Franco Cimino: “Cinquant’anni dalla morte di Antonio Guarasci, il primo presidente della Calabria del riscatto e della democrazia”

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Franco Cimino
  03 ottobre 2024 09:59

di FRANCO CIMINO

Antonio Guarasci, chi è costui? Chi lo conosce? Salgo per un momento in cattedra e faccio la domanda da prof. A tutti gli uomini e le donne della Politica, innanzitutto. Lo domando a voi, assessori della giunta e ai trenta consiglieri regionali. Allora, chi è Guarasci?” Va bene, non rispondete, lo domando adesso ai sindaci della regione, ai consiglieri comunali e se non mi risponderanno ai deputati calabresi e ai rappresentanti di partito. Dinanzi a questo silenzio, andrò in tutte le nostre scuole e università, e troverò qualcuno che mi saprà dire una parola su quest’uomo. E che diamine! Niente! Scena muta. Eppure, sarebbe bastato andare su Wikipedia, per averne una qualche notizia di quella pure assurdamente troppo brevi e sintetiche. Si sarebbe, però, potuto apprendere due cose importantissime, anzi tre. Antonio Guarasci( Rogliano,

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1918- Polla, 2 ottobre, 1974) è stato un politico italiano. Copio e incollo, in forma retorica evidentemente, ché io lo so bene questo è molto altro di lui. L’anagrafe dice che egli sia stato un uomo per intero del secolo scorso e che lo abbia attraversato in alcune delle sue fasi storiche più importanti per il Paese. Ha fatto in tempo, prima che la sua vita si arrestasse a soli 56 anni. A Polla. Un nome di una località apparentemente insignificante, ma che tra un momento ci dirà di lui. Essere nato nel 1918 lo costringe ad andare in guerra e a vivere la sua giovinezza per tutto il tragico tempo del nazi-fascismo. Inviato in Africa-dice la biografia ufficiale-partecipa alla battaglia di El Alamein contro gli inglesi. Fatto prigioniero sconta un non breve tempo di prigionia negli Stati Uniti. Durante questo periodo incontra alcuni antifascisti, che rafforzano in lui la già forte sensibilità democratica e la coscienza che la Libertà è della Democrazia l’unica essenza.

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Finita la guerra, torna in Calabria dove sposa la figlia di Buffone, un autentico antifascista prigioniero con lui a Seattle. Si impegna subito in politica e aderisce già dal 1946 alla Democrazia Cristiana, di cui sposa pienamente i principi cristiani ispiratori applicandoli a una chiara concezione laica dell’impegno politico. Anzi, della Politica, il luogo in cui ogni fede, religiosa o ideologica, si fa parte di un discorso comune, che trova nelle istituzioni il tempio proprio della laicità e della laica ricerca del Bene Comune. Valore fondamentale nel quale si racchiudono i beni comuni, ciascuno dei quali va difeso e valorizzato in quanto patrimonio di tutti. Quali erano per Guarasci, giovane consigliere provinciale nel periferico collegio di Rogliano e, poi, assessore e quindi presidente di quell’ente, questi beni?

Docente di storia e filosofia più la fede cristiana, dai licei all’Università, democristiano coerente più la passione accesa per la Politica, ebbe facile modo per riconoscerli e declinarli. I suoi “ preferiti”: il territorio, in cui il paesaggio rappresenta il quadro di un dipinto pregiato; gli enti locali, i comuni in particolare, quali strumenti in cui quel primo bene potesse essere difeso attraverso la diretta partecipazione dei cittadini. Ché nessuno come loro potrebbe avere la forza e il dovere, con la gioia e la responsabilità, di prendersene cura. Enti locali, territorio, cittadino, il triangolo perfetto della Democrazia. Cultura, tradizione e religiosità popolare, un altro triangolo perfetto, dell’identità sociale.

Dell’appartenenza buona, libera e solidale al proprio luogo. Coscienza, responsabilità, cittadinanza, altro triangolo perfetto, quello della Politica. Politica che è partecipazione, divisione nella distinzione, unità, altro triangolo perfetto. Quello del pluralismo, l’Unione articolata di tre autonomie, quella dei comuni, della persona, dei partiti e delle forze sociali accanto ad essi. Triangolo perfetto, ancora, e qui ci si potrebbe fermare, ma continuiamo. E, quindi, ideali, ideologie, idee, che sono l’organizzazione programmatica di queste. E, ancora, pensiero, pensato, azione. Il primo è la filosofia, il secondo la politica, il terzo il governo. E, ancora, assemblea elettiva, giunta, maggioranza-minoranza come unico soggetto democratico. E ancora, lavoro, lavoratori, ricchezza, altro triangolo quello della Costituzione che prende corpo.

