di Franco CiminoE adesso fermati, non Te ne andare, resta ancora un po’. Il Padre può attendere per riabbracciarti. Non ci hai detto tutto e quel che abbiamo udito non lo abbiamo capito. I nostri peccati li hai espiati Tu per noi.Ma se ci perdonerai sempre, noi continueremo a peccare. Siamo furbi noi, qui. Pensiamo sempre all’utile e al subito. L’utile spesso è il futile e l’adesso è ora, l’immediatamente.L’istinto è prendere tutto, senza pensare a ciò che ne è, ma solo a quel che ne viene. Per noi, non per gli altri, ché di tutti non c’importa nulla. Resta ancora un minuto, non avere fretta di risalire. Dicci, volendo noi peccare sicuri del Tuo perdono o nella speranza che ogni volta Tu ci farai risorgere dalle tenebre con Te dalla morte, quali peccati, in questo mondo nuovo, Tu non ne sopporterai la reiterazione.Il Tuo sorriso d’ironico rimprovero, nello sguardo che s’allontana, se lo avremo finalmente capito, ne elenca alcuni, i prioritari, forse, per Te. Sono quelli per i quali questa settimana sei sceso per condividere il dolore che noi stessi, con le nostre mani, abbiamo procurato.Ti sei fatto mendicante e migrante, per stare in mezzo ai migranti e ai mendicanti e ne hai contati innumerevoli volte fino a quando non ti sei stancato. Ti sei fatto povero, nudo al freddo e senza scarpe nel cammino ciottolato e per viottoli allagati. Con i piedi sanguinanti hai camminato fino ai palazzi d’oro dei ricchi e dei potenti, rimasti chiusi al grido che hai levato tanto forte da essere tuono che il cielo però non smosse. Sei entrato in ospedale e ti sei fatto medico e infermiere, facendo fatica a muoverti in quelle stanze e corridoi pieni di letti, di barelle e tante sedie dove stanno seduti i malati senza letto o barella a chiedere l’aiuto che non gli hai potuto dare.Ti sei fatto compagno invisibile e parola e carezza per i vecchi e tutti gli altri malati che non ce l’hanno fatta. E poi, soldati che li ha portati sulle spalle, chiusi dentro un semplice lenzuolo invece che nell’abito della festa, lontano, all’ultima ignota dimora a riposare, finalmente. Sei entrato nelle case dove da anni ha preso fissa dimora la povertà, anche in quelle famiglie che non la conoscevano. Poi ti sei portato sulle strade e in quei luoghi abbandonati dove la solitudine è l’unica compagnia dell’uomo rimasto solo ai margini della strada, scarto tra gli scarti, nulla nel niente.Scarti tra i rifiuti urbani, che si fanno, in quel giorno che non conosce il sole, corpi senza vita da rimuovere in fretta, prima che la civiltà al risveglio con fastidio se ne accorga. Hai visto la morte nascere all’improvviso da mille guerre, scatenate in ogni angolo del mondo, tutte senza una causa, una motivazione, se anche i più folli volessero trovarne una per quel mostro che mette in armi uomini contro uomini e li fa sparare all’impazzata. Hai visto anche la guerra mondiale del mondo globalizzato, quello che ha frainteso il Tuo insegnamento a essere tutti uguali e fratelli nella semplicità e nella povertà. Infatti, per fare prima, ci ha fatto tutti poveri, tranne quei pochi che tu conosci uno per uno e che da te attendono un altro perdono senza pentimento e riparazione delle ingiustizie e delle sofferenze inumane inferte così largamente.Quest’ultima guerra ogni giorno miete morti come fossero sementi di grano. Ormai, dappertutto, non solo nella mal raccontata Africa. Il numero è incalcolabile e i nomi queste morti non hanno. Vite che si spengono così, al primo freddo o al primo caldo, come una candela al più breve soffio d’aria. Hai visto la terra che sfarina, le foreste che spariscono, i fiumi che si seccano, il mare che non profuma, l’aria irrespirabile, i granai vuoti e i tini avvelenati, la violenza che si fa forza contro i deboli, i muscoli sostituire la ragione, la tecnica impadronirsi dell’ultimo scampolo d’umanità dentro di noi. Hai visto uccidere, nelle stragi di innocenti, anche in nome di un Dio.E odiarsi, per lo stesso motivo, milioni di uomini, rivendicando ciascuno per il proprio Onnipotente il dominio degli universi e la proprietà del Creato e la salvezza solo dei fedeli, come fossero tifosi o militanti di partito, appartenenti a quella data religione. Tu lo