Franco Cimino: “Di Bruno Dominianni, il socialista e di me democristiano”

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Franco Cimino
  01 ottobre 2024 21:25

di FRANCO CIMINO

”Mi si nota di più se vengo (ci vado)e sto in disparte o se non vengo (ci vado) per niente? ”, fa dire Nanni Moretti a Michele nel film “ Ecce bombo” del 1978, la stagione in cui il famoso regista-attore faceva interrogare gli ex sessantottini disillusi dall’esito di una rivoluzione mancata e che si perdono in discussioni vuote e inconcludenti. Questa frase, ormai cult, mi viene in mente ogniqualvolta prendo parte alle assemblee e convegni, dove partecipa poca gente e nessuno, o quasi, prende la parola, diversamente che nel lontano passato ormai, in cui si sgomitava per riuscire a intervenire per il lungo elenco dei prenotati. Ricordo ancora il timore, per chi stava in fondo all’elenco, della solita frase del moderatore:” purtroppo, l’ora si è fatta tarda e dobbiamo chiudere con gli interventi. Questo è l’ultimo. Ci dispiace per i tanti che non potranno parlare.” A me, anche ragazzo, proprio molto d’età(ho iniziato a fare politica a quattordici anni, forse anche tredici), questo rischio era solo nelle mani di chi “ giostrava” con l’elenco dando la parola agli “ importanti o potenti”e stupidamente sottovalutava, o si infastidiva, del parlare dei giovani, allora quasi tutti, in ogni formazione politica, oppositori e “ rompipalle”. Un grande beneficio per la Democrazia, in quegli anni viva e vitale. Mai soddisfatta, sempre sollecitata al suo farsi ancora. Ché a noi non bastava quella attuata. Pretendevamo, tutti i giovani, democristiani, io tra questi, socialisti e comunisti, e liberali e repubblicani( tanti erano i parti allora, con il MSI isolato su questi temi), pur diversamente concependola, anche questo un valore altro, l’attuazione piena della Costituzione e l’affermazione completa dei suoi principi antifascisti e “ resistenziali”. La sto facendo lunga, bando alla commozione, e vengo al punto. Ieri sera, sala concerti del Comune, per iniziativa meritoria della Camera Penale di Catanzaro, ad appena una settimana dopo quella dedicata a Mario Casalinuovo, un incontro rivolto a Bruno Dominianni. Il motivo ispiratore di Camera e del suo brillante presidente, Francesco Iacopino, è quello, alto e nobile, di ricordare i più valenti avvocati. Anche per insegnare ai più giovani quanto davvero pesi, di libri e di etica, la toga nera del suo setato candore. Io ci sono andato ieri. Come lunedì scorso. Ci sono andato perché in questi incontri tanto si apprende. Molte belle persone si incontrano. Tante buone idee ti catturano.

