di FRANCO CIMINO
La guerriglia che si sarebbe dovuta evitare dentro e fuori lo stadio, la si è continuata tra le due Città, per cui lo scontro prevedibile, e quindi evitabile, da tutti, tra pochi ultras cosentini e pochi ultras catanzaresi è diventata la “guerra” tra Cosenza e Catanzaro. Il rancore assurdo di due manipoli di tifosi dei campi avversi si vorrebbe diventasse l’odio tra catanzaresi e cosentini, in quanto cittadinanze intere.
Assurdo! La cosa più antipatica che possa capitare in una regione che ha ben altri problemi e ben altre urgenti necessità da affrontare. Facciamo un po’ i conti direttamente sul campo di battaglia ancora ben allestito. Quanti sarebbero i guerreggianti( responsabilità a parte tra chi è stato più violento o chi abbia iniziato per primo e in che misura si sarebbe realizzata l’azione legittima di difesa)? Cinquanta da una parte e centocinquanta dall’altra? Centocinquanta e centocinquanta, ovvero duecento e cento? Un po’ di più, molto di meno? Sommandoli, ci si muove tra i duecento e i trecento facinorosi. Per allargarsi ancora si potrebbe arrivare a quattrocento. Che c’entrano le due Città con soltanto questo piccolissimo numero di irresponsabili? Che c’entrano le due corrette tifoserie e le due civili popolazioni? Che c’entra sentirsi feriti nell’onore della comunità con stupidi atti di vandalismo e di aggressività che sono sempre personali, anche quando consumati nella assurda eccitazione di gruppo?
Che significa solidarizzare con la Polizia a giorni e a situazioni alterne, quando è intollerabile che i nostri ragazzi in divisa, pagati poco rispetto alla fatica che fanno e ai rischi che corrono, invece che andare anche loro a vedere, tranquilli e con le proprie famiglie, la partita, sono costretti a proteggere luoghi e persone, e gli stessi belligeranti, dai danni certi che arreca ogni violenza?
La guerra di Cosenza si sarebbe potuta evitare. Con uno scritto, anch’io che non conto nulla, ne avevo indicato i modi più più semplici. La “quiete” ( non impiego qui la parola pace per evidente imbarazzo per quella vera che il mondo attende) si sarebbe potuta realizzare subito se coloro che ricoprono responsabilità in campo sportivo e istituzionale, avessero immediatamente, e con decisione e fermezza, condannato, distinguendoli dell’intera comunità di appartenenza, i pochissimi delle due diverse colorazioni-fazioni, che si sono dati a quelle azioni deprecabili. Condannare e lasciando alle autorità competenti di accertare i diversi gradi di colpe consumate in quelle strade e in quello stadio, a partire dall’ignobile attacco portato al giovane vicepresidente del Catanzaro, ragazzo anche mite ed educato, costretto a lasciare la tribuna( non dovrebbe essere lo spazio più protetto?) per essere affidato addirittura alla protezione della curva giallorossa. Invece, è accaduto tutto il contrario. Tutti sono rimasti in silenzio. I più autorevoli, per ruolo e personalità, se le sono … dette di santa ragione. La cosa è grave in sé. Ma è più grave oltre lo stesso sé, quando sorge anche qui la preoccupazione che le istituzioni e le autorità sportive, per timore di perdere consenso o simpatie, si portano a rincorrere quei pochi che non vogliono capire che il calcio è una disciplina sportiva, che la partita è solo una partita di pallone.
E che tifare per la propria squadra è davvero bello se diventa gioia di essere da una parte che onora sul campo lo sport e i colori di una squadra e, indirettamente, il prestigio della propria città. Tralascio la polemica con i più importanti organi di informazione, e la Rai in particolare, che andrebbe trasformata in quotidiana battaglia per la costruzione, nella terra della democrazia debole se non addirittura incerta, di un sistema dell’informazione autenticamente libero e culturalmente attrezzato per essere al servizio del Bene e non assoggettato al mediocre potente di turno. È su questi temi e sui problemi davvero importanti che va costruita l’unità delle Città. E, soprattutto, l’unità della politica e di chi, per mandato popolare, la rappresenta nelle istituzioni. Mi viene subito di dire che l’interesse delle due Città si deve realizzare su ben altri “ interessi” su ben altri problemi. E l’unità, eh sì l’unità di Catanzaro, urgente e necessaria come il pane, è sulla necessità del fare, cosa e dove è subito, che deve affermarsi. Sui tanti gravi problemi che si stanno moltiplicando nei nuovi e aggravando nei vecchi. Per esempio, tanto per restare in campo calcistico, lo stadio per la sicura ascesa in serie A, deve restare quello che ha bisogno ancora di costose opere di adeguamento o ne vogliamo uno nuovo di zecca, moderno e capiente, comodo ed elegante. Uno stadio regionale per la Città regione, per dirla tutta. Avanti, una bella risposta, forza!
Per i fatti di domenica, si spengano subito le risse diverse. Si può fare. Piccoli gesti, anche se coraggiosi, basterebbero. Uno, in particolare, per il valore politico che contiene, mi appassiona. Si incontrino i due sindaci, accompagnati dai rispettivi presidenti delle società e dai rappresentanti delle due tifoserie, si scusino vicendevolmente dichiarando il proprio fermo impegno a operatore contro ogni violenza, per sconfiggerla in radice. E, stringendosi forte in un abbraccio corale, si promettano una comune azione per far crescere le due città nella prospettiva della crescita complessiva della Calabria, la nostra terra. La terra comune. La regione di tutti i calabresi tutti. Ps: Ah, dimenticavo, un bel derby, magari andata e ritorno, di beneficienza, con entrata non contingentata delle tifoserie, sarebbe una cosa bellissima, la più facile da realizzare! Tutte le bandiere confuse tra loro. Ne verrebbe fuori, per quelle due, giornate un colore nuovo, giallorossoblu. Bello, no?
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736