sai bene che tutti, tranne le vittime, siamo responsabili di questa morte che si è fatta idolo di questa società falsamente opulenta. Siamo responsabili delle guerre e dell’odio che le accompagna. Siamo tutti, tranne le vittime, responsabili della povertà e di ogni forma di miseria, anche morale, che a questa condizione si aggiunge. Siamo tutti, tranne i poveri, responsabili della rovina fisica del pianeta, delle foreste abbattute, dei territori franosi, delle coste erose, del territorio consumato, dell’avvelenamento delle acque e del costo insopportabile dell’acqua e dell’energia derivata. Più avanti scopriremo che anche delle malattia virali sconosciute, che periodicamente, per una casualità incomprensibile e interrogante, si abbattono sull’umanità, noi, sempre gli stessi, tranne gli ultimi e i diseredati, siamo i responsabili.Tu sai già che gli stessi, questa volta i soliti pochi, saranno i soli responsabili delle conseguenze economiche e sociali che l’ultima emergenza sanitaria produrrà sulle popolazioni mondiali, le sole che pagheranno il più alto prezzo della nuova crisi economica, come nelle precedenti. Avremo, già dalle prossime settimane, dei segnali in questo senso. L’ingiustizia si farà più grande e “più ingiusta”. Le divisioni tra pochi ricchi, sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri e più numerosi, diventerà più forte e immodificabile. Il potere globalizzato sarà sempre monolitico, arrogante, falsamente democratico, autoritario, cinico e crudele, totalmente indifferente ai valori che Tu ci hai insegnato e alla stessa vita umana se non compatibile con un sistema dominato dai soldi e dalla tecnica.Potrei dire altro, ma Tu stai andando via e allora mi fermo, ché ci siamo capiti. Ti domando: quello che io impropriamente, o laicamente, chiamo responsabilità, alludendo al compito civile che gli uomini hanno all’interno della società e degli Stati che la organizzano, non è la sintesi o la somma dei tanti peccati gravi che i tuoi figli e fratelli commettiamo, talvolta in tuo nome, ovvero facendo finta che non lo siano? Fermati un attimo ancora e dicci che ci hai potuto perdonare soltanto oggi e che se continueremo a ripeterci non ci perdonerai più, almeno fino a quando ciascuno di noi non avrà riparato i danni arrecati e su di sé inflitto l’autocondanna della rinuncia al potere che ha utilizzato per commetterli? Puoi dirci che non ci perdonerai nessun gesto, fosse anche un atto politico “ democraticamente” prodotto, che “infligga” la fame anche a un solo essere umano, per non dire la morte? Che non ci perdonerai gli egoismi e le ruberie, le invidie e le cattiverie, la maldicenza e la menzogna, tra noi piccoli traffichini delle più mediocri ambizioni personali? Che non ci perdonerai le guerre e la politica trasformata in un campo di guerra? Ci dici, soprattutto, che non ci perdonerai ogni sfregio che continueremo a portare alla Natura, l’habitat che il Padre ha creato per farci vivere sani e felici? Infine, ci puoi ripetere più chiaramente quel che facciamo finta di non capire giocando intorno a quella tua distinzione tra “ ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio”?E cioè, che il peccato più grave che mai ci farai perdonare è restare passivi e immobili o addirittura complici dinanzi all’ingiustizia e alla violenza? Ovvero, che ogni uomo che lascia un suo simile morire per mano di un altro uomo o del potere, che lascia soffocare la libertà e i diritti inalienabili e consente che i bisognosi vengano respinti nell’aperto mare della più antica dicotomia e non si ribella, non si mette cioè accanto ad altri, per ribaltare l’ordine sociale che tutto il male consente, è colpevole quanto chi il male crea? Puoi dirci questo prima di andare? Ti prego, resta ancora un momento e parlaci anche domani. È lunedì, la festa che comunemente la Chiesa celebra come quella dell’Angelo. Ma per tutti noi è la Pasquetta. Non potremo andare in gita per grigliata all’aperto e mangiare in comitiva vicino al mare, quest’anno. Psicologicamente , però, la sostanza non cambia: la Pasqua è passata e il Suo giudice più severo pure. Tornerà il prossimo anno. A perdonarci.
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