e razionalizzando l’esistente, faranno di quell’area uno spazio di vita buona, in cui qualità della stessa e attività economiche e culturali, potranno finalmente renderla una delle più feconde energie per lo sviluppo e la crescita della Catanzaro bellissima che la Calabria attende.
Franco Cimino
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