di FRANCO CIMINO
Dalla storia il coraggio, dal coraggio la storia, dalla coraggio e dalla storia l’amore per la Città. È questo, in sintesi, che il due dicembre, giovedì del mese della Nascita, sarà celebrato a Catanzaro su Corso Mazzini al numero 161. Dal punto di vista culturale prima che religioso, Natale, e tutto ciò che lo precede, è in fondo il tempo della rinascita. Il tempo del rinnovamento. Anche materiale e fisico, non solo spirituale, ché non c’è cosa senza un’anima che la riaccenda, la riporti in vita e di spirito antico la nutri. Soprattutto, se quella cosa è un luogo.
La riapertura a nuova vita nella conferma di quella antica, del Caffè Imperiale, rimasto nello stesso punto della parte più storica del Corso, rappresenta, insieme, coraggio storia amore ( tutto di seguito senza virgola che quasi le scriverei attaccate). È esattamente questo per Catanzaro, la nostra Catanzaro, diciamolo almeno oggi senza infingimenti e ipocrisia, la Città maltrattata da chi avrebbe dovuto curarla, trascurata da chi avrebbe dovuto difenderla, abbandonata da chi avrebbe dovuto viverla, dimenticata da chi avrebbe dovuto gridarne il suo nome. Gridarlo forte affinché, con l’aiuto del suo vento, il vento buono, il suo nome raggiungesse tempi e spazi diversi e lontani, l’attenzione dei forestieri, i cuori di tutti i catanzaresi residenti o “ migranti”.
L’antico bar Imperiale, che per parecchi anni si è chiamato Colacino, dal nome della famiglia che vi profuse fatica eccellente e volontà incessante, è uno dei luoghi più rappresentativi della storia “ moderna” di Catanzaro, quella che dall’ ottocento faticoso e ricco di spirito risorgimentale apriva le sue porte alla modernità. E al Progresso, in cui cultura arti e mestieri, religiosità intensa e laicità forte nobile e colta, conferivano alla centralità geografica della Città una centralità politica economica e culturale, riconosciute in tutto il Paese oltre che in tutta la Calabria. Di questa Catanzaro, umile e fiera, coraggiosa e frenetica, aristocratica e “ popolare”, democratica nel profondo del suo essere, il bar Imperiale ha rappresentato non solo il salotto buono davanti al passeggio più elegante e raffinato, ma anche quello delle discussioni profonde che vedevano, tutti insieme, principi del foro, filosofi, scrittori e poeti, idealisti e pragmatici, disegnare quella società bella e quell’umanità perfetta dei sogni giovanili propri e di quanti che erano venuti prima di loro. Era anche altro quel luogo magico dalle tinte chiare e forti di un’epoca contagiosa e contagiata, anche da quel tanto brutto che accompagnò il secondo quarto di secolo più tre anni del novecento italiano. Un periodo di distruzioni e violenze che Catanzaro seppe sopportare e superare molto bene.
L’Imperiale-Colacino con le sue sale, ristorante e da ballo, fu anche il luogo della “scialo” della borghesia cittadina, della vivacità “ culistra” della bella gioventù, ed anche una sorta di molla che, dall’invidia alla volontà, spingeva a pensare oltre la miseria e le restrizioni quella parte di Città che da lì ci passava senza poterci entrare. Atteggiamento, questo, che durò fino a un tempo non molto lontano dal presente. Insomma, nel bene e nel male, nel contrasto di mondi e nell’auspicio di una società più eguale, quel luogo è stato un elemento della catanzaresità bella e un segno anche distintivo dell’identità di quella Catanzaro, città fiorente e accogliente. Il due dicembre questo luogo riaprirà con tutte le caratteristiche e i servizi antichi. Sarà bar. E pasticceria. Sarà ristorante. E sala da ballo. E sala da Tè. Sarà salotto e stanza di conversazioni e di confronto per le chiacchierate “ alte” e per la lettura di poesie, dei poeti anche nostri, come aveva tentato di fare l’indimenticabile poeta e attivista culturale Marisa Provenzano. Per questi motivi, quel giorno della inaugurazione sarà una giornata di festa per Catanzaro, il rinnovato centro della Calabria che vorremmo. Quella bella, operosa, colta e lavoratrice, della libertà e del progresso.