E, ancora, democristiano, democratico, membro eletto. E finisco(solo, però, per mia personale stanchezza di scriverne), l’ultimo triangolo perfetto, mare, monti, beni culturali. E per essi, pesca, agricoltura, turismo. E terra, acqua( fiumi, mare fiumare)cielo. Cioè la natura, il grande patrimonio della Calabria, quella della poesia di Costabile e Repaci. La Natura che va difesa e riconsegnata intatta alle nuove generazioni. In questa molteplicità di triangoli, che mi sono dialetticamente costruito per meglio rappresentare la straordinaria personalità di un uomo nato per la politica, di un pensatore corredato dal pensiero profondo, di uno studioso vissuto per la conoscenza, vi è Antonio Guarisci. Il gigante vero di una Calabria che grazie a lui iniziava a liberarsi da ogni sudditanza per diventare protagonista del suo riscatto e della sua dignità riscoperta. Sudditanza verso i poteri esterni, che l’hanno sfruttata e derubata. Sudditanza verso i poteri interni, che l’hanno assoggetta a comandi e comandanti di poteri violenti e paralleli al potere legale, con i quali non poche volte si confondeva.

La mafia, non era il solo. Sudditanza verso l’ignoranza, nella quale placidamente la Calabria stava tra il sonno della ragione e l’abbandono della speranza. Questa immensità di valori e di energie vitali Antonio, Tonino, Guarisci si è portato alla Regione, della quale divenne il primo presidente. Qui, quella profonda ansia di riscatto, molto sostenuta sul terreno morale e culturale, si fece subito progetto di crescita attraverso la valorizzazione delle risorse territoriali, tutte. Lo scopo era primariamente politico. Esso si articolava in due momenti “ contestuali”, mi verrebbe di dire “ paralleli”. Crescere con le proprie forze significava costruire dal basso un nuovo modello di sviluppo regionale.

Questo, avrebbe favorito la prima necessità dei calabresi, l’unità. Unità territoriale, politica e culturale. Realizzare la propria crescita senza più le mance di un governo centrale ingiusto e storicamente divisivo, che alla Calabria chiedeva, e prendeva, solo le braccia in cambio di scarse rimesse“ postali”, avrebbe consentito che la nostra terra divenisse protagonista di un nuovo Mezzogiorno. La nuova realtà socio-economica, che unitariamente al Paese avrebbe dato in termini di risorse fondamentali per un suo più forte protagonismo in Europa. Perché si potesse realizzare tutto questo ben di Dio, era necessario, per quel grande Presidente, che la Calabria crescesse in spazi di libertà, che significa anche conquista di diritti, e di Democrazia, enti locali rivitalizzati. Partiti vivi e vitali, forze sociali moderne, associazioni libere e organizzate, Chiesa locale aperta al sociale, ma soprattutto scuole diffuse e università, rappresentavano per lui i luoghi della partecipazione reale dei cittadine e per la formazione di una vera coscienza democratica.

Su questo mare oceanico si muoveva l’intelligenza politica e il coraggioso lavoro del Presidente illuminato da una grande fede e una robusta ragione. Il politico delle grandi visioni e delle grandi intuizioni, il pensatore delle grandi prospettive della Politica, e, da qui, il primo edificatore, in Italia, dell’alleanza tra Democrazia Cristiana e Partito Socialista, (e, con uno sguardo più lungo, del rapporto fecondo tra l’area cattolica e riformista e la sinistra, anche comunista) viene un attimo dopo. O, forse un attimo prima, quale metodo e strumento e sostanza( un altro triangolo perfetto) della sua lungimirante azione politica e di governo. Un uomo forte e coraggioso, dotato di un pensiero e di una parola possenti.

Un principe e un lottatore, un gigante e un fanciullo, che avrebbe fatto grande la nostra Calabria, se quella notte del 2 ottobre del 1984, non fosse morto nello schianto della sua automobile sulla strada di Polla. Andava a Roma per difendere il lavoro di duemila operai di un’ impresa operante a Cetraro. In quel viaggio, in quella battaglia, in quell’idea, lavoro, persone, ricchezza, c’era tutto quel triangolo perfetto che aveva in ogni sua punta la triade della Bellezza.

 

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