di FRANCO CIMINO
È regola. Della vita prima che della psiche. È regola addormentarsi con un forte pensiero e risvegliarsi con lo stesso o con un altro di eguale sostanza. A volte quel pensiero ci balla sul letto e ci allontana dal sonno. Oppure, ci tambureggia nella mente e ci risveglia in continuazione. E non ci fa sognare. Neppure un po’. Specialmente, quando quel pensiero è uno di quelli pesanti, i figli, l’amore inquieto, l’insicurezza economica. La paura di perdere. Questo, forse, il pensiero più insistente, di notte. Perdere qualcuno, qualcosa. Quell’uno, quella cosa. Il tempo dell’esistenza. Perdere l’ambizione di cambiare il mondo. Il risveglio, anche quando lo si attende svegli, ci rimanda quel pensiero se nella notte non sia intervenuta quella misteriosa carezza. Per trasformarlo in un proposito buono, in una speranza viva, in una tranquillità rassicurante. Non è così? Per tutti? E non diciamo di questa carezza ai nostri figli, sempre bambini, quando non sappiamo come quietare le loro ansie, che chiamiamo con quel termine ereditato “ agitazione”? Sì, è così. E lo è maggiormente da questi due ultimi anni di guerra in poi.
LA GUERRA
Una guerra che continua. Non si ferma. Cambia solo volto e modalità. Due anni di Covid, questo nemico invisibile che si è mosso da lontano ed é entrato nelle nostre case nelle quali ci siamo imprigionati. Improvvisamente tutto è cambiato di noi. Tutto dentro di noi. Perdute all’improvviso tutte le sicurezze. La prima, incredibilmente, quella che ci stava facendo potenti: la vita che si allunga e la morte che la si allontana. E la più grande presuntuosa ambizione dell’uomo, quella nata il primo giorno in cui la sua intelligenza si è arricchita della memoria e del pensiero: sconfiggere il dolore. Soprattutto, quello più grande. Insopportabile. Il dolore della vecchiaia. Il Covid, uno stupido virus, a cui neppure il microscopio darebbe confidenza, ha bombardato il pianeta, rendendolo tutto uguale. In un primo momento, come in tutte le dinamiche sulla diseguaglianza. Poi, gli egoismi hanno preso il sopravventino sulle paure e le antiche divisioni sono subentrate.
LA GUERRA
Non è ancora finita questa guerra, che, per nulla all’improvviso, a due passi da ogni confine nel mondo, ne scoppia un’altra. Convenzionale. Quella che abbiamo visto, nei film e nella tv del reale, tante volte. Cannoni e aerei che sparano missili micidiali, carri armati nei territori e migliaia di soldati armi in pugno. Distruzioni di edifici a migliaia. Loro dicono sempre di puntare agli obiettivi sensibili sul piano militare. E, invece, colpiscono al cuore le nazioni e le città che si vorrebbero occupare. In esse, gli ospedali, le case, le scuole, le fabbriche. E i campi di “ grano”. Sullo sfondo la minaccia delle armi nucleari. Anzi, dell’arma, perché ne basterebbe solo una di quelle per distruggere mezzo pianeta. E la vita in esso per cent’anni. Da questa minaccia, sotto il principio del “no alle invasioni di Stati autonomi e no alla violenza contro la Democrazia”, l’altra guerra, sotto la forma delle sanzioni, di cui ormai sappiamo la portata e il significato.
L’ALTRA GUERRA
Questa guerra, diventa pertanto, planetari. Si parla della minaccia della terza guerra mondiale. Sciocchezze! Quella minacciata, nessuno la muoverà, perché davvero” non c’è ne sarebbe più una quarta”. Basta già questa con il suo nuovo carico di povertà e di morte per fame e arretramento delle civiltà, che, aggiunta a quella che si consumerà “ corpo a corpo” in Ucraina con la sua lunga scia di migranti, per ammazzare l’Umanità. Anche nella forma ancora non prevista, l’arresto, cioè, del suo cammino verso il Progresso e la liberazione del terzo mondo dalla miseria e dalla morte. Ecco, il mio pensiero notturno è sempre più fortemente ancorato a questa situazione del pianeta. Alla mia impotenza dinanzi a essa. E tanta rabbia mi fa il sonno senza sogno, perché certamente sognerei la Pace. È un sogno che conosco bene per averlo sempre sognato. Tanto che se sapessi dipingere saprei come rappresentarlo.
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