Franco Cimino: "Francesco ti penso con dolore, speranza, paura"

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Franco Cimino
  03 marzo 2025 11:48

di FRANCO CIMINO

E penso a Lui, continuamente. Al mattino, insieme a quello per Francesca e Ludovica, è il primo pensiero e a sera l’ultimo. Penso a Francesco. Alle sue sofferenze fisiche in quel letto strapieno di fili e pompe, di preghiere e paure. Penso a cosa Lui pensi. Di sé e di questa sua ormai irreversibile fragilità. Cosa pensi del lavoro sospeso. Degli impegni che lo attendono. Dei programmi che aveva calendarizzato. Cosa pensi del lavoro già svolto. Dei pensieri già pensati. E comunicati. Delle parole dette, sussurrate, urlate. Di quelle che vorrebbe dire e non può. Degli abbracci dati al mondo intero. Ai potenti per fargli male nel corpo. Agli umili, agli oppressi, ai diseredati, agli emarginati. Agli ultimi e scartati. Ai vinti in questo mondo di forzuti vincitori, nell’alternarsi in essi di piccoli uomini, diversi e sempre uguali. Per proteggerli, i deboli e i vinti. Farli forti. Rassicurarli. Che non sono soli. Che Lui c’è. E che presto non saranno tanto più soli. Per la forza che anche una piccola parte di questo mondo troverà. Convertendosi, innanzitutto, alla bellezza. Della Natura. Della Vita. E al dovere di ciascuno di difenderla. Ovunque essa è minacciata. Violata. Umiliata. Rassicurarli della presenza di Dio, il suo, l’unico. Perché non vi sono tanti Dio, in lotta tra loro, attraverso l’odio fratricida degli uomini. C’è un solo Dio, per tutti. Per chi crede e per chi no. Ma che la liberazione degli esseri umani, è compito delle persone. La costruzione della felicità, attraverso il benessere e il progresso, deve realizzarsi qui, per tutti. Su questa Terra, creata o divenuta da quel nulla incomprensibile e intellegibile. La terra, loro unica casa. Penso a Lui. Alle Sue paure. Al Suo ritorno bambino nei momenti di quest’ultima sofferenza. E al pericolo di perdere la vita. E a come senta queso confine sempre sottile tra la vita e la morte. E, come, dinnanzi al suo avvicinarsi Egli la concepisca. Se quasi come tutti noi. E, cioè, un dolore immane, un’incognita. Un pericolo. Che tutto finisca con essa. Che oltre non vi sia nulla. O nulla che restituisca vita. E felice. E beata. Oppure, come il passaggio della Vita che non ha un inizio e non ha una fine, venendo(come anch’io, addirittura anche razionalmente, penso) da quell’Infinito al quale ritorna. Penso a Lui, che prega e con quale Sua preghiera più forte. Se per restare, con quella sua “cocciuta”voglia di esserci. E qui. O se per andare. Sicuro delle braccia amorevoli del Padre. Penso a Lui e a cosa sarebbe questo mondo se non ci fosse più. Chi lo difenderebbe dalla barbarie, che si è con più forza abbattuta in questi ultimi anni. Chi difenderà i piccoli da questi ultimi giganti, autentici nani all’immagine allungata dall’ombra del sole. Questi mediocri uomini di cartapesta, che imperano, con ambizioni imperialiste, usando solo la forza e non la ragione. I muscoli e non il cuore. Gli affari e non i valori. Il loro volgare pragmatismo al posto degli ideali. Il loro concetto egoistico di nazione e non la visione solidaristica dell’unione di popoli e nazioni. Il proprio ergersi, quali rappresentanti di una missione divina, sopra l’intera umanità. E sopra lo stesso popolo, che li ha chiamati, assumendo su loro stessi la rappresentanza delle istituzioni. E facendosi essi stessi istituzione unica e universale. Pensiero unico e globale, con il quale trasformare leggi e costituzioni. Regole comuni e culture. E, cambiando, attraverso menzogne e falsità, la stessa storia dei popoli. E la cronaca tragica di questi anni, alterando i fatti o inventandone di altri. Io, che dal primo mattino mi imbottisco delle notizie su ciò che accade sul pianeta e delle posizioni che assume chi se ne sente il padrone, ché alle vittime e i deboli e gli ultimi non viene mai data vice, penso a come Lui le riceva e in che modo le possa leggere tutte. E se sente ancora dolore e rabbia, vieppiù rafforzate dal suo stato di personale impotenza, rispetto alle volgarità che accompagnano gli atti più brutti. E penso a Lui, che, con l’aiuto di Dio e dei medici, uscito “risanato” dal Gemelli, troverà in Vaticano, e per una parte di esso fuori da quei sacri palazzi, chi gli chiederà con forza, anche cattiva, di andarsene. E con il gesto nobile del suo predecessore. A cosa, di offensivo e umiliante, gli diranno per costringerlo. E qui, pensando a Lui e al futuro della Chiesa, e a cosa potrebbe accadere per farla retrocedere dalla postazione di alta umanità che ha raggiunto, il mio pensiero trema. E il mio cuore, come dice il Poeta, “ si spaura”. E non “ per poco.”

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