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Ci sono andato, perché i due grandi avvocati sono stati anche due grandi politici. E due eccellenti socialisti. Io sono democristiano da sempre, e posso testimoniarlo. Anche per averli conosciuti, il primo da quasi vicino, il secondo da più lontano. Ma li ho conosciuti bene. Ché ho sempre osservato e divorato ogni cosa della politica, andando tutti i giorni in ogni “scuola” in cui si facesse. Da qui, quella caratteristica positiva, che io stesso, fosse l’unica, mi riconosco, il mio essere democristiano da democratico a tutto tondo. E da tutti imparando. Da qui l’assenza di fanatismo nel mio credo politico, la laicità del mio essere cattolico, l’apertura al più libero confronto in cui, come De Gasperi e Moro insegnano, il riconoscimento delle ragioni degli altri era il rafforzamento delle tue. Ritorno su Ecce Bonbo e sul suo Michele, quando la bella persona seduta in sala accanto a me, in prima fila, a chiusura della serata mi domanda, quasi rimproverandomi, del perché non fossi intervenuto “ lei, prof, che non manca mai di dire”( ho temuto, sbagliando,fosse ironico). Rispondo, rammaricato, testualmente:” me ne scuso molto, ma sono stato preso improvvisamente da una specie di complesso di “ pierinismo”. Quella cosa, cioè, di fare sempre il primo della classe , il maestro sempre in cattedra. A volte questo complesso prende anche chi, sempre impegnato con serietà e generosità nel pensare e nel dire, ritiene sia un dovere intervenire laddove vi sia qualcosa da dire. Allora, ne dico qui, sia pure in estrema sintesi, anche per il rispetto che si deve a una personalità poliedrica e complessa, forte e coraggiosa qual era il leader di quel Partito Socialista, forte in Calabria della sua tradizione e della presenza di uomini di sicuro valore, intorno a Giacomo Mancini. Sarei intervenuto su un punto dell’intervento di Aldo Casalinuovo, saltando, per l’intensità del voluminoso argomentare, quello del relatore, Massimo Gimigliano, e dei due figli, Ida e Giacomo, che hanno pure commosso. “ Mario e Bruno- ha detto Aldo- erano rispettivamente demartiniano e manciniano( le correnti di De Martino e di Mancini, storici avversari). Io avrei aggiunto che, sì, lo erano, per necessità delle correnti in cui il PSI, era articolato, come tutti i partiti allora, ma in quanto Casalinuovo e Dominianni, due cavalli di razza, che avevano l’obbligo di distinguersi all’interno del partito e della politica per meglio attivare il loro carisma e la loro leadership. Bruno Dominianni, pertanto, al pari di Mario Casalinuovo, era una personalità politica ben definita, un leader autentico, un socialista vero. E lo era perché anche lui, come quasi tutti i leader di quel tempo, era uomo intelligente, dotato di ogni altra qualità imprescindibile per potersi affermare. La cultura, innanzitutto. Bruno, era un uomo colto, di una cultura vasta, che, come quella di Mario, spaziava largamente dal Diritto alla Filosofia, dalla letteratura alla poesia, dalla dottrina politica alla sociologia. Rispetto al suo amico- nemico appariva, complice la sua voce particolare, rauca, sofferta, graffiante, e il suo fisico tutto raccolto, burbero e severo, a tratti indisponente, che ti domandavi dall’esterno come, in Calabria, avesse potuto raggiungere cariche così importanti bisognevoli di un considerevole consenso elettorale. A me, tra l’altro, giovanissimo democristiano, mi era quasi antipatico, di già molto che mi erano i socialisti, autentici “ avversari” del mio partito. Anche attraverso quel famoso patto collaborazione-competizione, che era la furbizia con cui prendevano potere e criticavano il partito con cui lo condividevano. Ma erano gli anni in cui si guardava, dal nostro interno, una parte a destra dello schieramento politico, e un’altra, ancora minoritaria, a sinistra verso il PCI, io in questa. Certo che Dominianni con il suo carattere mi fosse “ antipatico”. E che gli mancava per essermelo e pure tanto! Poi, sebbene da lontano lo vedessi all’opera, in quel suo prodigarsi verso la Calabria più emarginata e povera e le sue classi meno abbienti, ovvero lo ascoltassi in quella sua parola nutrita e quella dialettica possente, e il ritratto che avevo in testa cambiava di colpo. Dominianni Bruno, che ho rivisto ieri sera nei tratti somatici della figlia e in alcune espressioni del figlio, ti si presentava per quello che era, persona piena, capace, pulita, pure bella nell’aspetto, con quei suoi occhi che si lanciavano dalle lenti spesse dei suoi occhiali dorati. Mi tornò ancora “ indisponente” quando “si prese” dopo dieci anni di ininterrotta guida democristiana e quattro suoi presidenti eccellenti, la presidenza della giunta regionale. Una rabbia che non vi dico! Ma come, la DC che alle elezioni di giugno si rafforza con più del 41% e ben 18 consiglieri su 40, il PSI con quasi il 17% e soli 8 consiglieri, prende la presidenza? Un delitto. Specialmente, se si considera che il leader di quel tempo, Carmelo Pujia prende voti di preferenza quasi quanto il PRI e il PSDI messi insieme. Eppure, fu proprio lui, Pujia a inventare “ quel cedimento” proprio grazie alla figura saggia ed equilibrata di Bruno Dominianni, politico aperto alla collaborazione e leale in ogni aspetto di quella alleanza. La Dc lo sostenne sempre con forza, riparandolo anche dalle insidie interne, le classiche di ogni partito in cui invidia e ambizioni dominavano gli agguati del classico “ dietro l’angolo”. Bruno Dominianni esercitò questo ruolo, prima politico che amministrativo, con acume e saggezza, e quel senso dell’interesse collettivo che ne fece davvero una guida rassicurante e un buon presidente, anche nel coraggio di alcune scelte fondamentali per la Calabria. Potrei ancora dire ancora tanto di lui, e con l’onestà che mi contraddistingue dalla sana passione per la Politica che tutto mi pervade da sempre. Ma qui mi fermo. Ché davvero mi è stato utile esserci ieri sera. Ho trovato un amico, che non avevo, Bruno Dominianni. E, in me, la simpatia, che lungamente gli avevo negato.

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