di FRANCO CIMINO
Catanzaro, oggi, non è completamente sola. Ho visto un po’ di persone. Qualche turista, di sicuro. Si riconoscono i turisti, anche perché io oggi sono vestito come loro. Senza zaino, però. Ma nu pocu sciancatu o alla “sanfason” , sicuru. Villa Margherita, invece, per la mia prima volta d’osservazione, ha gente. E non poca. L’anno scorso neppure un’anima! Ci sono anziani. Che chiacchierano, come al bar. Questa volta non del Catanzaro e neppure di politica, della serie” a lu comuna arrobbanu tutti!” E di lì a salire. Del caldo di quest’anno,sì. Parlano di questo.
Mi fa piacere sottolinearlo, perché aggiungono testualmente:” ah, cà però si sta bonu!” Cà é proprio la Villa. E hanno pienamente ragione. C’è ombra dappertutto. Ombra buona, efficace, resa dagli alberi alti, pieni, robusti. E da tante piante larghe e compattamente “ fogliose”. Sempre verdissime. Gli alberi giganteggiano l’uno accanto all’altro. I più bassi, che non so se cresceranno ancora, stanno nel mezzo. O ai loro enormi piedi, come quelle piante. Si sta freschi, qui, perché chi ha pensato, credo nell’ottocento della ricchezza catanzarese, di far nascere una bella oasi verde, l’ha fatta nascere in questo punto particolare, il più basso rispetto ai suoi tre colli, ma aperto ai venti. Che l’attraversano leggeri. Come a carezzarla. Chi ci viene, riceve il vento e mille carezze.
E si ristora il corpo e la mente. Per l’anima ci pensa la sensibilità con cui la presenti. La Villa lo sa, gli alberi la comprendono subito. La rasserenano, prima. E poi le chiedono dove voglia andare. C’è chi dice:” riprendere il sogno bello di un tempo lontano.” C’è chi dice:” volare. Essere leggero e planare su il mio mondo, per vedere come siamo fatti. E domandarmi, una volta disceso, perché abbiamo tutto, ma non le ali. Ché se le avessimo, anche per una sola volta nella vita, però tutti, questa vita sarebbe più bella. E ciascuno sarebbe felice.” Altri dice:” vorrei che il mio pensiero potesse muoversi come l’anima che si libera, essenza, lei, di Libertà.
Libererei tutti dai loro impedimenti, scambiati , da ignoranza, per catene quando altro sono che lacci delle nostre scarpe.” Oppure, direi, come quell’anziana donna, curva su sé stessa e piegata sulla panchina, due cose. Ne direi, sì, due:” Che l’anima si possa preparare, lentamente, e senza alcuna paura del suo passaggio.” La prima. “Che queste mie gambe e queste mie braccia, ritornino, per il tempo breve, a camminare e ad abbracciare. Non sarei sempre sola, ché andrei io a cercare gli altri. Per fargli compagnia nella vera solitudine, quella dell’anima.” C’è, poco distante da me, un quasi giovane che legge. Sono certo che chiederebbe:” vorrei che la mia anima fosse la prosecuzione di questo romanzo che sta per finire. Per cambiargli proprio il finale.” Si sta bene alla Villa. Ho visto, poco fa, un bel gruppo di ragazze e ragazzi. Sui vent’anni o poco più.
Qualcuno era di Catanzaro, gli altri di fuori. Le loro parlate mancavano solo del certificato di residenza. Hanno riso, scherzato. Si sfotticchiavano pure. Intelligenti a vista. Quant’erano belli! Pieni di vita, di certezze e fragilità. Tutti con gli occhi roteanti sul cielo. Parlavano, si guardavano. E alzavano gli occhi al cielo. Il Cielo dei sogni. Che si fanno speranza. E chissà che, insistendo in quegli sguardi, se si incrociassero tutti nello stesso istante su quell’infinito celeste( quello odierno é stupendo!), non si decidessero di cambiare il mondo. Adesso. Subito. Partendo dal loro piccolo. Individuale e comune. É la Città, qualunque essa sia, d’origine o acquisita. Ché non “tutto il mondo è paese”- come si dice da antica data-ma ogni paese è il mondo. Cambiare il proprio é cambiarli tutti. Così iniziano le rivoluzioni buone.
Quelle vere. Alla Villa c’erano anche delle piccole famiglie. Le coppie giovanissime, i loro bimbi piccolissimi. Quella che sta seduta alla panchina accanto alla mia, aveva una bambina di soli ventidue mesi e un’altra creatura in arrivo. Bellissimi. Un dipinto di Dio. E quella bambina a inseguire i piccioni al rischio di cadere per l’impossibilità di carezzarli. Uno spettacolo di purezza. E, poi, ci sono ancora io. A quest’ora rimasto davvero solo. Come nel resto della Città, che completamente si svuota. Per il restante mare. O per il pranzo in casa. O per chiudersi in casa, che il termometro qui segna i 35 gradi.
Ci sono io che mi sono goduto tutto quel ben di Dio. Qui raccolto, come una grazia. Un inno. Un canto. Una preghiera. La famiglia. L’anzianità. La vecchiaia. La giovinezza. La più tenera infanzia. Qui, io mi sento tutto questo. Compagnia e solitudine, anche. Che bella Villa Margherita! Piccola, graziosa. E bella. Come la Città, che ne gode. Anche se ancora troppo poco.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736