di FRANCO CIMINO
“ Ma come, tu che ami Catanzaro, tanto da scriverne pensieri e poesie, non scrivi nulla di Gianni Bruni?” Questo mi dice il mio caro amico Pino, che da Roma, da poco raggiunta dal suo piccolo monte delle Serre, nell’antica casa del padre, scrivendomi del suo profondo dolore per la perdita del suo caro amico. Ci penso un po’ e ne scrivo. Ma per dire del motivo per il quale la mia penna era rimasta ferma, sebbene la notizia mi avesse già colpito alla lettura delle agenzie del primo mattino. Il motivo razionalizzato era che non mi sentissi all’altezza. Troppo alta la sua figura, proprio rispetto al tema proposto. Intanto, la notizia mi aveva stretto il nodo in gola, di quello che colpisce i bambini quando non si capacitano di una perdita. Perché non hanno la facoltà razionale di spiegarsela. E io come un bambino mi sono detto:” ma come muoiono ancora i giganti, gli eroi, gli uomini indispensabili in questo mondo martoriato, derubato delle sue migliori risorse, impoverito di ideali e di combattenti per essi? E non ci avevate detto che loro muoiono solo nei campi dell’ultima battaglia, quella della vittoria che conquistano ma non possono festeggiare? E, allora, perché Gianni Bruni é morto? E di questi tempi tristi in cui, non solo il mondo, ma la sua Città ha più ancora bisogno di lui?” Non mi sentivo di scrivere, ecco che posso dire. Amo tanto Catanzaro che mi sento a rischio nel mio unificante amore per la Calabria. Ma GianniBruni, anche lui detto e scritto come un solo nome, l’ha amata di più. Avrebbe, per esempio, lui che che aveva ampi orizzonti e sguardi profondi sul mondo, che ha parecchio conosciuto, potuto vivere altrove, dove avrebbe tratto grande ricchezza economica dai suoi grandi e numerosi talenti. Ma ha scelto di restare qui. Amore é servire ciò che si ama, luoghi, storie, persone. E chi pure non ci ama, gli invidiosi dal saper di carta velina, gli opportunisti di quelli che “é meglio far fare agli altri ciò che dovremmo fare noi” e poi soffrono per averlo visto fare…agli altri. Io credo ancora di amare di questo amore la mia Città. E di averla servita, come ancora la servo, gratuitamente. Ma Giannibruni, l’ha servita meglio. Di me. E di tutti. Amare, nel suo unico significato, che è conoscere quel che si ama. La Città, in particolare. Come la donna o l’uomo amati. La si percorre sempre, la si rincorre sempre. Le si va sempre incontro. Le si entra nel corpo vivo e se ne cerca la Bellezza. Quella più profonda, milioni di volte oltre quella già conosciuta. Ché di questa conoscenza non ci si sazia per niente. Chi ama sa che Città e Persona non finiscono mai. Più le conosci meno sai. Che bello, no? GianniBruni, conosceva Catanzaro come pochi nel corso della storia recente della Città. Pochi come lui, a memoria potrei dire Cesare Mulé, Oreste Sergi e Francesco …, i due gemelli della cultura catanzarese, per restare a oggi. Questo gli era riconosciuto per gli studi ininterrotti che egli aveva compiuto sulla “ capitale” della Calabria, la cui giusta collocazione il nostro studioso ricavava proprio dalla storia della nostra terra, correggendo culturalmente le motivazioni politiche assegnate dalla politica nei tavoli degli equilibri romani. Catanzaro capoluogo era una scelta naturale che la Calabria aveva tratto dalla sua storia grande. Amare e servire la Città, gratuitamente. Per Giannibruni, più di chiunque di noi, questa gratuità ha significato non chiedere nulla in cambio di questo amore sapieziale. Nulla ha chiesto alla Città. Nulla ha chiesto ai suoi governanti. Né cariche assessorili o di municipilizzate, né candidature, tutte, quando più volte propostegli sempre cortesemente rifiutate. Gli incarichi costretto ad accettare, sono stati solo per le diverse associazioni di cui, anche quale uomo di società e persona cordiale, affabile e generosa, ha fatto parte, US Catanzaro e x Confindustria comprese e solo sulle quali mi soffermo un attimo. Di Confindustria é stato uno dei primi direttori. Intelligente, attento, preparato, ne ha costruito le basi, anche fisiche, per farla diventare importante nei diversi processi di sviluppo della nostra terra. I quali sarebbero stati davvero efficaci e stabili sé tutte le forze sociali e umani e culturali e politiche di fossero strette in patto di lealtà e di amore verso la nostra regione. Studioso anche di economia, applicava ad essa la sua visione quasi romantica della crescita. Che o sarebbe stata anche umana, e quindi culturale, anche di tutti i territori insieme, ché questa é la Politica, o sarebbe stata inutile e controproducente per le nuove divisioni che avrebbe creato. Più visionario di lui! Catanzaro, passione folle, che scatenava il suo stile di persona moderata e contenuta. Dirigente anche qui con idee chiare, è una deduzione ai colori che va oltre al suo essere tifoso. Colpisce anche in questo aspetto la sua peculiarità di catanzarese, quella che a me piacerebbe vedere in tutti i tifosi, i giallorossi sono il giallo e i rossi dei colori della Città, le aquile sono figlie dell’Aquila reale che protegge laicamente la Città, sopra ancora c’è L’Immacolata, cui egli era a suo modo devoto. Gli striscioni e le bandiere hanno lo stesso colore del gonfalone e dello stendardo della Città. Unire e fondere tutti questi elementi e i cuori e le passioni della tifoseria con un maggiore senso civico dei cittadini tutti farebbero di Catanzaro la Città forte e dignitosa, ricca e creativa, solidale e aperta, che la Calabria attende per essere più forte e libera. Ecco la libertà e la dignità, Giannibruni, mi ha sempre colpito,imponendosi come esempio. Era una persona libera e dignitosa. Di quelle che non subiscono condizionamenti impropri e disturbanti. Gli offriva questa felice condizione l’essere uomo colto davvero. Dovunque lo chiamavi a confronto il suo tasto, uno dei tanti come nel pianoforte, suonava. Questo suo aspetto, mi conferma in un convincimento antico, per il quale ho faticato con capacità di rinuncia. Quella buona, vera, che sa dire no, quando occorre dirlo. No e sì, i due avverbi più brevi, ma che sono carichi di un bene che migliaia di parole non hanno, la consapevolezza. Ed è la sua parte razionale, che riguarda la scelta. Ma anche la coscienza, che é la sua parte morale. La Cultura, con la maiuscola, impone di dire sì e no secondo il loro valore morale. Da qui la presenza o la mancanza di moralità nell’azione di uomini e donne in ogni attività svolta. In particolare, quelle che si caricano della responsabilità verso persone e istituzioni. Avere cultura vera, che non è erudizione sterile( operai e contadini e pescatori, ce l’hanno nelle mani), é poter essere moralmente sani. Onesti. Il cielo sa quanta di questa “ cultura” ne occorra oggi. In particolare negli uomini e nelle donne che gestiscono la cosa pubblica. Cultura é anche parola sincera quando là si dice nella ricerca del consenso. Per la conquista o il mantenimento di un posto di potere. Quelli che Gianni, l’innamorato di Catanzaro, non ha voluto. Per parlare direttamente al suo cuore. E carpire i segreti della sua bellezza. Franco Cimino
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