Franco Cimino: "Giancarlo, la legge e la disperazione di un uomo solo"

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Franco Cimino
  10 dicembre 2021 17:34

di FRANCO CIMINO

"Come per quel famoso ormai antico film di Nanni Moretti :” mi si nota più se vado o se non vado”, anche in questa occasione, che mi porta a scrivere, mi viene da dire, perché in fondo freudianamente l’ho pensato:” sarò considerato onesto e antimafioso più di qualsiasi cultore dell’antimafia se non ne parlo o non invece un timidamente nascosto simpatizzante o timorosamente accettante quel mondo di mezzo che con le mafie ci gioca e con la delinquenza utilmente vi collabora? Nel caso che vi dirò, potrei addirittura cavarmela gioistificando il silenzio con il classico” ne ho parlato prima di tutti e con gli stessi atteggiamenti umani di questo mio scritto. ”Ho impiegato un’intera notte sul dilemma.

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Ho deciso, ne parlo. Il tema è l’ultimo arresto, ovvero trasferimento in carcere, di Giancarlo Pittelli, la persona, più “sconosciuta” a Catanzaro e in Calabria, tanto da non suscitare alcun sentimento o semplice emozione in chiunque abbia frequentato i tanti luoghi dove egli ha operato da invisibile. Mi muovo, allora, dentro alcuni di questi luoghi per esprimere un dubbio, più che una doglianza o una contestazione, che tra l’altro non saprei fare non avendo alcuna competenza tecnica o dottrinale per mettere in discussione, sul piano appunto tecnico o disciplinare, le motivazioni dell’ultima “ ordinanza” ( si chiama così? ) che ha prelevato Pittelli dalla sua “ domiciliare” carcerazione, tra l’altro riconquistata a colpi di ricorsi e di suppliche, per riportarlo al chiuso delle più fredde e anguste quattro mura esistenziali, oggi, quelle di Siano.

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La domanda, che pongo a me stesso, diciamo, è questa:” perché un uomo intelligente, avvocato tra i migliori d’Italia per oltre quarant’anni, quindi conoscitore delle norme e dei regolamenti, e parlamentare della Repubblica per venticinque, persona di grande esperienza e insistente vita vissuta, si mette a fare una stupidata che neppure un ragazzino o il più sprovveduto fra gli adulti avrebbe fatto, come quella, assolutamente vietata nel suo caso, di comunicare con l’esterno? E perché lui la fa più grossa ancora, che neppure a vederla vi si potrebbe credere, come quella di scrivere a un ministro sebbene il suo cuore la considerasse persona amica e dolce sensibile, probabilmente anche perché donna? Quali prove avrebbe potuto inquinare e quale correità avrebbe potuto attrarre a sé chiedendo aiuto, tra l’altro, a una persona notoriamente, anche per lui, onesta e irreprensibile sul terreno della lotta alla criminalità? La risposta c’è ed una sola: la disperazione. Il tentativo estremo, inutile perché disperato, o disperatamente inutile, di salvarsi almeno dall’impazzimento, quale é quello che rischia un uomo che si sente, e lo grida, innocente rispetto alle accuse che gli vengono mosse. Un grido disperato che chiunque si offra al processo ha il diritto( il grido, non la stupidata) di lanciare.

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Giancarlo Pittelli, che ha diviso i più curiosi ma indifferenti, tra chi lo considera una roccia e chi invece un debole disposto a un qualche cedimento “ giudiziario”, è soltanto una persona piena della sua umanità. Un uomo né forte né fragile. Ma solo una persona che sente, come ha scritto a quel ministro, di aver perso tutto e che forse spera di poter ancora difendere i suoi affetti più importanti, che sono due! Le sue due splendide donne. Lo fa con l’unica arma disponibile, che ha preso dalla solitudine e da quell’anfratto che confina con l’ignoto ancora non varcato, quel luogo in cui la ragione si smarrisce e in essa tutta una storia personale, che non si può chiudere nei voluminosi atti giudiziari.

La violazione commessa da Pittelli, è solamente disperazione. E la disperazione, in tutti e ovunque, va compresa. Direi anche carezzata. Giammai imprigionata. Sono io, umile padre e modesto cittadino, persona che ha l’assillo di compiere sempre il proprio dovere verso il suo paese e la sua comunità, che sono il mondo e l’umanità, a chiedere alle autorità, e alla umanità che è nelle persone che la rappresentano, di restituire Giancarlo Pittelli al Natale della sua famiglia. E di farlo con quel gesto che accarezzi la sua disperazione. Ché questo semplice atto umano nessuna via della Giustizia potrà precludere".

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