Franco Cimino: "La caccia al vaccino nella società della smarrita umanità"

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Franco Cimino
  13 aprile 2021 17:40

Il virus circola che è una meraviglia. Una meraviglia evidentemente per esso stesso che si sta divertendo un mondo sulla nostra stupidità. Sì, quella umana. Ovvero, mi correggo, la stupidità degli uomini stupidi. E chi sono questi? Sono coloro i quali, negazionisti o riduzionisti a prescindere, pensano che il vaccino sia la soluzione di tutti i nostri mali, Covid compreso e a prescindere. E siccome le loro preoccupazioni maggiori sono quelle di pensare che con il virus non si mangia e che il primo interesse sia l’economia e non la salute, hanno fatto la corsa per accaparrarselo. Per se stessi e i propri familiari naturalmente. Ovvero, per la categoria cui appartengono, facendola passare come la più necessaria per le buone sorti del Paese, e perché no? dell’intero pianeta.

È nota a tutti la decisione assunta dalle nostre autorità sanitarie in sintonia con quella di tutti i paesi della Comunità Europea, riguardo alla ferma necessità di vaccinare, in assoluta via prioritaria e in ordine d’età decrescente, gli anziani e le persone fragili, unitamente a quelle figure sociali e professionali che sono in prima fila nella faticosissima e rischiosa lotta al Covid. È una misura, questa, non solo dettata dall’etica (laica e cristiana, religiosa e spirituale in senso lato), ma anche dalla Ragione liberamente impegnata nel campo della gestione dei bisogni individuali e sociali, dell’organizzazione delle forze disponibili e del loro impiego nella crescita complessiva della società, di cui quella economica è elemento fondamentale ma non il più importante. Necessario, ma non esclusivo. È una misura, pertanto, politica e non ci vuole che tutti i giorni quella fragile figura fisica del Papa ci ricordi che dalla pandemia o si esce tutti insieme o non se ne uscirà affatto.

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E parlo di Francesco, che un anno fa esatto avvertiva del rischio che proprio sui vaccini si sarebbe potuta innestare una seconda guerra, dopo quella che il Covid ha condotto contro l’intera umanità, se non fosse nato in ciascuno di noi quel senso dell’umano che ci avrebbe cambiati in meglio. Quel sentirci pienamente umani, e quindi in tutto uguali ai nostri simili, che avrebbe allargato il nostro singolo cuore alla generosità, alla donazione verso chi è in maggiori difficoltà. Un’esortazione, quella di Francesco, a far nascere da milioni di cuori un solo cuore. In politica questo atto si chiama solidarietà sociale, o spirito di Nazione o cultura del senso della Comunità, da quella locale a quella universale. Si chiama anche tutela di tutte le risorse per fare dell’emergenza più grave l’occasione più propizia per avviare un nuovo progetto di società e in esso costruire un nuovo modello economico basato su una vera giustizia sociale. Un modello che sappia coniugare intelligenze e meriti ai bisogni, creatività individuale e condivisione sociale di ogni atto del Progresso.

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Infine, ricchezza dei privati e ricchezza pubblica. Per realizzare tutto questo “ ben di Dio” occorrono uomini nuovi. Uomini che la crisi e il dolore condiviso abbiano cambiato nel profondo la loro coscienza. Un solo metro fuori da qui, non ci farà fare un solo passo avanti. Un solo minuto di ritardo rispetto a questo obbligo morale e culturale, avrà determinato un nuovo assetto sociale in cui le divisioni fra le persone si saranno rafforzate e, senza che si senta un solo tuono nell’aria o colpo di cannone, nuovi soggetti forti, oltre i soliti noti, si imporranno sui fragili di ogni nostra realtà. I vaccini, allora, strumenti di una nuova “ guerra”. La vincerà chi (anche tra gli Stati) arriverà prima degli altri e chi ne “ rapinerà” maggiormente.

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È a tutti noto che la situazione italiana è aggravata dal ritardo con cui arrivano i vaccini, oltre che dal disordine con cui essi vengono distribuiti anche territorialmente. È noto anche lo scandalo che circa due milioni e mezzo di cittadini si siano vaccinati senza averne maturato ancora il diritto. Praticamente, hanno saltato prenotazioni e file. Una vergogna, a prescindere. Un atto “ criminoso” nel contesto.

È noto anche che ogni giorno si registrino centinaia di morti. Più noto ancora, alla nostra coscienza prima che alla nostra scienza (gli esperti lo hanno più volte denunciato) che ogni ritardo, ogni vaccino sottratto agli aventi diritto, significa una vita non salvata. Una morte certa. Una morte più crudele perché più ingiusta. Fa, pertanto, assai specie che il presidente della regione Campania candidamente dichiari che una volta completata la vaccinazione degli ottantenni procederà a quella delle categorie che maggiormente (tipo quelle degli operatori turistici) sono utili al rilancio dell’economia regionale.

Ma De Luca lo si conosce ormai tutti bene, la sua preoccupazione che quel geniaccio di Maurizio Crozza da tempo ormai si dedichi solo al suo collega calabrese, che di argomenti gliene offre di più interessanti, forse si è fatta insostenibile. Occorre probabilmente trovare un qualcosa di più sorprendente, che sia quasi scandaloso. Fin qui potrebbe anche bastare all’indignazione ordinaria e comune. Ciò che fa più specie ancora, perché potrebbe collocarsi su diversi altri terreni di interessi che non sia solo quello della propria categoria, è la richiesta, avanzata anche in sede istituzionale dopo una più antica per le vie informali, dalla rappresentanza di alcune categorie professionali, di una via preferenziale per la vaccinazione dei propri iscritti.

In Calabria, la cui coloritura alleggerita desta molta preoccupazione dinanzi ai dati allarmanti che giungono dai contagi e dalle appesantite strutture sanitarie, in questa terra dove tutto sembra congiurare contro di essa, in questa regione che ha poco vaccini e questi non li sa adeguatamente distribuire, nella burocrazia più lenta e arretrata d’Italia dove per prenotarsi è come votarsi a un santo, c’è qualcuno che chiede, e di ciò vorrebbe farsene utile vanto, i vaccini per sé e i propri colleghi, adducendo pure il motivo che la categoria professionale rappresentata sia più esposta delle altre.

Non è una critica questa e già anticipatamente mi scuso se avessi leso la sensibilità di alcuno o la strategia di altri. Non è una critica, “ chi sono io per farla?”. È preoccupazione per il mancato sentire il dovere dell’unità di popolo. È dolore. Il mio personale di vederci sempre chiusi nel proprio fortilizio, poco curanti del dolore di questa terra. Altra preoccupazione da cittadino non ho, essendo irricevibile questa richiesta assurda, oltremodo strumentale, come quella del presidente della Campania.

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