La Calabria onesta e democratica. Che non si piange addosso e non s’arrende. Che vuol vincere per se stessa e il Paese e non contro gli altri. Una Calabria unita, finalmente! Unita veramente. Con un capoluogo che le sia degno pienamente e dignitosamente la rappresenti. Perché Catanzaro sarà la Calabria parimenti a tutte le altre realtà che dietro la sua guida saggia lo vorranno essere, nella magnifica espressione di ogni singola peculiarità territoriale e culturale. Ma come, un bar per tutto questo ben di Dio? Taluni diranno. Sì. Perché è dalle piccole cose che nascono quelle grandi. Nelle piccole cose si nascondono le grandi. Come per il cammino dei popoli, delle piccole storie di nutrono le grandi storie. In questa dell’Imperiale c’è tanta storia di Catanzaro.
In questa sola vita, ci sono tante vite. Le nostre e quelle da cui veniamo e non solo per nascita biologica. Infine, un’attività che si apre o che ritorna a vivere, lo ripeterò fino alla noia, è luce sulla via. È luce della Città. La luce sul luogo è come il sole nelle giornate d’inverno. Riscalda, illumina, il cammino e i cuori. Dà gioia e infonde fiducia e serenità. E spinge alla speranza. Di sera si fa fonte di bellezza di sicurezza. Per l’estetica urbana. Per i cittadini nel loro percorso verso casa. La luce delle vetrine illuminate, pensate un po’, fa tutto questo. E lo fa per tutti, che si vada a comprare o non. Lo fa generosamente e gratuitamente, come un servizio civico. È per questo che noi catanzaresi dobbiamo maggiormente coltivare amore per i nostri luoghi nel modo più grato possibile, entrando nei negozi e nei luoghi della ristorazione, per esempio. Per fare acquisti e consumare. In quello spirito di unità cittadina di cui ho scritto sopra.
Per cogliere la verità in questa mia affermazione basta pensare a come è il Corso, e tutte le altre vie, quando vi sono saracinesche abbassate. E pensare a come era quella parte che oggi si apre a nuova luce in questi ultimi anni del suo buio pesto. Faceva tristezza mista a paura, con riflessi per tutte le attività vicine. A realizzare tutto questo, impiegando coraggio e amore, per la storia della Città, e tanti tanti tanti denari, che forse lui solo avrà potuto contare, è un imprenditore che si è già distinto in molteplici attività, in quella della ristorazione in particolare. S
Si chiama Francesco Chirillo. È una persona ancora giovane e di bell’aspetto. Educata e anche timida. Di certo, non estroversa o eccentrica come quelli che se la tirano quando si sentono arrivati. Io non la conosco di persona e non l’ho mai incontrata prima di quel giorno, non molto lontano, in cui la vidi davanti al cantiere dei lavori in( sul) Corso. Che fosse lui il pazzo dell’impresa me lo disse, indicandomelo, Sandra Crivaro, la bella e gentile signora della Gerardo Sacco del negozio difronte. Mi portai a lui. E non per domandare dei lavori, ma solo per dirgli grazie. E non a nome mio, ma dell’intera Città, essendo ciascun catanzarese, che ama la propria terra e la serve, il suo più degno portavoce.
Un grazie che anche oggi rinnovo. E dal profondo del cuore. Bisogna essere tutti un po’ pazzi, come lui e altri dello stesso coraggio e della stessa determinazione. Catanzaro forza! Dalla tua storia potrà nascere il tuo futuro. Il futuro buono, come il nostro vento, che ha sempre nel presente il suo divenire.
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