di FRANCO CIMINO
Sono le quindici, l’ora in cui scrivo. Era da stamattina che vi tentavo. Ho atteso i telegiornali delle tredici per ricevere la notizia che il presidente Conte ci aveva anticipato ieri sera dalla tribuna della Gruber, Otto e Mezzo, che, puntuale a quell’ora, ogni giorno si collega con i propri telespettatori. Giuseppe Conte, con sorriso furbo, alla domanda sulla nomina del Commissario alla Sanità calabrese, ha detto che il nome ce l’aveva già in testa e che al Consiglio dei Ministri di oggi avrebbe conferito l’incarico. Il Consiglio si riunirà stasera invece, e non come pensavo, in mattinata.
Quando la riunione avverrà e la decisione sarà assunta e quel benedetto nome sarà venuto fuori, con il carico di trepidante attesa che neppure l’elezione del Papa riceve più, Crotone continuerà a piangere sulla devastazione di questi due giorni di normalissima pioggia. Ieri la Città ha ricevuto la rapida visita del bravo ministro Boccia, onesta persona. Oggi, quella dell’intera giunta regionale, alla fine della quale il presidente facente funzioni, Spirli, le ha dedicato una bella poesia di impegni per un “ dopo pagherò”, di cui lui e i suoi assessori non ne risponderanno mai, anche se le elezioni dovessero slittare ancora un po’, come a me sembra possibile e forse necessario. Poche volte, o forse mai con questa continuità e varietà di temi, la Calabria è stata così a lungo sul proscenio nazionale e, di certo, mai così intensamente ha interessato il governo centrale. Dalla tragedia Santelli ai drammi sanitari ed economici, dalle sceneggiate di politici alle comiche “ commissariali”, dalle umiliazioni da vicende giudiziarie alle assurde polemiche tra aspiranti “attori protagonisti”, la nostra regione ha fatto parlare molto di sé. Il quadro migliore che ne vien fuori è quello di una terra disperata, nel senso di assenza di speranza.
Di una terra che non sente più neppure il dolore delle sue carni ferite. Non sente la progressiva mancanza di respiro da lento soffocamento o la vergogna per le sue brutte figure e mancanze. Non sente dispiacere per ciò che le accade. Al massimo, trova nelle ulteriori divisioni al suo interno quella rabbia priva di coscienza politica da scaricare un po’ qui e un po’ là, in una falsa guerra fratricida contro questo qui o quello là. Dopo dodici giorni di vuoto assoluto e tre nomine fallite, tra poco arriverà un nuovo salvatore della sanità calabrese. Un altro eroe di stagione, il cui “difficile” compito non sarà quello di costruire ex novo un sistema sanitario moderno ed efficiente, ma soltanto quello di sanare i conti( per gli sperperi da incompetenza e clientelismo, “furfantismo” e malaffare, da noi, qui, prodotti, va detto con chiarezza anche questo)attraverso il solito becero metodo di tagliare dappertutto, servizi necessari e bisogni essenziali compresi.
Questa volta, il commissario una cosa dei suoi predecessori non avrà il fastidio di fare: chiudere gli ospedali e interi reparti. I tanti soldi che stanno, a pioggia, scendendo dall’emergenza sanitaria, consentiranno anche alla Calabria di riaprire strutture chiuse da anni. Il dramma Covid ha fatto scoprire la cosa più elementare. Anche questa nata dalla inadempienza e dalla incompetenza con cui Regione e Commissario non hanno saputo utilizzare i tre mesi estivi per attuare un piano antiCovid che puntasse sulla creazione, in strutture isolabili e ospedaliere, di spazi attrezzati per la gestione articolata di quanti, in modo diverso, sarebbero stati colpiti dal demoniaco virus. Il commissario che verrà troverà “ a tavula acconzata”, come usa dire da noi.
Avrà soldi, strutture, personale, poteri, ospedali dimenticati e ricordati, abbandonati e recuperati, per cui, se noi calabresi avremo fatti i bravi e i rispettosi delle regole emanate dalle autorità sanitarie, in pochi mesi saremo fuori da ogni pericolo e ben dentro un nuovo e salutare percorso per la tutela della salute e la cura di ogni malattia. A questo punto, quale che sia il nome prescelto stasera( e, va detto chiaramente, dopo una lunga serie di rinunce precedenti, che rivaluteranno il fantomatico” non vengo a Catanzaro” della signora Gaudio), resterà sulla Calabria il rischio di altre due cose risibili, che confermeranno, l’uso strumentale che altrove si fa dei suoi bisogni e dei suoi drammi politici.
Il primo è l’anomala, innaturale, accoppiata Commissario-Gino Strada, che lascia chiaramente intendere il modo risibile con cui la maggioranza di governo abbia risolto le divisioni interne e i problemi di lottizzazione degli incarichi tra i due partiti che la compongono. Il secondo, è il nuovo perché, con tante buone energie interne, note in tutta Italia per le loro competenze specifiche nell’ambito della gestione della sanità( Pino Nisticò, Aldo Quattrone, scienziati e accademici di fama mondiale, oppure il pur “vecchio” Franco Brescia, conoscitore e studioso oltre che amministratore per oltre un trentennio di grandi problematiche sanitarie, per giunta pure poeta come il prof Nisticò, per citarne solo tre dei tanti) non siano state chiamate figure a tutto tondo calabresi. Personalità riconosciute, in questa terra formatesi e operanti. Di questa terra profondamente conoscitori e amanti.
E di questo specifico problema, in particolare, studiosi e competenti. Che la buona sorte ci assista e che la gente si svegli bene e presto. E della Calabria ne riprenda il possesso d’amore e di passione. Di politica bella e di governo buono.
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