Il ricordo di Franco Cimino: "Enzo De Virgilio, il Giornalista"

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Franco Cimino
  17 agosto 2023 16:07

di FRANCO CIMINO

È morto ieri. Le agenzie d’informazione e tutti i giornali, cartacei e on line, ne hanno largamente diffuso la notizia in un baleno. E tutta la Calabria ne è venuta a conoscenza. Con dolore e sorpresa. Il dolore per la scomparsa di un amico. Di tutti. Anche di chi non ne aveva una conoscenza diretta. La sorpresa di vederlo andar via dopo averci abituati alla sua presenza. Presenza discreta, fine, elegante. Sempre composta. Attenta ai fatti e alle persone. Ambedue osservati con il suo occhio di cronista obiettivo e descritti con la sua penna raffinata. Ambedue, sguardo e scrittura, condotti sul filo sottile dell’ironia e sulla fune d’acciaio di un’intelligenza straordinaria. Pochi come lui, giornalista vero. Pulito. Pochi come lui, dalla concezione alta della professione. Pochi come lui, nel saper coniugare giornalismo e visione politica della realtà. Pochi come lui, rispettosi delle persone e dei luoghi in cui esse vivono. Pochi come lui, educati nei confronti della società e delle istituzioni. Pochi come lui, ad avere un pensiero politico, e anche un’adesione a un partito(il suo, il PSI, mai tradito o abbandonato), e nel contempo mantenere piena distanza da essi nell’esercizio della sua vocazione professionale. Sì, perché il giornalismo lo si fa per vocazione. Allo stesso modo che la Politica, come lui la concepiva. Nella sua interpretazione laica della realtà e del mondo, due vocazioni intense non possono convivere nello stesso ambito. Vanno tenute distinte anche se non distanti. È così lui ha fatto. Per tutta la vita. La sua, abbastanza lunga e intensa, nella quale ha intrecciato malinconia e gioia, tenerezza e tenacia, fragilità e forza. In quel suo carattere prettamente calabrese in cui questi sentimenti convivono. E diventano forza. Di battersi. Di credere sempre. Di non arrendersi mai. Era anche un uomo buono. E generoso. Con tutti. Intensità sentimentale molto forte. Nella quale, si evidenziava il suo attaccamento alla Città, non sua d’origine. Catanzaro, la sua amata, che conosceva bene(e storia e cultura e sociologia), e che giudicava con rigore, sferzandola in ogni modo a rialzarsi e a tornare grande. Si rivolgeva alla Città tutta, più che ai suoi e amministratori, per la responsabilità ininterrotta di eleggere anche quelli che non lo meritavano. E anche per l’altra più forte responsabilità di rinunciare alla partecipazione attiva e alla costruzione di una coscienza politica, che da sola produrrebbe una parte di quel cambiamento di cui il capoluogo ha bisogno da tempo. Quest’uomo speciale è Enzo De Virgilio, il giornalista. Basta dire così e a tutti ritorna alla mente quell’uomo piccolo ed esule ma gigante. Timido ma vivace. Il giornalista che prima di altri, in Italia, aveva intuito che tra le cose da cambiare vi era l’informazione sia nella forma, sia nella sostanza. Nel linguaggio, innanzitutto, che diventasse semplice e facilmente comprensibile. Nelle tematiche da trattare, poi, più quelle politico-sociali che la cronaca invasiva. Nella collocazione dei fatti informativi, da indirizzare verso l’ottimismo della speranza rispetto al pessimismo della realtà così com’è. Nei toni anche, affinché le parole e i concetti, i fatti stessi, si accompagnassero a quella ironia serena che avrebbe portato a sdrammatizzare le situazioni, affinché si liberassero di quel vecchio vittimismo tanto nocivo alla nostra terra. In quel linguaggio ironico vi era anche lo sberleffo verso i politici, tutti indistintamente considerati. Un sano sfottò per farli scendere, almeno il tempo di un articolo, dal piedistallo su cui si collocavano stabilmente. Tutto questo all’interno di una nuova, rivoluzionaria, forma di giornale. “ Il Piccolissimo” fu una sua straordinaria invenzione. Uscita settimanale, mi pare il lunedì o il venerdì. E tutti a correre in edicola per non perderlo. E, poi, in piazza a commentarne il contenuto, mentre sorgeva la domanda:” è la prossima volta chi sarà carezzato?” Sí, proprio così, perché i suoi articoli, come quelli dell’indimenticabile Moisè Asta, erano sempre carezze. Mai un offesa o una denigrazione. Ad alcuno mai. Solo carezze. Sulle nostre piccinerie e debolezze, sulle nostre arroganze e presunzioni. Specialmente, quella di sentirci superiori e giganti, quando in realtà non siamo altro che piccole persone, che, magari eletti, hanno avuto la fortuna di poter creare grandi cose. Per gli altri. Ché questa è la Politica. Grazie Enzo, persona semplice e umile, un vero gigante, tu.

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